Gli insegnanti (bravi) hanno una vita (di merda).
ed è difficile immaginare altro…
dal profilo fasebook di Stefano Zoletto, 17.10.2021.
Un incontro quasi casuale con una collega e suo marito. Ci sediamo e scambiamo due chiacchere. Lui lavora nell’ambito delle emergenze, con turni di notte, reperibilità, missioni fuori regione. Lei è un collega, maestra di scuola primaria.
Ad un certo punto, mentre sta raccontando un intervento della sua squadra, Lui ci fa una domanda: “Perché è più semplice pianificare una squadra di emergenza che il lavoro di una maestra? Io ho la reperibilità, e so che devo partire se mi chiamano. Ma Lei è in servizio permanente, dopocena, sabato, domenica…. Ti sembra normale?”
Lei gira gli occhi al cielo, e mi invita: “Prova a spiegarglielo tu, che io mi sono arresa…”
Partirei dalla parola “normale”, usata da Lui.
E la risposta è semplice: NO, non è normale che una lavoratrice dedichi tutto il proprio tempo al lavoro. Non è normale, e non va bene.
Se invece per normale intendiamo comune o diffuso, allora la risposta è SI’, una parte degli insegnanti lavora tanto, troppo. E questo è un serio problema.
Ma c’è un problema ancora più serio: dell’iper-lavoro degli insegnanti non frega niente a nessuno – dirigenti, sindacati, ministero… – a parte i loro familiari, che ne subiscono pesantemente le conseguenze.
C’è un gravissimo problema strutturale che rende impossibile alleggerire il carico di lavoro delle insegnanti: non di tutte, di quelle brave. Per problema strutturale intendo un’organizzazione che nel suo “ultimo miglio” (le scuole) non è minimamente ordinata per rispondere in maniera adeguata alle esigenze di un buon servizio. E questo riguarda tutte le scuole e le istituzioni educative, dagli asili nido fino alle scuole superiori.
Nel contratto di lavoro della scuola (statale – le scuole paritarie e private stanno anche peggio) c’è un punto specifico: “l’attività funzionale all’insegnamento è costituita da ogni impegno inerente alla funzione docente…” che prevede il lavoro che gli insegnanti svolgono a casa per preparare le lezioni e per correggere gli elaborati. Mentre per i compiti che un docente svolge a scuola è previsto un certo numero di ore, il lavoro domestico non ha nessuna definizione temporale. Ed è veramente così: puoi non fare nemmeno mezz’ora, oppure puoi passare 70 ore alla settimana davanti al PC o sulle verifiche degli alunni. Nessuno controlla, nessuno rendiconta.
C’è una sorta di teoria a monte, per cui sarebbe impossibile capire quanto un’insegnante lavora a casa (così implicitamente sostengono sindacati e ministero…); ma c’è una pratica quotidiana costituita da lezioni ben preparate e da elaborati analizzati, corretti e valutati con serietà. Lo sanno bene gli alunni, ma lo sanno bene anche le famiglie. E in realtà lo sanno bene anche i dirigenti. Come dire, la qualità è un fattore ben visibile.
Quindi, brave insegnanti e pessime insegnanti non vedono nessuna differenza di trattamento, né economico, né di altro tipo.
Ma questa è solo una parte del problema.
Perché la questione vera è un’altra: i bravi insegnanti spendono una quantità immane di ore a casa, e se anche venissero ben retribuiti per questo, resta il dato di fatto che è sbagliato sovraccaricare così un lavoratore. Perché i bravi insegnanti non riescono a lavorare di meno: senso di responsabilità, etica, deontologia, passione, rispetto….
È il sistema sbagliato.
Una prima questione…
Un problema strutturale è la suddivisione delle discipline rispetto alle ore di lavoro e al numero delle classi e degli alunni nelle classi.
Una classe con 28 alunni o una con 14 per definizione non possono avere la stessa quantità di lavoro a casa. Eppure il dato – oggettivo – non conta.
Alcune discipline prevedono elaborati e progettazioni ben più cospicui di altre, che prevedono metodi di insegnamento meno strutturati.
Che cosa vuol dire?
Io ho insegnato italiano alla scuola primaria, in due classi di 24 alunni ciascuna. Quando ho insegnato a scrivere i testi – temi, riassunti, piccole relazioni – mi ritrovavo ad avere come minimo 48 elaborati da correggere ogni settimana. E in più c’era tutto il resto – dalla lettura alla grammatica. Le colleghe di una scuola superiore o di una scuola media hanno quantità analoghe o superiori di lavoro domestico.
Per alcune discipline il numero degli alunni andrebbe limitato: una classe, tenendo in conto che è la somma del lavoro in classe più quello a casa che fa il totale.
Siamo lontani anni luce: abbiamo insegnanti che si occupano di più discipline, in più classi – e sono quelli costretti a ritmi di lavoro da manifattura del 1800.
C’è una seconda questione
Se l’insegnante è brava, significa che è anche affidabile, responsabile, partecipe della vita della scuola.
Questo si traduce in soma.
Quell’insegnante sarà la bestia da soma su cui il sistema-scuola scaricherà tutta una serie di funzioni (e quindi lavori) che a ben vedere è difficile spiegare perché.
L’insegnante da soma coordina una classe – ovvero è il primo referente per colleghi e genitori.
L’insegnante da soma potrebbe facilmente essere coordinatrice di un plesso (cioè di una delle sedi della scuola) e allora faranno riferimento a lei tutti i docenti, personale ATA e forse anche alcune famiglie di quella sede.
AH… naturalmente coordinamento di classe e coordinamento di plesso molto spesso si sommano, perché alcuni insegnanti da soma sono più da soma di altri…
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Gli insegnanti hanno una vita ultima modifica: 2021-10-21T08:50:26+02:00 da