La scuola dell’Autonomia

dalla pagina FB di Alberto Sanarica, 31.10.2018




Derisi dagli alunni, umiliati dall’aggressività dei genitori, minacciati dall’autoritarismo dei dirigenti scolastici e dal dirigismo dei continui “governi del cambiamento”. La “funzione docente” è ormai una funzione di “sistema” nell’ottica dell’assistenzialismo di massa. Il corpo docente è, al contempo, vittima e carnefice del “cambiamento di genere”.

Accade nella scuola italiana, da anni.

I docenti, privati della loro funzione dalle continue leggi che regolano l’autonomia scolastica, sono ormai impotenti di fronte ad alunni sempre più oppositivi, fino alla esibita bestemmia; i genitori cercano la promozione facile, fino allo scontro verbale e fisico. Nelle classi-pollaio trenta alunni, in buona parte con certificazione “BES” (Bisogni Educativi Speciali), altri con vissuti personali difficili, irrequieti, difficilmente gestibili anche in presenza dell’insegnante di sostegno, poco specializzato sul singolo caso e spesso impegnato a trattenere l’alunno in preda ai disturbi della sua patologia, comprese le fughe dalle finestre e il lancio indiscriminato di oggetti. L’insegnante deve “formarsi” sulle nuove tecnologie, adattarsi ai cambiamenti epocali anche se le aule sono sprovviste della connessione internet e della strumentazione informatica. Si devono “formare” su ciò che viene scelto dal dirigente scolastico che si esprime nei collegi attraverso sondaggi, percentuali, calcoli aritmetici, algoritmi ancestrali, procedure di sistema. L’informatizzazione doveva semplificare la burocrazia scolastica, il “cartaceo” sarebbe scomparso, per legge. Invece occorre compilare registro elettronico e cartaceo. Il dirigente procede all’”autovalutazione” dei processi educativi posti in essere nel PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa), anche se tale procedura si rivelerà autoreferenziale, ma garantirà il suo successo personale, anche economico!

Il DS non è più dalla parte degli insegnanti, tranne nel caso del loro asservimento ideologico che equivale al sacrificio dell’espressione della libertà di pensiero e della libertà di insegnamento. L’insegnante, a sua volta, si accomoderà facilmente alle direttive imposte, per comodità convenienza prestigio: è la glorificazione dell’insegnante “zerbino”, della “signora dell’anello”, figure ricercate e premiate con il “bonus per il merito”, anche se non si decreta il successo della didattica, ma della quantità di funzioni “strumentali” che i dirigenti delegano agli insegnanti per distoglierli dalla loro missione soffocata nella burocrazia. Gli insegnamenti disciplinari sono sempre più sostituiti dai remunerativi “progetti PON”: dalla coltivazione dei funghi ai balletti etnografici alle gite “extramoenia”, gli alunni faranno “altro” sbandierando la nuova frontiera della “didattica per competenze” che esclude il logico preliminare delle “conoscenze”. L’importante non è la formazione integrale del “cittadino”, ma la creazione dell’anello mancante nella catena produttiva funzionale alle politiche neoliberiste. E poi i progetti, così ambiti dai dirigenti scolastici, distribuiscono denari tra le “figure di sistema” che il DS ha oculatamente scelto all’interno del suo staff: il prof coordinatore, il prof toutor, il DS medesimo e il DSGA. Ma bisogna anche “spingere” gli alunni a partecipare ai progetti, convincer le famiglie della loro “eccellenza” perché il prezzo da pagare è il sacrificio dello studio pomeridiano a favore del “credito scolastico” che ne consegue e che impatterà in maniera esponenziale nel punteggio dell’esame di Stato. Ovviamente si sacrificheranno anche le interrogazioni del giorno dopo! Un labor limae ministeriale che ha trasformato il “fumo” in “oro”. Nella “scuola-azienda” le competenze si acquisiscono “mentre si fa” attraverso l’”alternanza scuola-lavoro”. Agli istituti tecnici e professionali sono sottratte 400 ore di lezione, 200 ai licei. Negli ultimi anni sono state approvate leggi e direttive che non premiano le specializzazioni dei docenti o la qualità dello studio, ma la loro formazione. Adolfo Scotto di Luzio, professore di Storia della pedagogia all’Università di Bergamo, nel corso del convegno “Il ruolo dell’insegnante nella scuola della società liquida” sostiene che attualmente tutto quello che i docenti sanno, non vale nulla. La perdita di ruolo e di prestigio degli insegnanti va cercata in questo modo di comprendere la scuola. La Storia, la Filosofia non contano” e spesso si utilizzano docenti non preparati in modo adeguato: “la filosofia, ad esempio, può essere insegnata da laureati in scienze politiche o della comunicazione. E’ assurdo. L’alternanza scuola-lavoro è la monumentalizzazione di questa idea: quello che è importante si apprende fuori scuola, perché la pratica è più importante dello sviluppo intellettuale. Il compito della scuola, certo, non è insegnare la democrazia: il compito dell’insegnante è dotare l’individuo di strumenti intellettuali per diventare un buon democratico. In modo che il ragazzo possa costruirsi individualmente come stare nella sfera pubblica. E più ricca è la sua cultura – continua l’accademico- , più questi avrà la possibilità di decifrare il mondo. Invece l’amministrazione lavora all’opposto: perché il ministro dell’Istruzione, ad esempio, ha cancellato la Storia nell’esame di maturità?”. Secondo l’accademico, “più si impoverisce la partecipazione, più si crea consenso univoco. Oggi sono in azione forze ideologiche che premono verso gli italiani per convincerli che la scuola funziona meglio se prepara alla professione. Invece, dovrebbe orientare la coscienza dei giovani. “

