di Fabrizio De Angelis, La Tecnica della scuola, 1.12.2018
– Hanno destato parecchio scalpore le parole del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, che a margine del congresso della Fidae, la federazione di scuole cattoliche paritarie, ha parlato, fra le altre cose, della professione dell’insegnante, definendola come “una missione”, mentre la scuola deve essere intesa come “l’unica vera agenzia educativa”.
I lettori de La Tecnica della Scuola, chiamati in causa tramite una rilevazione su Facebook, non si sono trovati in accordo con Bussetti sulla questione, anzi: su un totale di 1089 voti, il 64% dei lettori de La Tecnica della Scuola ha respinto la definizione di “missione” associata alla professione dell’insegnante. Mentre invece, per il restante 36%, tale visione non è assolutamente sbagliata.
Ed infatti, i commenti sotto il sondaggio mostrano certamente opinioni un po’ più articolate rispetto all’asettica risposta “Si-d’accordo/ No- non sono d’accordo”.
Riportiamo alcuni esempi, che mostrano il perchè del “No”: “Sono d’accordo: bisogna amarlo ma non vedo lo spirito missionario dal dirigente in su fino ad arrivare al ministro. Voto no per questo“. Oppure: “Con questa storia hanno tenuto gli stipendi bassissimi. È una professione e la professionalità e la competenza vanno retribuite….. e dimostrate però“, “Sì, ma non gratuita. Il fatto che una persona amante dello studio preferisca trasmettere questa passione non significa che lo faccia per nulla“. Ancora più polemici alcuni docenti: “Non cominciamo con questa MISSIONE che poi con la scusa che siamo missionari ci danno uno stipendio da fame! È una professione, certo ci vuole passione ma come per altri lavori“. C’è anche qualcuno che però non la vede così: “Missione Sì! Perché per svolgere questo ruolo, è necessario avere nel cuore abbastanza “sensibilità e umiltà” per essere “umani”…. Tutti insegnanti! Molti disumani e incapaci“.
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Il docente “missionario” non è una novità per Bussetti
Non è la prima volta che il ministro affronta la questione “missione” del docente. Già ad agosto Bussetti, come riportato anche da questa testata, aveva espresso il proprio pensiero in merito a proposito dei dati allarmanti della dispersione scolastica, puntando proprio sulla vocazione “missionaria” dell’insegnante: “Per abbattere il problema dispersione vorrei portare nella scuola pubblica l’esperienza che ho vissuto io stesso: insegnanti volontari che si ritrovano in centri in alcune aree più complesse, dove ragazzi chiedono aiuto per recuperare in alcune discipline scolastiche, lacune che spesso partono da una difficoltà psicologica, di fragilità emotiva”.
Certamente in quel caso l’intento del ministro appariva quello di recuperare gli studenti più in difficoltà, attraverso il coinvolgimento dei docenti più motivati. E attaccati alla professione.
Il problema però, in base alla rilevazione, è che la parola missione viene letta quasi esclusivamente come giustificazione alle ingiustizie che i docenti subiscono da anni, sia di natura economica dal punto di vista stipendiale, che di natura sociale, con una considerazione sempre meno presente.
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