ROMA. Emergenza sostegno in Italia. Quasi metà dei docenti in servizio quest’anno sono supplenti. Un record che nelle regioni settentrionali assume proporzioni imbarazzanti. Perché alla carenza cronica di specializzati per il settore, al Nord si aggiunge l’esodo verso le regioni meridionali di migliaia di insegnanti che a settembre hanno approfittato delle Assegnazioni provvisorie (incarichi di un solo anno anche in un’altra regione) per avvicinarsi a casa. Lasciando vacanti un gran numero di cattedre che vengono affidate a supplenti. Ad accorgersi della precarietà di un organico in continuo aumento alunni e genitori costretti ad assistere ogni anno e, in alcuni casi anche più volte nell’arco dello stesso anno, al balletto dei docenti di sostegno. Una emergenza che costituirà uno dei primi problemi da affrontare il neo ministro dell’Istruzione,
Lucia Azzolina, quando si siederà nello scranno più importante di viale Trastevere.
Ormai da anni, gli alunni affetti da disabilità inseriti nelle aule italiane aumentano, evidenziando una sempre maggiore sensibilità da parte delle famiglie che alcuni decenni fa si vergognavano di avere un figlio con handicap e preferivano non iscriverlo a scuola. Contemporaneamente si è incrementato il numero di docenti che li affiancano. Al punto che, in una nazione che fa registrare un tasso di disoccupazione giovanile altissimo, mancano all’appello migliaia di docenti specializzati. E molte cattedre vanno a docenti “senza titolo”, che non hanno nessuna specializzazione, ma tanta buona volontà. Nel 2015/2016 la quota di insegnanti di sostegno a tempo determinato ammontava al 29%, due anni dopo saliva al 43% e quest’anno siamo a quota 48% (77.705 su 163.344, secondo i dati forniti dall’Ufficio statistica del Miur): quasi uno su due. Al Nord la situazione è ormai insostenibile. Con quasi 24 mila supplenti in servizio, la quota di precari sale addirittura al 62%.
In Piemonte, Lombardia e Toscana si va addirittura oltre. A Torino a dintorni, su cento insegnanti di sostegno 69 sono precari. E anche nelle regioni dell’Italia centrale siamo oltre la metà dell’intera pianta organica: il precariato è del 52%. Ad incrementare i posti di sostegno anche la lotta delle famiglie che si rivolgono ai giudici per ottenere tutte le ore di sostegno previste dalla certificazione dei figli, i cosiddetti posti in deroga assegnati dagli uffici scolastici regionali, anche ad anno scolastico avviato, in presenza di sentenza dei tribunali amministrativi. All’inizio dell’anno, i posti in deroga avevano raggiunto il numero record di 50 mila unità.
Al Sud, dove tendono a trasferirsi anche per un solo anno migliaia di insegnanti fuorisede, la percentuale di precari è comunque alta: il 30%. A determinare un organico così ballerino due fattori: l’incremento dei posti in deroga imposti dai giudici amministrativi e una scarsa programmazione dei corsi universitari per acquisire la specializzazione: il Tfa, Tirocinio formativo attivo a numero chiuso.
Per ovviare ad una situazione che produce incertezza per le famiglie e per gli alunni più fragili del sistema scolastico nostrano, nell’ultima legge di bilancio è stato inserito un emendamento che prevede l’incremento dei posti di sostegno stabili, oggi circa 100 mila, con un finanziamento aggiuntivo rispetto a quello attuale di circa 50 milioni di euro per il 2021 e per gli anni successivi. Una cifra che consentirà di stabilizzare meno di 2 mila docenti.