Astolfo sulla luna, 9.6.2018
– Nasce un nuovo governo, nel discorso programmatico il suo capo dice “non siamo qui per stravolgere la buona scuola”, il neoministro è un ex insegnante di scienze motorie con carriera fulminante all’USR lombardo ed ecco che un sagace intellettuale innesca la polemica di fine anno scolastico sulla scuola che vogliamo.
Discorrevo con un caro collega ormai in pensione sul ruolo della giuria popolare in Italia: introdotta faticosamente dal regime liberale postunitario, fu eliminata dai tribunali speciali in quanto di ostacolo alla presa del potere fascista; come mai in epoca repubblicana si è deciso di assegnarle un ruolo del tutto marginale nella procedura penale?
Mi si chiederà qual è il nesso fra i due precedenti periodi: i giurati mancano indubbiamente di cultura giuridica ma dovrebbero essere dotati di “buon senso”, inoltre dover giudicare un proprio simile ha un effetto responsabilizzante, se non altro al pensiero che un domani i ruoli potrebbero scambiarsi. Dunque, perché constatando che il “popolo” non ha gli strumenti culturali per assumere un ruolo così delicato qual è l’applicazione della legge, non si cerca di fornirlo di tali strumenti?
È una scelta ideologica? Le masse vanno guidate? Si preferisce fornire panem et circenses piuttosto che tentare di educare? Queste erano le domande che dialogando ci si poneva, e che ora rivolgo al lettore.
Dunque, il valente storico Galli della Loggia, non nuovo a prese di posizione controcorrente, lancia il sasso nello stagno, in acque, a dire il vero, alquanto stagnanti dopo il ciclone della buona scuola. Dico subito che, scorrendo il suo decalogo, mi sono fermato sull’ottavo comandamento e, per non falsare la verità, lo riporto per intero:
Obbligo per tutti gli istituti scolastici di organizzare e tenere aperta ogni giorno per l’intero pomeriggio una biblioteca e cineteca con regolari cicli di proiezioni, utilizzando, se necessario, anche studenti di buona volontà. L’adempimento di tale obbligo deve rientrare tra gli elementi basilari di valutazione della qualità degli istituti stessi. Ai fondi necessari si può provvedere almeno parzialmente dimezzando l’assegnazione di 500 euro agli insegnanti che utilizzano tale somma non per acquistare libri. Il motto della scuola diventi : «Il buon cinema e la lettura della pagina scritta innanzi tutto!».
So che è stato già commentato, anche da voci autorevoli come l’ex sottosegretario Rossi Doria, al quale peraltro lo storico ha già ribattuto, ma io vorrei ragionare pacatamente sulle parti innovative della proposta: che le scuole debbano restare aperte al pomeriggio è cosa che si sente dire da almeno una decina d’anni, interessante piuttosto che, oltre alla lettura, si voglia far spazio alla settima arte. Per l’esperienza che ho nel campo, che non è molta ma abbastanza selezionata, posso dire che “far vedere un film” è una faccenda piuttosto complessa, nell’ipotesi si voglia far compiere agli studenti una vera esperienza di apprendimento. Sempre il collega di cui sopra, ama dire, con gusto del paradosso, che il cinema è troppo bello per guardarlo. Questo per sottolineare che, se si vuol cogliere i diversi livelli di lettura di un’opera cinematografica, ci vuole almeno il doppio del tempo della pellicola solo per prepararne la visione, per tacere della successiva doverosa analisi con gli studenti. Ora, tralascio per carità di patria di spiegare il modo in cui nella stragrande maggioranza dei casi viene proposta la visione di film, anche di quelli che, secondo il professore, sono catalogabili come “buon cinema”.
Detto questo, e fermo restando il valore educativo della lettura, per la quale mi permetto l’umile suggerimento di privilegiarei classici, perché trascurare le altre sei arti, ad esempio la musica? Suonata, possibilmente, ma anche in modalità “ascolto guidato”. Sia chiaro, non faccio alcuna colpa al professore, il quale avrà avuto limiti di spazio redazionale, anche perché in quattro righe è riuscito sia a trovare parte delle risorse finanziarie per tenere aperte le scuole, proposta che mi trova del tutto d’accordo, sia a indicare un nuovo criterio di valutazione della qualità dell’istruzione, aspetto sul quale invece mi permetto di dissentire, per ragioni che per brevità non posso dire qui.