Scotto di Luzio considera l’autonomia scolastica la principale causa che ha spaccato il sistema: “nessuno sa cosa accade nelle aule scolastiche (…) perché a Palermo si fanno cose completamente diverse rispetto a quelle che si fanno a Bergamo?” E ancora: per lo storico “ studiare è un processo semplice, si studia perché non si sa. E’ un ostacolo che produce quella che Gramsci chiamava la “noia dello studio”, perché il ragazzo sta affrontando qualcosa che non conosce. Quindi l’idea che la scuola debba essere accattivante è sbagliata, perché depotenzia la vita intellettuale che si vive nelle aule. L’dea che conoscere se stessi e studiare sono due cose diverse è sbagliata.” L’autorevolezza del professore italiano si potrà costruire solo se si partirà dalla revisione culturale della sua missione “in modo che si riparta finalmente dall’asimmetria: il docente dà ordini e l’adolescente apprende”, ha concluso il professore universitario.

Nella deriva autocratica della scuola dell’autonomia, ovviamente, nessun controllo dall’alto, perché dall’”alto” provengono le indicazioni. Di ispettori neppure l’ombra, se non dietro la chiamata dei dirigenti scolastici per punire l’insegnante “oppositivo”. Additato come “eretico”, il ribelle non si adegua alla deriva, scantona, si avvilisce. Viene quindi portato in tribunale dalle tesi “complottiste” del dirigente e delle famiglie con cui si relaziona, perché il voto non è “adeguato”, oppure “è troppo basso”, anche se il compito è stato consegnato “in bianco”! Non ci si può appellare neppure a quel “Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni “ previsto dalla legge n. 183/2010 all’art. 21 perche il DS non lo ha nominato e i controlli dall’alto latitano. Rimane poi l’amarezza di subire quotidianamente l’assenteismo, nonostante la presenza nell’istituto scolastico, di alcuni docenti, i loro ritardi sempre più frequenti, prolungati: fanno parte dell’”enturage” dirigenziale, sono protetti! Altrimenti a chi potrà delegare le “funzioni strumentali “della “scuola-azienda“ il dirigente scolastico?

L’alunno, prima di tutto. E’ il concetto-guida della scuola, il suo cardine epistemologico. Il numero degli alunni di una scuola fa la differenza, soprattutto in termini di benefici economici che premiano il merito! Bocciare un alunno? Meglio mortificare il docente responsabile di tutto: quali “buone pratiche” ha utilizzato nella sua didattica per recuperare l’irrecuperabile? In fondo, a cosa serve una bocciatura se gli alunni, attraverso la frequenza delle scuole private “parificate” hanno la promozione garantita? Migliore la soluzione di abbassare i livelli di apprendimento che hanno finito per confinare la scuola al ruolo di ente assistenzialistico. Meglio “ri-formare” i docenti sui nuovi approcci metodologici che insegnano a ottenere sempre meno dal discente obbligando alla frequenza di corsi di aggiornamento per la felicità dei formatori. Le nuove UDA ( Unità Didattiche di Apprendimento) saranno il frutto della ricerca di senso al non senso del proliferare di ingegnose, pirandelliane soluzioni didattiche: “prove esperte”, “prove trasversali”, tassonomie, percentuali, abilità, competenze, ecc. Per non parlare di “twittletteratura”, che trasforma in un “twitt” (140 caratteri al massimo!) l’intero romanzo dei “Promessi sposi”.

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