di Leonardo Maisano, Il Sole 24 Ore, 20.3.2017
– Studenti nel mirino. Le voci che si fanno largo nelle nebbie della Brexit indicano che Londra possa rendere più difficile la vita agli aspiranti universitari, creando forme più stringenti di selezione e magari escludendoli dall’accesso alle università meno prestigiose in ossequio al mantra che impone di aprire le porte del Regno solo ai più capaci e meritevoli.
Iscrizioni viste con sospetto
Gli accenni sono arrivati nei mesi scorsi da Amber Rudd, ministro degli Interni in linea con quanto sosteneva il suo predecessore all’Home Office, la signora premier Theresa May che ha sempre considerato il flusso di studenti internazionali con qualche sospetto. Il sospetto, in altre parole, che l’iscrizione alle università potesse diventare un canale di immigrazione permanente. E probabilmente lo è in un Paese che attrae più foreign students di qualsiasi altro al mondo, con la sola eccezione degli Usa. La lingua, più che l’eccellenza accademica – eccezione fatta per Oxbridge e le top twenty università – è il vero magnete. Flusso migratorio, ma anche flusso di reddito, pietra angolare del sistema di finanziamento delle università.
Nessuna minaccia (per ora)
La Brexit minaccia davvero le casse delle accademie minandone la qualità e, soprattutto, impedirà agli studenti Ue di avere agevole accesso agli atenei britannici ? Il rischio c’è, ma non ora. L’avvio dell’imminente attivazione dell’articolo 50 di recesso dall’Ue non cambierà nulla per gli studenti internazionali. Quelli Ue continueranno a essere trattati come ora, fino alla definizione di nuove intese che entreranno in vigore solo a compimento della Brexit quando Londra lascerà a tutti gli effetti l’Unione. In altre parole gli studenti Ue per ora continueranno a pagare fee di 9.000 sterline l’anno al massimo, come quelli britannici, mentre gli extracomunitari continueranno a versare un conto multiplo.
Se poi gli studenti Ue – a Brexit ultimata – diventeranno” extra Ue”, per autoesclusione britannica, i costi e le regole saranno quelli usciti dal negoziato. Solo se gli studenti Ue decidessero di compilare ora – e non esiste alcun obbligo di farlo essendo indispensabile solo per chi intenda chiedere la nazionalità britannica – la richiesta di residenza permanente nel Regno Unito, dovranno dimostrare di aver un’assicurazione sanitaria riconosciuta. Una richiesta che è al centro di un contenzioso con l’Ue.
Il 60% degli inglesi non vuole frenare flusso studenti
Studenti Ue salvi dalla Brexit ? Salvi per ora, lo ripetiamo, in attesa di capire la piega di una trattativa che disegnerà un mondo nuovo, largamente imprevedibile. Resta però un equivoco di fondo che il governo May non risolve: l’inserimento del numero di studenti internazionali – Ue e non Ue – nelle quote migratorie che i conservatori vogliono abbattere (gli arrivi dalla Ue, peraltro, sono già in netto calo). Se gli universitari non fossero contati come migranti (si tratta di 134mila persone lo scorso anno secondo il Migration Observatory di Oxford) il target dei Tory sarebbe a portata di mano. O quasi.
Theresa May resiste, leggendo fra le righe delle iscrizioni accademiche la volontà di trasferimenti in pianta stabile, capaci di sbilanciare gli assetti socio-economici del Regno Unito. Una lettura che sembra dare solo lei, se è vero il sondaggio secondo cui il 60% dei britannici non vuole che il numero di studenti universitari sia ridotto e solo il 22% crede che gli international students debbano essere considerati immigrati.
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Gli studenti Ue salvi (per ora) dalla Brexit ultima modifica: 2017-03-20T06:28:49+01:00 da