dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 19.1.2020
– Le polemiche sulla scuola romana che discrimina gli allievi in base alla provenienza sociale –
Negli ultimi giorni si è scatenata la nota polemica circa la presentazione che un Istituto Comprensivo romano ha dato di se stesso nelle pagine web rappresentandone la diversa provenienza sociale degli iscritti in relazione ai plessi collocati in diverse zone della città.
Si tratta dell’ennesima prova di comportamento ingiustificatamente zelante nell’applicare le contraddittorie norme che si sono abbattute sulle scuole e che impongono, nel nome di un sistema di valutazione nazionale, di comunicare all’ ”utenza” una serie di dati statistici da pubblicare nella pagina web del MIUR sotto il titolo “Scuola in chiaro”. Tutto ciò al fine di consentire alle famiglie e agli studenti di scegliere la scuola più adeguata e consona ai loro bisogni ed aspettative.
La dirigente della scuola romana ha ingenuamente comunicato nel sito dell’Istituto la fotografia sociale del territorio in cui le differenze sociali sono reali, senza considerare che una Scuola della Repubblica Italiana scuola ha il compito di attivarsi per superarle offrendo a tutte e tutti gli allievi pari opportunità nell’offerta formativa.
La dirigente si è comportata, come purtroppo tanti dirigenti fanno, in maniera più realistica del re. Ma è anch’essa ingranaggio di un meccanismo perverso le cui radici risalgono alle numerose “riforme” che da trent’anni affliggono la scuola statale in Italia. In particolare la riforma dell’autonomia scolastica, che ha in Berlinguer (quello meno intelligente) il padre effettivo, le scuole sono state aziendalizzate e governate da un “Dirigente”, disposte in competizione tra loro e obbligate ad una serie di pseudo valutazioni esterne e interne (autovalutazione di Istituto, Rapporto di Autovalutazione, Piano di miglioramento, Bilancio sociale, Invalsi, ecc.) di natura burocratica e statistica per “controllarne” la qualità, ma soprattutto per consentire ai genitori di scegliere la scuola migliore per i loro figli.
Per questo le scuole ogni anno si baloccano in “Open Day” con lo scopo di convincere la potenziale utenza ad iscriversi a fronte do promesse di servizi e “offerte formative” innovative e aggiuntive. Chi ha partecipato a tali eventi, come genitore o come insegnante, ha potuto verificare che in tali occasioni non si spiega cosa si insegna, ma si illustra di come si insegna in maniera “innovativa”, dei viaggi di istruzione, dei laboratori, degli stage, dei servizi aggiuntivi per studenti e famiglie. E’ noto il caso di una scuola pugliese che ha promesso una crociera tra i genitori che iscriveranno i loro figli. Si tratta di puro marketing. In una tale logica una scuola che aumenta di iscrizioni risulta una buona scuola, ma se una scuola perde iscrizioni diventa una cattiva scuola. Dimenticando che nell’organizzazione e gestione degli organici e delle risorse la somma è sempre zero. Vige la logica della domanda e offerta di mercato in cui entrano a pieno titolo anche gli istituti privati. Il trionfo della teoria economica neoclassica e neoliberista.
Il risultato reale è che la scuola italiana è diventata sempre più classista. Si veda ad esempio la differenziazione sociale delle famiglie di provenienza tra licei, tecnici e professionali laddove questi ultimi sono considerati ormai parte residuale dell’istruzione superiore e aree di parcheggio per ragazzi in difficoltà (si veda la percentuale di migranti, bes, disabili, ecc.). Dentro gli istituti riservali ai ceti più elevati, che nella scuola dell’obbligo si distinguono in particolare per la composizione territoriale e sociale della residenza, ci possono essere inoltre sezioni più prestigiose e sezioni più inclusive e di manica larga. Un fatto che è sempre accaduto nella scuola gentiliana ma che doveva essere superato dalla scuola democratica della Repubblica.
Nella inutile montagna di carte e documenti da compilare per valutare le scuole rimane troppo spesso dimenticato il problema della diseguaglianza delle opportunità nasce fuori dalla scuola e viene ipocritamente eluso dalle fumose analisi di esperti che straparlano si “servizio scolastico”: dimenticando che la scuola deve essere una Istituzione della Repubblica e non un servizio a domanda individuale in competizione da aziende formative.
Il caso romano è solo un esempio chiarissimo del grado di degenerazione cui può precipitare la scuola di tutte e di tutti.
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La grande ipocrisia sostenuta dalla grande stupidità ultima modifica: 2020-01-19T04:40:34+01:00 da