di Carlo Forte, ItaliaOggi, 2.10.2018
– Lo ha statuito la Corte di giustizia europea: legittima la valutazione di 2/3 per ogni anno. La decisione è una pietra tombale per migliaia di ricorsi.
Il mancato riconoscimento dell’intero servizio preruolo nella ricostruzione di carriera è legittimo. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea con una sentenza emessa il 20 settembre scorso nella causa C-466/17.
Il giudizio è scaturito a seguito del ricorso presentanto da una docente di ruolo della provincia di Trento aveva presentato ricorso al giudice del lavoro contro il mancato riconoscimento dell’intero servizio preruolo ai fini della progressione economica di anzianità. L’articolo 485 del decreto legislativo 297/94 prevede, infatti, che solo i primi 4 anni di servizio preruolo siano valutabili per intero ai fini della ricostruzione di carriera. E che gli ulteriori anni di servizio preruolo eccedenti il 4° anno debbano essere valutati solo per i 2/3. Ma si tratta di una valutazione provvisoria. Le frazioni di anni di preruolo che non vengono riconosciuti in prima battuta vengono attribuite dopo un certo numero di anni tramite la rielaborazione della ricostruzione di carriera. Ciò avviene al compimento del 16esimo anno per i docenti laureati della scuola secondaria superiore e del 18esimo anno per i docenti della scuola dell’infanzia e primaria, della scuola media e per i docenti diplomati della scuola secondaria superiore. Pertanto, quanto più è lungo il periodo di preruolo, tanto più breve è il periodo di mancato riconoscimento per intero degli anni di preruolo.
La docente, però aveva ritenuto comunque di procedere facendo riferimento alla clausola 4 dell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999. Tale clausola prevede, infatti, che i lavoratori a tempo determinato non possano essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
A fronte di tale premessa il giudice del lavoro di Trento aveva ritenuto di non procedere preferendo interpellare direttamente la Corte di giustizia europea. E i giudici di Bruxelles si sono pronunciati nel senso dalla legittimità dell’articolo 485 del decreto legislativo 297/94. La Corte ha argomentato la propria decisione spiegando che la diversità di valutazione dei servizi preruolo sia giustificata dall’esistenza di ragioni oggettive. Tali ragioni sono riscontrabili nel fatto che l’articolo 485 del testo unico «mira, in parte», si legge nella sentenza, «a rispecchiare le differenze tra l’esperienza acquisita dai docenti assunti mediante concorso e quella acquisita dai docenti assunti in base ai titoli, a motivo della diversità delle materie, delle condizioni e degli orari in cui questi ultimi devono intervenire, in particolare nell’ambito di incarichi di sostituzione di altri docenti». Tanto più che «l’ordinamento giuridico nazionale attribuisce una particolare rilevanza ai concorsi amministrativi. La Costituzione italiana» argomentano i giudici di Bruxelles «al fine di garantire l’imparzialità e l’efficacia dell’amministrazione, prevede infatti, al suo articolo 97, che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si acceda mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».
I giudici di Bruxelles hanno stabilito, quindi, che la clausola 4 dell’Accordo quadro del 1999 sul lavoro a tempo determinato deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale la quale, ai fini dell’inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva al momento della sua assunzione in base ai titoli come dipendente pubblico di ruolo, tenga conto dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, parzialmente, a concorrenza dei due terzi.
La sentenza della Corte di giustizia pone una pietra tombale sul contenzioso seriale in atto in questa materia. L’ordinamento comunitario, al quale l’Italia aderisce in quanto componente dell’Unione europea, è un ordinamento di common law. Il che vuole dire che le sentenze emesse in sede europea vincolano i giudici italiani a decidere in conformità con le statuizioni in esse contenute. Fermo restando il giudicato. Vale a dire: fatta salva l’intangibilità degli effetti delle sentenze ormai definitive. Allo stato attuale, dunque, si prospettano i seguenti scenari.
Il primo riguarda i docenti che hanno vinto cause con sentenze definitive. Che manterranno il diritto a disporre delle somme già incassate e a continuare a percepire le retribuzioni calcolate sulla base delle ricostruzioni di carriera elaborate in attuazione di tali sentenze definitive. Il secondo è quello dei docenti che si trovano in pendenza di giudizio. A questi insegnanti si applicherà il principio enunciato dalla Corte di giustizia e, quindi perderanno le cause in corso. Il terzo scenario riguarda il futuro. E cioè i potenziali ricorrenti che dovessero decidere di intentare ex novo cause in questa materia. Questi ricorrenti, oltre ad andare incontro a sicura soccombenza, dovranno anche affrontare il rischio concreto di dover rifondere le spese legali all’amministrazione.
La ricostruzione di carriera è un provvedimento che consiste nel riconoscimento dei servizi preruolo ai fini della progressione economica di carriera (cosiddetti gradoni). Il beneficio è riconosciuto a domanda dell’interessato. L’istanza va presentato entro il 31 dicembre di ogni anno, così come previsto dal comma 209, dell’articolo 1, della legge 107/2015.
La progressione di carriera è suddivisa in sei gradoni, che corrispondono ad altrettanti periodi che si maturano al compimento di determinati anni di servizio di ruolo o, comunque, di servizio non di ruolo riconosciuto per effetto dell’avvenuta ricostruzione di carriera: 1° gradone: da 0 a 8 anni di servizio; 2° gradone: da 9 a 14 anni di servizio; 3° gradone: da 15 a 20 anni di servizio; 4° gradone: da 21 a 27 anni di servizio; 5° gradone: da 28 a 34 anni di servizio; 6° gradone: da 35 di servizio in poi.
L’articolo 489 del decreto legislativo 297/94, così come interpretato dall’articolo 11, comma 14, della lege 124/99, dispone che il periodo di servizio è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1°febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. Fermo restando la valutazione dei 2/3 per gli anni eccedenti il 4°, così come previsto dall’articolo 485 del testo unico.
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