di Silvia Calvi, Linkiesta, 29.1.2024.
Il ministero dell’Istruzione non ha previsto un capitolo di spesa dedicato agli insegnanti titolari di supplenze brevi. E per questo a fine anno non ha mai le risorse sufficienti. Bisogna semplificare l’iter di registrazione dei contratti di questi docenti, altrimenti ci saranno sempre dei ritardi
La buona notizia è che tra il 18 e il 19 gennaio i circa duecento supplenti della Scuola pubblica in servizio senza stipendio dallo scorso ottobre, sono stati finalmente pagati. La spesa del ministero? Trecento milioni di euro, rubricati sotto la voce di: «Emissione Speciale». Peccato però che molti insegnanti abbiano ricevuto solo una parte di quanto dovuto, sufficiente a coprire poco meno di due mesi di lavoro su cinque. E che, proprio per il carattere speciale dell’emissione, nessuno sa quando riceveranno tutto il dovuto né se, d’ora in poi, saranno pagati regolarmente. Colpa di un sistema antiquato e farraginoso: per capire come funziona occorre addentrarsi nell’intricato sottobosco delle supplenze brevi, un sistema sottomesso a complicate norme burocratiche che, oltre a rallentare i tempi delle retribuzioni, pesa come un macigno sulle segreterie didattiche che, ogni settimana, accumulano sulle scrivanie pratiche e contratti in attesa di registrarli e di autorizzarne i pagamenti. Mai nei tempi giusti però.
Problema ricorrente
Le storie raccolte nelle ultime settimane dai sindacati della scuola sono tante e difficili: dall’insegnante che, pagato l’affitto, non ha più i soldi per fare la spesa a quello che, a quarantacinque anni, è costretto a chiedere una mano ai genitori. Il primo problema è che gli stipendi delle supplenze brevi e saltuarie siano rubricati alla voce “Spese Accessorie”: vuol dire che il ministero paga quando può. E, non avendo previsto un capitolo di spesa dedicato, a fine anno non ha mai le risorse sufficienti.
Peccato che i supplenti non siano per niente figure accessorie: per non interrompere le lezioni e non lasciare senza sostegno gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento, ogni anno i dirigenti scolastici ne chiamano da duecentomila a trecentocinquantamila. Il sessanta per cento per periodi brevi, entro i dieci giorni, gli altri invece anche tutto l’anno, da ottobre fino a giugno. «Per sanare la situazione occorre agire subito sulla ripartizione dei costi: il ministero deve cominciare a considerare gli stipendi dei supplenti una “Partita di spesa fissa e ricorrente». Ma non basta: bisogna anche semplificare l’iter di registrazione dei contratti, altrimenti avremo sempre dei ritardi: il ministro Giuseppe Valditara aveva inserito la questione nel Piano di semplificazione, promettendo che il processo sarebbe avvenuto entro dicembre, ma così non è successo. Per questo, al di là di questa prima emissione, è probabile che il problema si ripresenti a breve».
Le intenzioni del ministero
«È dal 2013 che ogni anno vengono pagati in forte ritardo, fra gennaio e marzo, gli stipendi dei docenti precari titolari di supplenze brevi. I ritardi si accumulano per il periodo lavorativo settembre-dicembre a causa di problemi burocratici che coinvolgono più ministeri e diverse istituzioni» ha dichiarato in un comunicato ufficiale Jacopo Greco, Capo Dipartimento per le Risorse umane, finanziare e strumentali del ministero dell’Istruzione e del Merito. «Nonostante ciò, a dicembre 2023 sono stati pagati circa cinquantacinquemila precari e abbiamo concordato con il Mef l’assegnazione straordinaria di gennaio per effettuare i quindicimila pagamenti rimanenti oltre alle mensilità di dicembre ancora non retribuite. Su forte impulso del ministro dell’Istruzione e del Merito, il ministero sta lavorando per risolvere definitivamente i problemi connessi al sistema di pagamento». Sì, ma entro quando?
Il ruolo delle segreterie
In attesa della soluzione strutturale nelle segreterie didattiche si continua alla vecchia maniera. «È qui che i contratti dei supplenti vengono scritti e inviati al ministero ma poi, per far partire i pagamenti, occorre anche che la scuola invii una sorta di “prestato servizio”, cioè certifichi che il contratto sia stato onorato. E se, sfortunatamente, il supplente fa un’assenza per malattia di un giorno, la pratica si interrompe e viene rimandata al mese successivo» spiega Fernando Tribi, direttore dei Servizi amministrativi dell’Istituto Mattei di Firenzuola d’Arda (Piacenza). «Non basta: quando pure la scuola ha dato l’autorizzazione al pagamento, sempre che il sistema funzioni bene (e questo non sempre succede), il ministero deve inviare i soldi alla scuola, passaggio che, naturalmente, si prende dell’altro tempo: solo a quel punto, può viene fatto il bonifico. Le “interruzioni di contratto” poi, valgono nei due sensi: se il docente che è a casa, poniamo in congedo di maternità, manda un certificato di malattia, ecco che si interrompe la supplenza per congedo e la segreteria deve inserire un nuovo contratto per un altro “codice di assenza”». Un meccanismo, complicato, opaco e lentissimo che, oltre a generare un sovraccarico di lavoro (e di competenze) a segreterie didattiche già in deficit di personale, avvilisce l’intera categoria dei docenti. Sarà davvero l’anno buono per cambiare le cose?
Il governo ha messo solo una toppa nel problema cronico dei supplenti precari ultima modifica: 2024-01-29T04:41:54+01:00 da