Marco Barone, Orizzonte Scuola, 8.12.2019
– Con la sentenza del TAR Lazio del 3 dicembre 2019 N. 13811/2019 REG.PROV.COLL. N. 11179/2019 REG.RIC si affronta l’ennesimo giudizio in materia di mancata promozione degli studenti, con la giurisprudenza amministrativa che pare blindare i propri recenti orientamenti
Fatto
Con l’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente tramite il proprio legale di fiducia chiedeva l’annullamento degli atti che avevano portato alla non ammissione. Chiedeva altresì la condanna dell’amministrazione resistente al risarcimento del danno lamentando una pluralità di violazioni tra le quali “a dimostrazione della superficialità del giudizio 22 alunni erano stati valutati in soli 60 minuti”.
La mancata attivazione dell’attività di recupero non vizia il giudizio di non ammissione
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, oramai richiamato con frequenza dai giudici, (cfr. Tar Puglia, Lecce, n.252/2015; Tar Torino, n.155/2015; Tar Lazio, sez. III bis, n.13155/2014; T.A.R. Lazio, sez. III bis, n. 3468 del 2014; T.A.R. Abruzzo – Pescara, sez. I, 15 aprile 2013, n.232) emerge che l’eventuale mancata attivazione delle attività di recupero o degli oneri di informazione circa l’andamento scolastico non vizia il giudizio di non ammissione alla classe successiva, tenuto conto che esso si basa esclusivamente – senza che ad esso possa riconnettersi alcun intento “punitivo” – sulla constatazione oggettiva dell’insufficiente preparazione dello studente e sul grado di maturazione personale dello stesso (Tar Napoli 4799/2009; Tar Pescara 455/2008), a fronte dei quali l’ammissione dello studente al successivo ciclo di istruzione potrebbe costituire, anziché un vantaggio, uno svantaggio per l’allievo (in termini: Tar Lombardia, Milano n.78 del 15 gennaio 2015).
Il voto finale non è una media aritmetica ma un’analisi complessiva delle attività volte
I giudici sottolineano che alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche con riferimento alle contestazioni mosse con riferimento alla tardività dell’adozione di criteri generali e ad altri elementi, di per sé, non costituiscono vizi idonei a inficiare la valutazione espressa, ma potrebbero, in astratto e salva analisi dei vari elementi della fattispecie, giustificare la tutela risarcitoria, ma non consentire l’ammissione di parte ricorrente all’anno successivo. Il voto finale, in ogni caso, non si traduce necessariamente in una media aritmetica dei voti conseguiti da parte dell’alunno, ma richiede un’analisi complessiva e sintetica delle attività svolte. Per quanto concerne il numero delle prove svolte e i risultati conseguiti l’amministrazione nella relazione depositata ha adeguatamente descritto l’iter e i voti da questo riportato, con la conseguenza che le censure formulate da parte ricorrente appaiono inidonee a incidere sull’esito del giudizio.
La durata delle operazioni di scrutinio non viziano l’esito del giudizio
Interessante anche la puntualizzazione che viene effettuata in merito alla valutazione della durata degli scrutini, concetto di cui si dovrà tenere conto: “La durata delle operazioni di scrutinio non appare un fatto idoneo a incidere sull’esito del giudizio, posto che consiste in attività che ripercorre valutazioni espresse e confronti effettuati tra docenti nel corso dell’intero anno accademico, con la conseguenza che la mera indicazione della durata delle valutazioni non appare costituire un fatto idoneo a rendere illogica o irrazionale la decisione assunta.”.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Insegnanti scrutinano 22 alunni in 60 minuti. Genitore fa ricorso ultima modifica: 2019-12-08T07:50:13+01:00 da