Docenti precari. Più che raddoppiati in 7 anni

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TuttoscuolaNews, n. 1072 del 13.3.2023.

I peones della scuola. La carica dei 240 mila, tanti come la città di Verona.

Gilda Venezia

+ 224%. E’ l’incremento del numero di posti assegnati a docenti precari nella scuola statale italiana tra l’anno scolastico 2015-16 (per intendersi dopo l’infornata di immissioni in ruolo attuata dalla bistrattata “Buona Scuola”) e lo scorso anno scolastico (2021-22).

Per questo il servizio lanciato ieri da Tuttoscuola ha fatto rumore. E per questo si parla di precariato scolastico fuori controllo: il numero di contratti a tempo determinato è arrivato l’anno scorso al numero monstre di 225 mila (su un totale di circa 900 mila posti di docente assegnati). Il tasso di precarietà nella scuola italiana ha raggiunto quindi il 25%. Un docente su quattro è precario. E nel corrente anno scolastico 2022/23 si stima che si sia arrivati a oltre 240mila posti precari. Quanti gli abitanti di una città come Verona, per dare un’idea. Docenti con gli stessi carichi di lavoro e di responsabilità degli altri, ma considerati di fatto di serie B. Trattati come i peones della scuola. Inaccettabile.

Inevitabili gli effetti sugli studenti, in particolar modo su quelli fragili, oltre che sulla vita dei docenti, riconfermati di anno in anno, spesso in scuole diverse.

Dopo il servizio sullo tsunami che colpisce ogni anno oltre la metà degli alunni con disabilità, continua l’inchiesta di Tuttoscuola sui mali della discontinuità didattica e su una precarizzazione del personale scolastico che sta diventando insostenibile, incoerente, autolesionista. La scuola, la pietra angolare della società, è precaria. Quale architetto costruirebbe mai un edificio su queste basi?

Come i suoi predecessori, anche il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara – che ha ereditato questa situazione – cerca una soluzione. Previsto infatti un piano di reclutamento per 70 mila posti di docenza per il 2024, di cui circa 20 mila per il prossimo settembre, e in parte riservati ai docenti precari. Un piano imponente, ma, data l’entità che il fenomeno ha raggiunto, può essere visto solo come un primo passo. Infatti, dall’analisi dei dati ufficiali pubblicati nel Portale scuole del Ministero per il 2021/22 fatta da Tuttoscuola, quei 70 mila posti – ammesso che alla fine vengano tutti coperti da vincitori dei prossimi concorsi (come purtroppo non è avvenuto negli ultimi anni) – copriranno meno di un terzo del fabbisogno.

E il tempo per intervenire sul prossimo anno scolastico è poco: entro un mese deve essere varato il decreto sugli organici, e le anticipazioni fornite nell’incontro tra Ministero e sindacati non sono buone (si parla di soli 9 mila posti di sostegno in deroga stabilizzati, che peraltro erano stati previsti dalla legge di stabilità del 2021).

Nelle prossime notizie facciamo una mappatura dell’abnorme fenomeno del precariato delle cattedre del paese: un terzo dei docenti con contratto a tempo determinato hanno da 45 anni in su. Come per molti altri indicatori della scuola italiana, la situazione è molto disomogenea sul territorio: in Campania ci sono 34 docenti precari ogni 100 classi. In Piemonte 80. Dati medi, che nascondono classi in cui quasi tutti i professori sono precari e cambiano quasi ogni anno: il diritto allo studio di quegli studenti vale come quello degli altri?

Nell’inchiesta avanziamo anche alcune proposte per invertire la tendenza. A partire da un piano di assunzioni a tempo indeterminato molto più robusto. Per quanto riguarda in particolare i posti di sostegno, andrebbero ridotti in modo consistente quelli in deroga, portandoli gradualmente ad una quantità fisiologica tra il 5% e il 10% (dal 40% attuale).

Un’altra misura che si potrebbe adottare è quella di dare la possibilità alle scuole di confermare i docenti con contratto a tempo determinato rinnovando il contratto per ulteriori due o tre anni, invece di alimentare annualmente il carosello dei docenti. Una soluzione simile era stata già sperimentata negli anni settanta dello scorso secolo a livello nazionale ed è attualmente in parte adottata in Provincia di Trento. Questa misura – che trova un appoggio normativo nell’autonomia organizzativa prevista dal dpr 275/99 – sarebbe utile, con gli opportuni adattamenti alle regole sulle graduatorie e ai contratti collettivi integrativi, a limitare il fenomeno della discontinuità didattica su tutti i posti, non solo quelli di sostegno.

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Precario per l’Enciclopedia Treccani significa “instabile, passeggero, provvisorio, temporaneo, transitorio”; nel mondo del lavoro è formalmente identificato nel lavoratore con contratto a tempo determinato, un’occupazione che ha come unica certezza quella di andare a conclusione, ma non quella di continuare.

Docenti precari: sono i peones della scuola. Ingiusto.
L’anno scorso il Portale dati del Ministero ne ha contati ben 225mila, un numero enorme, destinato comunque a salire nel nuovo conteggio di questo anno scolastico in corso, toccando quota 240mila e più, grazie a nuovi arrivi stimabili in almeno diecimila unità, e anche per l’ingresso dei nuovi docenti di educazione motoria dal settembre scorso immessi nella scuola primaria.

