di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 14 aprile 2023.
Rivendicare una scuola della felicità e del diritto individuale al successo formativo significa accettare che la scuola non certifichi più nulla, che diventi un area di parcheggio del disagio giovanile per poi delegare ai mercati l’acquisto della futura forza lavoro che affideranno la crescita dei quadri dirigenziali a scuole d’elite, dedicate alla futura classe dirigente con forti connotati familistici.
Le ultime notizie sulla scuola pubblicizzate con grande enfasi dalla stampa nazionale e locale sembrano vertere sui problemi psicologici legati al disagio degli studenti. Si pensi al caso del Liceo Bruno di Mestre che “sperimentalmente” decide per alcune classi di abolire le valutazioni intermedie. Si pensi all’occupazione del Liceo Foscarini di Venezia dove gli studenti dichiarano: “Non ci sentiamo capiti, ascoltati, tutelati da questo modello di scuola che non pensa al nostro benessere psicologico”.
Questi sono solo due esempi della nuova frontiera legittimata da una certa pedagogia “innovativa” che prende slancio dal contrasto ideologico dalle parole improvvide e superficiali del Ministro Valditara sostenitore dell’ ”umiliazione” come leva per il miglioramento delle prestazioni scolastiche degli allievi.
Un fatto è chiaro. Le famiglie che dovrebbero essere la base dell’educazione dei figli sembrano in gran parte evaporate e implose. In un mondo in cui tutti cercano di scaricare su altri responsabilità che dovrebbero essere soggettive è semplice accusare la scuola, gli insegnanti di insensibilità e di incomprensione delle problematiche delle nuove generazioni.
Del resto è da attribuire in primis alla riforma Berlinguer di aver introdotto il concetto di diritto al successo formativo colpevolizzando così gli insegnanti e la scuola nel mancato raggiungimento di tale obiettivo che, lungi da essere uno scopo di natura collettiva e sociale in relazione alle capacità e ai meriti degli studenti, è diventato diritto soggettivo individuale. Da qui le spinte per lo studio e i piani di studio individualizzati.
L’insegnante si trasforma in questo contesto in sarto che deve progettare abiti culturali su misura dei desiderata e dei bisogni degli studenti.
Se il diritto al successo formativo poi non basta (o ha raggiunto risultati miserevoli), bisogna allora rivendicare il diritto alla felicità, sempre a carico della scuola e degli insegnanti. Il povero insegnante si deve trasformare in operatore sociale fluido che deve inseguire le prestazioni potenziali degli allievi di solito abbassando i livelli delle conoscenze in nome al totem astratto delle competenze.
Il paradosso è che lo stesso sta accadendo per il reclutamento dei docenti che vede sempre di più un abbassamento della preparazione tecnico-disciplinare dei docenti in nome della scientificità presunta dei metodi di studio e della creazione di nuovi ambienti di apprendimento.
I parametri del successo dei sistemi scolastici europei e occidentali rimangono ancorati su valutazioni quantitative in termini di numero di diplomati, laureati, lotta alla dispersione scolastica, ecc.
La soluzione più semplice è allora rimuovere gli ostacoli per il loro raggiungimento favorendo il successo formativo anche a prescindere dalle reali capacità.
L’altra soluzione proposto da una parte della destra liberista è quella di abolire il valore legale del titolo di studio e di sostituirlo con portfoli personalizzati spendibili nel mondo del lavoro dove la selezione , quella vera, viene fatta dalle imprese e dal mercato del lavoro globale.
Sarebbe la fine della Scuola della Repubblica con uno stravolgimento interpretativo dei dettami costituzionali.
Collodi immaginava nel Paese dei Balocchi bambini trasformati in ciuchi da vendere poi al migliore offerente. L’analogia, pur forte, con la scuola attuale è imbarazzante. Rivendicare una scuola della felicità e del diritto individuale al successo formativo significa accettare che la scuola non certifichi più nulla, che diventi un area di parcheggio del disagio giovanile per poi delegare ai mercati l’acquisto della futura forza lavoro che affideranno la crescita dei quadri dirigenziali a scuole d’élite, dedicate alla futura classe dirigente con forti connotati familistici.
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La scuola sta diventando il paese dei balocchi? ultima modifica: 2023-04-14T05:56:26+02:00 da