La media del sei

Insegnare_logo1di Maurizio Muraglia, insegnare  23.1.2017

– Quel che lascia sgomenti è la retorica. La prosopopea. Si sono lette in questi giorni profezie di sventura per la scuola, dichiarazioni indignate, sarcasmi di ogni genere. Eserciti di giornalisti e intellettuali si stracciano le vesti e deplorano il decadimento dei costumi con tanto di riferimenti al “sei” politico sessantottino che “almeno quelli ne sapevano più dei professori” come ha scritto Flavia Perina su Linkiesta.

Essere ammessi alla maturità (anche l’utilizzo a sproposito di questa parola che da venti anni non esiste più negli ordinamenti è indizio eloquente di “indietro tutta”) con la media del sei: uno scandalo; i cultori del ti-metto-due schierati come falange macedone all’attacco; il plotone d’esecuzione del non-puoi-entrare-nella-mia-materia schierato per far fuoco su tutto l’inutile chiacchiericcio pedagogico a proposito di competenze trasversali; i testi di Morin all’Indice. La media del sei: che permette a chiunque di fregarsene del quattro in matematica perché basta avere un otto in quell’inutile e dannosa materia come l’educazione fisica per farla franca.
Si vorrebbe sempre incontrare e mettersi a braccetto con i vari Bartezzaghi (“La repubblica”, 18.01.2017) e Zecchi (“Il Giornale”, del 18.01.2017), che in classe non hanno mai messo piede e che hanno nella vita soltanto spiluccato pubblicazioni accademiche, per tentare di far loro balenare che cos’è l’apprendimento per un pischello dai 14 ai 19 anni. Sarebbe comunque impresa inutile perché la cultura pedagogica italiana, soprattutto quella implicita di cui sono portatori i nostri maître-a-penser, non può fare a meno di considerare religiosamente vero il Voto, solennemente dato dagli insegnanti italiani, demagogicamente sedotti da questo coro di proteste perché da esse sembrano trarre prestigio intellettuale e sociale. Piuttosto che il contrario, come a me pare.
Siamo ridotti a questo. Questa è la vera caduta in picchiata della scuola italiana, non la media del sei. La vera caduta è ritenere che la preparazione di un alunno possa essere raccontata da sequenze numeriche tipo cinque-sette-quattro-quattro-sei-sei-otto. Congratulazioni a tutti gli insegnanti ancora convinti che questa caricatura della valutazione sia capace di dire qualcosa di sensato a proposito di un alunno. Congratulazioni a tutti coloro che si stracciano oggi le vesti in nome della Cultura e dell’Educazione. Congratulazioni alla loro idea di Cultura ed Educazione, tutta basata sulla Liturgia del “due” in inglese e del “quattro” in matematica.
A tutti costoro suggeriamo la lettura di qualche opinione (nel caso di Cinzia Mion) un po’ meno mediatica ma un po’ più seria.

Non vale neppure la pena di provare a riallineare le cose restituendo alla valutazione degli apprendimenti di un alunno la sua dimensione formativa e globale, ovvero capace di restituirgli una certa idea complessiva (e per questo attendibile) di sé non frammentata in singole etichette numeriche. Non vale davvero la pena ovviamente di ragionare di sapere integrato, di capacità di vivere la cittadinanza non solo nelle singole discipline (condizione ineludibile, a scanso di equivoci), quanto soprattutto con l’insieme delle discipline. Questo invece vale, se proprio si vuol parlare di maturità (quella vera), globale, e non di mera sommatoria di voti. Tutto inutile. Ma le sale dei professori pullulano di indignati, di cui sarebbe interessante capire come maneggiano la valutazione, se così si può chiamare,  ma il discorso ci porterebbe troppo lontano. E l’abbiamo già fatto più volte.
Il legislatore purtroppo ci mette del suo, e propone: fare la media del sei con la condotta. Da urlo. Piuttosto che mandare in soffitta questo dispositivo arcaico che nessuno sa più a cosa si riferisca, gli si fa fare “insalata” con le discipline fornendo un implicito assist ai cultori delle stesse come fortilizio circondato dal filo spinato.
Il culto dei numeri e delle medie sta seppellendo la scuola, ma questo i signori intellettuali non lo dicono. In verità qualcuno come Umberto Galimberti lo dice, ma è poco ascoltato su quell’ultima pagina di “D, la Repubblica”. Purtroppo gli pseudocultori della Cultura e dell’Educazione fanno battaglie in nome di meccanismi e procedure, come le liturgie dei voti agli scrutini, che di educativo hanno ben poco. Di notarile invece tantissimo. Vorrebbero che un alunno col quattro in italiano venisse inchiodato alle sue responsabilità e ripetesse un anno intero. Non importa se poi si scopre che si chiama Albert Einstein e che il resto del consiglio di classe ha  un’opinione altissima di lui. Non importa se incidentalmente chi ha messo quattro in italiano si trova nel lavoro e nel posto sbagliati e non si è trovato modo di impedirgli di rovinare generazioni di alunni. Non importa! Deve ripetere, perché i signori intellettuali di questo Paese ritengono che per l’ammissione occorra avere il sei in tutte le materie e che la scuola seria e rigorosa sia questa.

Ma visto che ormai, ahimé, agli esami si accederà con la media del sei, prepariamoci ad assistere al definitivo dissolvimento della scuola italiana, che fin qui si era notoriamente piazzata ai più alti livelli mondiali di rendimento proprio in virtù dei sistemi valutativi perorati dall’intellighenzia italiana.

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La media del sei ultima modifica: 2017-01-29T04:41:39+01:00 da
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