di Maria Laura Serpico, Linea Diretta 24 22.5.2015.
Lo scorso 20 maggio il governo francese ha pubblicato sul “Journal Officiel” il decreto che vara la riforma del «collège». Il ministro dell’Educazione Najat Vallaud-Belkacemn è intervenuta sugli anni di formazione scolastica obbligatoria che corrispondono alla scuola media italiana, in quanto considerati alla base delle problematiche delle disparità sociali. Secondo il Ministro, non devono esistere scuole di livello qualitativo superiore o inferiore, ma tutti gli studenti devono avere eguali istruzione e opportunità. Tuttavia, la riforma prevede che un 20% delle lezioni possa essere organizzato indipendentemente, in base alle esigenze di ogni singola scuola e dei propri studenti.
Nello stesso periodo, ma con intenzioni e risultati differenti, il governo Renzi è a metà strada verso la riforma del sistema scolastico italiano, soprannominata “La Buona Scuola”.
Riforma della scuola francese. Tra i cambiamenti apportati alla riforma che più hanno fatto discutere vi è sicuramente la soppressione delle classi bilingue, scelta che non è andata particolarmente giù all’ambasciata della Germania. È anche vero che, dall’altra parte, tutte le classi avranno come materia obbligatoria lo studio di una seconda lingua straniera. Per quanto riguarda l’insegnamento del latino, sembra che alla fine la lingua morta rimarrà in programma, ma all’interno di un insegnamento interdisciplinare dal titolo “Lingue e culture dell’antichità”. Gli EPI, infine, sono gli “Enseignements pratiques interdisciplinaires”: tre ore alla settimana nel corso delle quali vengono svolti progetti interdisciplinari, ossia l’applicazione contemporanea di insegnamenti di materie differenti.
Lo scorso 19 maggio gli insegnanti francesi sono scesi in piazza contro quella che loro ritengono una riforma realizzata in tempi brevi e destinata a incentivare “l’islamizzazione”, a causa dell’ampio spazio dato alla nascita dell’Islam nel programma di storia, contrariamente al Cristianesimo (leggi Riforma scolastica francese). Le stime dei manifestanti varia notevolmente a seconda dei diversi strumenti di calcolo utilizzati: secondo lo SNES-FSU, su un campione di 10.000 insegnanti in attivo oggi, ne sono scesi in piazza circa la metà, mentre, secondo il ministero dell’Educazione, si tratterebbe di un numero più modesto calcolato sulla base del numero totale degli insegnanti delle scuole medie.
Nicolas Sarkozy ha duramente criticato le modifiche apportate dalla riforma: «Per me la scuola della Repubblica è quella che porta il figlio di una famiglia modesta all’eccellenza, non la scuola che porta tutti a un livellamento verso il basso».
Belkacem, da parte sua, continua a sottolineare che l’obiettivo è quello di ridurre le diseguaglianze e far sì che il collège divenga più severo per tutti gli studenti. D’altronde, gode dell’appoggio del premier Manuel Valls, del ministro dell’Ambiente Ségolène Royal e del Presidente François Hollande. Quest’ultimo ha dichiarato: «Ci sono domande, sono legittime. Ma vi è una riforma che dovrebbe garantire il successo per tutti (…) e l’eccellenza. È lo spirito della riforma del collegio».
Il presidente del Consiglio superiore dei programmi, Michel Lussault, ha rassicurato che il testo attuale è solo una bozza: quello definitivo verrà presentato a settembre, dopo che sarà passato al vaglio di un gruppo di esperti.
Tra i punti di maggior attenzione c’è lo “school bonus” che consiste nell’introduzione di benefici fiscali per chi farà donazioni alle scuole. È previsto anche una rafforzamento della figura del preside, il quale avrà l’autorità di assumere per chiamata diretta e con contratto triennale gli insegnanti, ovviamente escludendo i familiari. Inoltre, potrà utilizzare i docenti dell’organico per supplenze fino a 10 giorni e, sempre fra questi, individuare un 10% che lo supporti nelle attività scolastiche. Tuttavia, la promessa è quella della stabilizzazione di 100mila precari dal prossimo anno.
Numerose discussioni hanno riguardato anche la posizione degli insegnanti di sostegno. La riforma ha in programma una separazione netta tra le figure di “insegnante di ruolo” e di insegnante di sostegno, suscitando numerosi interrogativi riguardo alla formazione di questo secondo tipo e all’integrazione nella classe dello stesso alunno assistito.
I sindacati della scuola non sono per niente soddisfatti dell’attuale risultato e hanno in programma una fiaccolata per il 6 giugno e un’ora di sciopero nelle prime due giornate di scrutini. È chiaro che le sorti della scuola italiana dipendono da quanto verrà deciso al Senato. Intanto il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini rassicura gli italiani: «Alle famiglie dico che con questa legge l’Italia si mette nelle stesse condizioni degli altri Paesi europei per garantire un percorso educativo di qualità», ricordando che il fine è quello di poter offrire «una scuola di qualità, aperta e inclusiva».