Oltre alla categoria che li comprende (contratto a tempo determinato), quei 225 mila sono individuati secondo le tipologie del posto di lavoro occupato (91mila su posto comune e 134mila su sostegno), sono computati in base alla durata del rapporto di lavoro a termine (67,5mila annuale e 157,5mila fino al termine delle attività didattiche, 30 giugno), sono suddivisi secondo il settore scolastico di appartenenza (17,5mila di scuola dell’infanzia, 65mila di scuola primaria, 59,5mila della secondaria di I grado e 83mila di quella di secondo grado) e sono anche individuati per genere (78% sono donne), fascia di età, provincia e regione di inserimento.

Hanno insomma l’onore (si fa per dire) di una dettagliata catalogazione, mentre altro mezzo milione di loro colleghi meno fortunati sono invece soltanto compresi genericamente nelle GPS (non si tratta di un acronimo che identifica smartphone di ultima generazione o altro congegno elettronico, bensì di Graduatorie Provinciali per le supplenze) o iscritti nelle Graduatorie d’istituto, in forza delle quali devono accontentarsi di raccogliere unicamente le briciole del lavoro scolastico attraverso le supplenze temporanee, spesso della durata di pochi giorni.

Contrattualizzati per un anno o per meno, tutti sono condannati a un lavoro precario.
Ciò che è stabile è la domanda del loro lavoro, ovvero il datore di lavoro Stato ne ha complessivamente bisogno con continuità per garantire il servizio (almeno per quanto riguarda quelli con contratto annuale e larga parte di quelli con contratto fino al termine delle attività), ma preferisce “lucrare” un po’ di risparmi (ci sarebbero gli estremi per parlare di speculazione di Stato…), dimenticando gli effetti sulla qualità del servizio. Un sistema che rende la vita difficile a centinaia di migliaia di persone e che impatta negativamente sugli studenti.

L’interrogativo che accompagna la fotografia di questo grande squarcio della nostra scuola potrebbe essere: quanto incide la precarietà del personale docente sulla qualità dell’offerta formativa?

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Quei previsti 240mila e più docenti con contratto a tempo determinato per questo anno scolastico, assunti all’inizio delle lezioni per lavorare senza interruzioni per tutto l’anno scolastico, nel loro insieme sono pressoché l’equivalente dell’intera popolazione della città di Verona.

Proviamo a immaginare cosa potrebbe succedere in quella città se fosse costituita soltanto da docenti precari.
All’inizio di ogni settimana la grande città si spopola completamente, si svuota, senza persone per le strade: mentre una parte è andata via già da mesi e ritorna soltanto nei periodi di vacanza, tutti gli altri partono al mattino presto per il lavoro lontano (quasi mai il docente precario ha il lavoro sotto casa); il lavoro lontano da casa, una caratteristica non catalogata del docente precario, è proprio il pendolarismo che costa in termini sia di spese vive sia in tempi aggiuntivi di viaggio trascorso lontano dalla famiglia (e anche dalla scuola).

Lo stipendio è quello poco esaltante dell’intera categoria, ma, a differenza di quello dei colleghi di ruolo, è sempre fermo all’iniziale, senza sviluppo di carriera anche per chi ha sul groppone molti anni di servizio. E’ così che lo Stato ci guadagna, o per meglio dire risparmia. Insieme al risparmio di due mensilità sui 157.461 posti coperti l’anno scorso da docenti con contratto fino al 30 giugno.

Tra loro ci sono 55.300 docenti non più giovani: hanno tra i 45 e i 54 anni e sono il 23% di quella popolazione che ogni mattino parte per il lavoro più o meno lontano.
In buona parte sono i cosiddetti “precari storici” che hanno alle spalle anni di esperienze di supplenza in tante scuole, dove ogni anno hanno incontrato nuovi alunni e nuovi colleghi, salutati a giugno per ricominciare l’anno successivo spesso altrove con nuovi incontri, con nuovi alunni e altri colleghi: ripetuti azzeramenti di esperienze e di relazioni umane che hanno finito in molti di loro per spegnere gli entusiasmi iniziali e le motivazioni. Dovrebbero concorrere, in teoria e secondo le (giuste) aspirazioni prevalenti, con i loro colleghi a una didattica personalizzata: ma come fanno, se solo per conoscere i propri studenti occorrono mesi, e poi a fine anno il contratto scade e nella maggior parte dei casi si cambia scuola?

Migliaia di quei precari storici portano dentro anche la frustrazione di prove concorsuali affrontate con sacrifici ma senza il successo sperato (in non pochi casi per limiti delle procedure concorsuali), sperando ancora nell’ennesima promessa di reclutamenti straordinari riservati.

Poi ci sono altri 17.600 docenti di età superiore ai 54 anni (sono quasi l’8%) che continuano a lavorare, ormai rassegnati a concludere la lunga carriera scolastica quasi certamente come precari.

Dopo mesi di questa vita da precario, a luglio la città si ripopola, torna la vita, tornano le vacanze e l’atteso riposo, in attesa di un nuovo anno scolastico che, ancora una volta, sarà carico di incognite e di speranze, ma privo di sogni.

A settembre ricomincia il balletto delle graduatorie, delle chiamate, dei nuovi conferimenti di supplenze: un nuovo già vissuto negli uffici scolastici della città che per alcune settimane rivive il frenetico movimento di migliaia di docenti pronti a ricominciare.
Nuove sedi, nuovi alunni, nuovi colleghi.

L’esercito della precarietà scolastica si rimette in marcia e la città ritorna deserta.

 

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Docenti precari. Più che raddoppiati in 7 anni ultima modifica: 2023-03-13T06:49:37+01:00 da
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