I DGSA chiedono di partecipare al concorso da Dirigenti scolastici

Gilda Veneziainviato da Ornella Capotosti, 17.4.2024.

Urge introdurre la figura del Preside elettivo!

Le pretese dei DSGA fotografano una visione della scuola dell’autonomia di natura essenzialmente aziendalista dove l’insegnamento diventa elemento accessorio e subalterno alle tante funzioni, abilità, “competenze” che sono richieste ai docenti.

Gilda Venezia

Un gruppo di DSGA (di Dirigenti dei Servizi Generali e Amministrativi) ha fatto ricorso al TAR per poter partecipare all’imminente concorso per la dirigenza scolastica. A primo acchito  potrebbe sembrare la solita pretesa ipercorporativa di una parte elitaria del personale ATA (non docente e quindi privo di abilitazione e ruolo nell’insegnamento) che intende comandare su tutte le componenti della scuola pretendendo una retribuzione più elevata.

Ma, oltre alle molte incoerenze e contraddizioni presenti nel testo del ricorso, è interessante analizzare la visione del mondo della scuola che le motivazioni dei ricorrenti esplicitano.

Con le inevitabili semplificazioni il ragionamento può essere così esplicitato:

  • Gli attuali Dirigenti Scolastici non sono in gran parte competenti ad affrontare i problemi e la complessità amministrativa delle Istituzioni Scolastiche che resterebbe in carico di fatto dei DGSA;
  • I Dirigenti Scolastici diventano tali con una preparazione astratta e lontana dalle necessarie conoscenze di diritto e economia fondamentali per la gestione della scuola dell’autonomia;
  • Per questi motivi è legittimo rivendicare anche per i DSGA, che devono essere laureati in materie giuridiche ed economiche, la possibilità di partecipare a pieno titolo al concorso per dirigenti scolastici.

Le pretese dei DSGA sono oggettivamente inaccettabili, ma fotografano una visione della scuola dell’autonomia di natura essenzialmente aziendalista dove l’insegnamento diventa elemento accessorio e subalterno alle tante funzioni, abilità, “competenze” che sono richieste ai docenti.

La realtà dell’autonomia scolastica dimostra del resto una sconfortante incompetenza di molti dirigenti scolastici che non sono in grado di gestire una macchina burocratica sempre più complicata. Nel vecchio sistema il preside veniva reclutato con concorsi organizzati  sulla base dell’esperienza come docenti nello specifico settore scolastico. Un maestro poteva diventare direttore didattico, un professore di latino poteva diventare preside di un liceo, un insegnante di un istituto tecnico o professionale poteva diventare preside solo di istituti tecnici o professionali, Con l’invenzione dell’autonomia scolastica e il riconoscimento dell’area separata di contrattazione per i dirigenti scolastici sono cadute le distinzioni esperienziali. In questo momento un ex maestro diventato dirigente scolastico può dirigere un liceo o un istituto tecnico, così pure un ex insegnante di greco può essere chiamato a dirigere un istituto comprensivo con scuola dell’infanzia e primaria.

Il ruolo della dirigenza scolastica si è venuto ad incardinare in una macchina organizzativa dove la didattica, quella vera fatta giorno per giorno in classe con gli allievi, non viene posta al centro della funzione della scuola. Valgono di più le conoscenze e “competente” nelle varie teorie pedagogiche e metodologie didattiche di moda, i progetti, le inutili formazioni imposte per ogni nuova “emergenza” ai docenti. Vale di più avere iscritti, fare propaganda per le nuove iscrizioni, bocciare il meno possibile, avere medie dei voti alte per dimostrare alla clientela (famiglie e studenti) che la scuola è inclusiva e assicura il “successo formativo”, grande invenzione berlingueriana, appoggiare tutte le innovazioni e riforme proposte da ogni governo in carica. Il successo della scuola per un dirigente scolastico moderno è essere a capo di un istituto con tanti allievi, e con tassi di promozione altre il 90%. Non occorre che gli studenti siano preparati e abbiano competenze vere nate da solide conoscenze. Più complesso e grande è l’istituto scolastico più si viene pagati.

Lo scadimento del ruolo dei presidi e dei direttori didattici a burocrati esecutori delle tante linee guida ministeriali legittima le pretese dei DSGA di poter essere anch’essi dirigenti scolastici. Tanto non serve saper insegnare per dirigere una scuola.

Per fortuna restano ancora tanti dirigenti scolastici che non accettano di essere solo burocrati e “manager”, ma la loro preziosa presenza non viene valorizzata tantomeno dalle associazioni di rappresentanza della categoria (vedi ANP).

Questa situazione dimostra che è necessario dividere nell’organizzazione scolastica la funzione gestionale da quella dell’organizzazione della didattica. La Gilda degli Insegnanti da sempre ha chiesto di introdurre per l’organizzazione della didattica la figura del preside elettivo, eletto dal Collegio dei Docenti tra i docenti che lo compongono e che abbiano competenze certificate in merito alla sfera della didattica. La parte amministrativa e gestionale può restare a capo di un soggetto diverso assunto con concorso, non necessariamente un docente. Una struttura simile c’è senza tanto scandalo nelle Università e in altri paesi del mondo.

Di questo quasi nessuno vuole parlarne, in primis i sindacati tradizionali che difendono gli attuali dirigenti scolastici loro iscritti. L’Associazione Nazionale Presidi immagina addirittura un dirigente scolastico manager, presidente di  consiglio di amministrazione, giudice nei confronti dei docenti “contrastivi”. Un dirigente che, come tale, deve essere pagato come gli alti dirigenti dello Stato e che può essere utilizzato come tale anche in altri contesti.

Tornare a parlare di preside elettivo è a questo punto necessario per il futuro della libertà di insegnamento e per la difesa della Scuola della Repubblica.

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I DGSA chiedono di partecipare al concorso da Dirigenti scolastici ultima modifica: 2024-04-17T04:21:34+02:00 da
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