Nel pezzo “Cattedre più alte per tutti i professori”, dico la verità, avevo letto con un certo disappunto il quarto punto, ma non tanto perché la “Cancellazione di ogni misura legislativa o regolamentare che preveda un qualunque ruolo delle famiglie o di loro rappresentanze nell’istituzione scolastica.” contravvenisse al comando del rispetto verso chi ci ha generato, quanto per il parallelo che il professore ha compiuto con la sanità ed altri settori della pubblica amministrazione. Eppure osservo che volti noti del giornalismo on-line con qualche successo librario alle spalle, polemizzando sull’altezza della cattedra per suggerire con poca fantasia di dare più soldi e formazione ai docenti, concordano con Galli della Loggia proprio su questo punto. La proposta è ripresa anche da un periodico del settore, una cui editorialista, a supporto della tesi, ci informa che la figlia “ama le proprie insegnanti quanto i genitori!” Anche su questo punto l’autore della proposta ha replicato ai detrattori con le seguenti parole: “A chi sostiene che possono parlare solo gli esperti dico che avanti di questo passo allora i pazienti non potrebbero protestare su come è organizzato un ospedale. È indicativo che proprio le persone che oggi si collocano su una posizione progressista invocano un cavallo di battaglia del pensiero di Destra ovvero che delle cose si devono occupare solo gli esperti. La scuola non è dei pedagogisti ma di tutti quelli che ci mandano i figli. Rivendico il mio diritto di parlarne”. Opportuna precisazione, dal momento che nella lettera aperta si era limitato ad osservare che negli ospedali non sono previste rappresentanze dei pazienti. In effetti i pazienti si sono organizzati da un pezzo in qualità di cittadini, con iniziative private che hanno lo scopo di denunciare episodi veri o presunti di malasanità (una per tutti il Tribunale del malato); la differenza sta solo nel fatto che i decreti delegati dell’ormai lontano 1974 hanno istituzionalizzato la presenza degli “utenti” negli organi rappresentativi della scuola. Nonostante i tempi siano cambiati, ci andrei piano però a fare piazza pulita di un’esperienza che, a parte inevitabili casi estremi, ha portato sicuramente beneficio ad una istituzione piuttosto autoreferenziale, come d’altronde non mancano di osservare sia molti dei critici sia lo stesso Galli della Loggia. Sul fatto poi che quest’ultimo, a proposito di tecnici, la “butti in politica”, non è il caso qui di soffermarsi. Mi permetto invece di dissentire riguardo al confronto che il professore fa con altri settori della pubblica amministrazione, che presiedono rispettivamente alla sicurezza stradale e al pubblico erario: in questi casi il cittadino non è titolare di un diritto, come quando si parla di istruzione o salute, ma è soggetto nel primo caso ad un onere necessario per ottenere un beneficio, che è quello di poter condurre un veicolo senza recar danno a terzi soggetti, nel secondo caso ad un vero e proprio obbligo, che è quello di non sottrarsi al versamento dei tributi previsti dalla legge. Distinguere fra questi diversi servizi pubblici non è una questione di lana caprina, è semplicemente far chiarezza fra le attività che lo Stato deve compiere per assicurare la propria esistenza e ciò che invece si impegna a fare per garantire una vita dignitosa ai suoi cittadini.
A mo’ di conclusione provvisoria, ed augurandomi che il sasso lanciato nelle acque stagnanti aiuti anche a purificarle dai lezzi maleodoranti, ringrazio il professor Galli della Loggia per la proposta; per tornare alla sua replica, ritengo che sia necessario, più che “un confronto sui risultati che ha prodotto l’eliminazione della predella” una revisione delle modalità di insegnamento e questo proprio perché “la spazialità ha un alto valore simbolico”. Non è necessario parlare da posizione più elevata, solo perché ciò dona più sicurezza a chi deve gestire un potere, ma è molto più efficace appropriarsi di tutto lo spazio dell’aula, perché brutta o bella che sia è l’ambiente in cui i nostri allievi, guidati da noi, fanno esperienza di apprendimento.
9 giu. 18 Astolfo sulla Luna
.
.
.
È tutta una questione di altezza? ultima modifica: 2018-06-09T16:48:51+02:00 da