di Max Bruschi, 1.4.2016
– #concorsodocenti2016. Una ridda di commenti, non sempre appropriati, ha seguito le ordinanze monocratiche della III bis del Tar Lazio, che hanno disposto l’iscrizione al concorso di candidati non in possesso di titoli prescritti, con riserva e in attesa delle udienze collegiali, sulla base del puro “periculum in mora”. Non sono in grado di evincere, dalle singole ordinanze, la “specie” dei ricorrenti. Ma sul quadro giuridico, ripropongo un abstract del mio articolo recentemente pubblicato da Nuova Secondaria.
“Nel commentare il quadro normativo che regola il prossimo concorso a cattedra, fa d’uopo operare una prima distinzione, anche al fine di mettere in guardia gli aspiranti dalle promesse di ricorso facile. Le norme di rango primario (leggi, decreti legge, decreti legislativi) sono oggetto di scrutinio di legittimità da parte della Corte Costituzionale su istanza dei tribunali amministrativi (Tar) ovvero, una volta stipulati i contratti, del giudice del lavoro. I provvedimenti attuativi, nei casi in cui si esercita attraverso di essi il potere discrezionale dell’Amministrazione, ricadono invece nella competenza diretta della magistratura amministrativa e civile. …
Chi dunque può o non può partecipare?
La platea dei partecipanti è delimitata dalla legge. Il concorso, ai sensi dell’art. 1, comma 110 della L. 107/2015, è riservato ad aspiranti in possesso di abilitazione o di specializzazione sul sostegno per le specifiche procedure, che non siano già assunti dallo Stato, come docenti, con contratto a tempo indeterminato.
Requisito di partecipazione alle procedure concorsuali per i posti cosiddetti “comuni” è, dunque, il possesso dell’abilitazione. Viene, in tal modo, meno la deroga (alquanto generosa) prevista dal D.I. 460/1998 che, nel fissare la fase “transitoria” tra i previgenti concorsi abilitanti e le scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario (Ssis), consentiva permanentemente la possibilità di partecipazione ai “laureati” e “diplomati” d’annata , allargando a dismisura le maglie a suo tempo disposte all’articolo 402, comma 1 del Testo Unico che fissava al contrario termini temporali netti. Fa eccezione, per esplicita volontà della L. 107/2015, il personale educativo (procedure comunque non bandite), e non fanno eccezione, dopo un lungo braccio di ferro parlamentare, gli insegnanti tecnico-pratici, per i quali pure non sono mai stati previsti percorsi di abilitazione ordinamentali.
La validità del requisito di abilitazione/specializzazione previsto appare, in linea generale, assolutamente conforme al quadro giuridico italiano (l’art. 51 della Costituzione fissa il rango legislativo della disposizione, la disposizione c’è); conforme alle direttive europee (l’insegnamento è una “professione regolamentata”, e la regolamentazione spetta allo Stato che bandisce) e alla giurisprudenza, in considerazione del fatto che le procedure di abilitazione sono state correttamente svolte e garantite, senza, per di più, una interruzione tale da precludere l’accesso agli aspiranti.
Vale la pena soffermarsi su quest’ultima situazione. Il II ciclo di TFA si è concluso regolarmente nel luglio 2015, non solo, ma a ulteriore salvaguardia, stante il fatto che il numero dei candidati risultati collocati nelle graduatorie non oltrepassava il fabbisogno complessivo autorizzato dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stato consentito a tutti i predetti soggetti di accedere ai percorsi. Risultano del tutto superati i rilievi mossi dai pronunciamenti della magistratura amministrativa, in particolare dalla prima, fondamentale, sentenza emessa dal Consiglio di Stato. Un eventuale III ciclo, anche se fosse stato bandito al fine di consentirne lo svolgimento nell’anno scolastico 2015/2016, si sarebbe concluso a luglio 2016, ben oltre non solo i termini previsti per l’iscrizione ai bandi concorsuali, ma addirittura a procedura pressoché conclusa.
Del pari, appare privo di base normativa il riferimento (oramai entrato nella mitologia) al requisito dei 36 mesi che renderebbe automatica l’abilitazione: perché detto requisito potrebbe essere fatto valere se la professione non fosse regolamentata, come in effetti invece, in Italia, è. Il ricorso a personale in possesso del solo titolo di studio è ammesso, in via meramente surrogatoria, solo ove non sia possibile reperire personale in possesso del titolo, ai fini di garantire l’ineludibile continuità nell’erogazione di un servizio per di più costituzionalmente garantito.
Casi particolari
Esaminato il quadro generale, corre l’obbligo di esaminare alcune situazioni “particolari”, probabile terreno di scontro in sede giurisdizionale.
La prima, riguarda il divieto di partecipazione al concorso del personale già di ruolo. La restrizione, posta già per volontà politica nel DDG 82/2012, subì, in allora, la censura da parte del Tar. Invero, si trattava di una conventio ad escludendum non prevista da alcuna norma. Resta da vedere se l’innovazione, definita per legge in maniera inequivocabile, possa reggere a un eventuale scrutinio di costituzionalità, visto che il giudice delle leggi potrebbe considerare anomalo limitare la spendibilità dei titoli di abilitazione acquisiti alla sola mobilità professionale, e non alla mobilità per “merito” connessa al pubblico concorso
La seconda situazione, riguarda i cosiddetti laureati e diplomati d’annata, cui il citato DI 460/1998 assicurava, in deroga al principio generale dell’abilitazione, la partecipazione alle procedure concorsuali pur in assenza del titolo.
In linea generale, nulla osta, in nome dell’interesse generale e della potestà regolativa statuale, all’abrogazione di una simile disposizione transitoria. La domanda, casomai, riguarda la mancata previsione di una fase di transizione medio tempore. Di fatto, i soggetti in questione non avevano, sino alla L. 107/2015, l’obbligo di conseguire il titolo. Andrà valutato se si ritiene sufficiente il suo conseguimento pro futuro.
Simile, ma non identico, è il caso degli insegnanti tecnico pratici. In occasione del bando 2012, preso atto della mancata attivazione di percorsi ordinamentali di abilitazione, la deroga ai diplomati d’annata fu estesa e fu concessa la partecipazione agli aspiranti in possesso del solo titolo di studio. La disposizione della L. 107/2015 restringe, di fatto, la platea esclusivamente ad aspiranti che, in un concorso antecedente al 2012, siano risultati collocati nelle graduatorie di merito (c.d. idoneità concorsuale) o che abbiano conseguito l’abilitazione attraverso procedure riservate, il cui accesso era consentito sulla base dei titoli di servizio.