Docenti precari con 36 mesi, nessuna selezione ad hoc

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di Marco Nobilio, ItaliaOggi, 19.3.2019 

– Sfuma emendamento alla camera. Rischio contenzioso.

Sfuma il concorso riservato ai docenti precari triennalisti. L’ipotesi, che circolava in ambienti di maggioranza, di inserire un emendamento nel decretone su Quota100, all’esame della Camera, non si è concretizzata. Almeno nel dibattito che si è avuto nelle commissioni. La possibilità di promuovere la reintroduzione nell’ordinamento di una qualche forma di concorso riservato ai docenti precari, che abbiano prestato servizio per almeno tre anni in qualità di supplenti, era stata prevista nella precedente legislatura in attuazione della legge 107/2015.

L’attuale governo, però, ha promosso e fatto approvare un provvedimento che aveva cancellato questa possibilità. Successivamente è stato approvato un provvedimento secondo il quale, nei concorsi ordinari, ai precari triennalisti viene destinata la riserva del 10% dei posti nella prossima tornata concorsuale. E dopo questo provvedimento è stata approvata un’altra disposizione che prevede la valorizzazione del servizio per il tramite dell’attribuzione fino al 20% del punteggio riservato ai titoli. Queste aperture del governo, però, non sono risolutive del problema della stabilizzazione dei precari. Che negli ultimi anni ha determinato l’insorgenza di un contenzioso seriale che ha visto l’amministrazione soccombere sistematicamente in giudizio.

Tant’è che nella scorsa legislatura è stato predisposto e attuato un piano straordinario di assunzioni che, però, non ha risolto il problema. Secondo alcune stime, infatti, la copertura dei posti e delle cattedre dell’organico del prossimo anno scolastico potrebbe determinare l’assunzione di circa 150mila supplenti. Il dato pone in luce le difficoltà dell’amministrazione scolastica di coprire la provvista dei docenti mediante i soli concorsi ordinari. Difficoltà che si collegano, oltre che alle oggettive difficoltà connesse alle procedure, anche e soprattutto alla difficoltà di reperire i commissari. Ciò è dovuto essenzialmente a tre fattori.

Il primo è la mancata previsione dell’esonero dall’insegnamento dei commissari durante l’espletamento delle procedure. Esonero previsto fino a qualche anno fa e poi eliminato. Il secondo fattore è l’esiguità dei compensi. E il terzo è l’alto rischio, per i commissari, di risultare coinvolti in procedimenti penali, le cui spese non sono coperte dall’amministrazione. In buona sostanza, dunque, la partecipazione ai lavori delle commissioni comporta, un forte aggravio di oneri, che si aggiungono alla prestazione ordinariamente svolta dai commissari durante le procedure. E in caso di denunce (anche se infondate) da parte di candidati, esclusi o asseritamente ipovalutati, la necessità di affrontare procedimenti penali. Che si svolgono con tempi molto lunghi, durante i quali i commissari devono provvedere autonomamente a fare fronte alle spese legali (spesso molto onerose). La prospettiva di andare incontro a queste difficoltà costituisce un forte deterrente, che induce i potenziali commissari a non proporsi per tali incarichi. E ciò allunga ancora di più la durata delle procedure concorsuali, già di per sé complicate.

Il governo, dunque, si trova nella difficile situazione di dovere procedere necessariamente alla provvista dei docenti per coprire le cattedre e i posti disponibili. Che quest’anno sono anche più numerosi del solito per effetto dell’aumento del numero dei pensionamenti indotti dall’accesso alla disciplina speciale della cosiddetta quota 100. Una necessità alla quale non è possibile fare fronte tramite lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi e delle graduatorie a esaurimento. Sia per l’oggettiva incapienza delle stesse in molte classi di concorso, sia per i maggiori costi collegati alle immissioni in ruolo dovuti alle ricostruzioni di carriera, che spettano ai docenti dopo l’immissione in ruolo. Maggiori costi che si incrociano con quelli relativi all’aumento dei pensionamenti.

Resta il fatto, però, che il ricorso sistematico alle supplenze annuali su posti vacanti e disponibili è vietato dalla legge se si eccedono i 36 mesi. Tale è l’interpretazione adottata dalla Corte costituzionale all’esito del contenzioso seriale che riguarda questa annosa questione. Per tentare di risolvere questo problema, nella scorsa legislatura era stato adottato un provvedimento legislativo che si limitava a vietare il cumulo di supplenze annuali oltre il terzo anno. Ma anche questo provvedimento è stato abrogato.

E se il governo non provvederà in tempi celeri alla soluzione del problema, anche tramite l’introduzione di una disciplina speciale per favorire il reclutamento dei precari storici, il rischio che si corre è quello di rinfocolare il contenzioso con esiti ormai scontati per l’amministrazione. Che dovrebbe nuovamente fare fronte alle spese delle ormai inevitabili e prevedibili soccombenze. E proprio per questo a viale Trastevere i tecnici starebbero lavorando ad una soluzione legislativa del problema, anche per effetto delle azioni di mobilitazione dei sindacati della scuola, che hanno promosso azioni unitarie a tutela delle decine di migliaia di precari che lavorano da tanti anni nella scuola e che aspirano, legittimamente, alla stabilizzazione.

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