di Massimo Gramellini, Il Corriere della sera, 31.3.2023.
In un famoso liceo milanese, il Berchet, sta succedendo qualcosa: dall’inizio dell’anno si sono già ritirati cinquantasei studenti e oltre trecento hanno dichiarato di soffrire d’ansia e di sentirsi vessati dagli insegnanti.
Il Berchet è un caso clamoroso, ma non isolato: segnalazioni simili giungono da decine di licei in tutta Italia. Non basta la clausura durante la pandemia a spiegare l’ipersensibilità delle nuove generazioni, né si può credere che i professori di oggi siano più esigenti di quelli di un tempo. A essere cambiata è la percezione della realtà da parte dei ragazzi.
Quando il prof di matematica, esasperato dal mio analfabetismo algebrico, strillava «Gramellini sei il numero primo dei cretini», io facevo spallucce: al limite ne parlavo con mio padre, che ovviamente dava ragione a lui e mi invitava a reagire «da uomo», studiando di più. Adesso a me verrebbe l’esaurimento nervoso e papà mi cambierebbe di scuola.
Ma nel 1978 non dovevo vedermela con i social che giudicano e commentano ogni singolo gesto e parola. La mia fragile autostima poteva rafforzarsi un po’ alla volta senza essere sottoposta agli stress-test che nell’era del telefono tascabile la bombardano da mattina a sera.
Non saprei come aiutare questi ragazzi a farsi una corazza più spessa, però sarebbe riduttivo derubricare le loro ansie a paturnie da viziati, sentenziando pomposamente: «Ai miei tempi…».
I nostri tempi non esistono più. Questi sono tempi nuovi, per i quali servono parole nuove.
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La scuola dell’ansia
ultima modifica:
2023-04-01T20:55:12+02:00
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