Cosa chiediamo alla scuola oggi? Un ricordo di Giorgio Israel

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Il Gruppo di Firenze,  9.12.2016

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– Si è tenuto martedì scorso all’Accademia delle Scienze di Bologna un incontro (intitolato “Cosa chiede la scuola oggi?) in memoria di Giorgio Israel a un anno dalla sua morte, con interventi di Sergio Belardinelli, Angelo Panebianco e Irene Enriquez, oltre che della moglie Ana Millan Gasca. Abbiamo voluto essere presenti, perché Israel è stato senza dubbio un fondamentale punto di riferimento per chi come lui aveva un’idea di scuola lontana dal main stream pedagogico-ministeriale, che tanti guasti ha provocato e tuttora continua a produrre a generazioni di studenti italiani. Con lui abbiamo condiviso molte idee e molte battaglie e l’indignazione che in lui suscitavano le sciagurate politiche scolastiche che, salvo qualche rara eccezione, si perpetuano da un ministro dell’istruzione all’altro.

Angelo Panebianco ha tra l’altro ricordato l’insistere di Israel sulla profonda differenza tra informazione e conoscenza, perché la seconda, a differenza della prima, implica metodo, approfondimento e quella strutturazione logica delle nozioni senza la quale non c’è vera cultura. Controcorrente anche il suo giudizio sui diversi segmenti dell’istruzione. La sua critica, infatti, non si appuntava prevalentemente sulla scuola media, secondo il luogo comune – contraddetto dai dati e dallo stesso Invalsi –  del “buco nero” del sistema istruzione. Era invece la scuola elementare ad aver perso qualità con l’introduzione del modulo e l’abbandono del maestro unico.

Nel suo ricordo di collega, ma soprattutto di carissimo amico, Sergio Belardinelli ha ricordato alcune delle fumisterie didattico-pedagogiche contro cui Israel più frequentemente scagliava i suoi acuminati strali, prima fra tutte l’insensata contrapposizione di conoscenze e competenze, da anni vero e proprio totem del pedagogicamente corretto. Altro oggetto degli strali il mantra imparare a imparare, cioè di un’impossibile autonomia del metodo rispetto agli ambiti disciplinari. La verità è che solo imparando qualcosa si impara a imparare, avendo cioè un oggetto dell’apprendimento a cui dedicare interesse, impegno, lavoro. I contenuti, dunque, le discipline devono rimanere al centro della cultura da trasmettere alle nuove generazioni. Come ha sottolineato Belardinelli, la relazione con gli allievi, se imperniata su un reale coinvolgimento del docente nella sua materia, educa, insegna a vivere, insomma forma anche al di là dello specifico disciplinare senza bisogno di prediche. Una realtà di cui molti possono essere testimoni in base alla loro storia scolastica.

Israel era un uomo di grande cultura, ma – ha ricordato Belardinelli – di fronte alla virale diffusione di queste sciocchezze era solito invocare l’arma del buon senso. Crediamo che la grande maggioranza degli insegnanti sia d’accordo con lui.

Un intervento di Giorgio Israel sul sottosegretario Faraone.

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Cosa chiediamo alla scuola oggi? Un ricordo di Giorgio Israel ultima modifica: 2016-12-10T09:19:47+01:00 da
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