di Reginaldo Palermo, La Tecnica della scuola, 22.1.2025.
Indicazioni nazionali o programmi? La differenza è sostanziale. Con le Indicazioni, Bibbia, Iliade e poesie a memoria non potranno essere obbligatorie.
Nel dibattito di questi giorni sulla questione delle Indicazioni Nazionali c’è un aspetto che sta passando un po’ sotto silenzio e che invece è assolutamente decisivo e significativo.
Sempre più spesso i termini programmi e indicazioni vengono usati come se fossero dei sinonimi.
Come ben sanno i docenti le cose stanno in modo completamente diverso: i programmi sono rimasti in vigore fino ai primi anni del nuovo secolo, mentre adesso si parla di indicazioni.
La differenza non è solamente terminologica ma sostanziale: i programmi erano prescrittivi e obbligatori, mentre le Indicazioni definiscono obiettivi generali e traguardi di apprendimento ma non parlano mai di contenuti obbligatori.
A questo punto, però, c’è da porsi una domanda: ma perché, spesso, anche commentatori autorevoli parlano di programmi e non di indicazioni?
A noi sorge un dubbio: non è possibile che si tratti di una svista voluta e finalizzata a diffondere poco per volta l’idea che anche le Indicazioni sono in qualche modo obbligatorie?
Il dubbio è più che legittimo, perché, se il Ministero volesse davvero garantire la non obbligatorietà dei contenuti, non si avventurerebbe in annunci sulla necessità di leggere passi della Bibbia o dell’Iliade.
Perché – e qui sta il punto principale di tutta la vicenda – o si ripristina la “filosofia” novecentesca dei programmi o ci si dovrà rassegnare al fatto che nessun insegnante potrà mai essere obbligato a leggere il racconto del duello fra Ettore e Achille o a far studiare a memoria “Il passero solitario” o “La pioggia nel pineto”.
Perché queste sono scelte che, secondo le norme attuali, rientrano nella autonomia professionale dei docenti e nella libertà di insegnamento. Ma forse è proprio questo che a molti non piace.
D’altronde non da oggi i difensori della scuola del buon tempo antico sostengono che i mali della scuola di oggi risalgono a Don Milani e al ’68 quando gli insegnanti smisero di sedersi dietro la cattedra e iniziarono a praticare una didattica troppo permissiva e poco “direttiva”. Insomma, a partire dagli anni ’60, i docenti sono un po’ troppo liberi e quindi è meglio mettere un freno.
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La differenza sostanziale tra Indicazioni nazionali e programmi ultima modifica: 2025-01-23T04:56:05+01:00 da