dal blog di Gianfranco Scialpi, 15.12.2024.
La società dell’ignoranza. Solo problemi. Esiste però la soluzione ma è impegnativa.
La società dell’ignoranza. Ne derivano solo problemi
La società dell’ignoranza. Anticamente il non sapere rimandava alla dimensione creaturale. Si era consapevoli che fuori dal nostro perimetro di conoscenze, esisteva un’area difficilmente quantificabile di cose ignote. Fu Socrate a tematizzare l’ignoranza (“So di non sapere“), intesa però come un punto di partenza per progredire nella conoscenza della Verità che è dentro di noi. Del resto la filosofia è nata come meraviglia, stupore e consapevolezza del non conoscibile (Aristotele). Con l’avvento della filosofia moderna e il supposto convincimento che la nostra mente assomigli a un calcolatore (Leibnitz) l’inconoscibile è divenuto inaccessibile per i limiti del nostro intelletto.
Il muro del Noumeno (la realtà non rappresentabile), però non è stato di impedimento alla ricerca. Le neuroscienze con le loro teorie sulla coscienza che ha sostituito l’idea di anima, e sulla mente nei rapporti con la realtà costituiscono un esempio di questo tentativo di ridurre l’area dell’inconoscibile. Anche la filosofia contemporanea (non quella inglese) vanta degli esempi. Un interessante, ma poco conosciuto lavoro di R. Manzotti (La mente allargata 2019) costituisce un tentativo di ridefinire l’azione della mente. Dio è il Totalmente altro che sfugge ai canoni della nostra razionalità (K. Jaspers parlava di Essere). La sua ricerca impegna tutta la persona (L’in-sé, il per-sè e il per-gli-altri)
Ovviamente tutto questo comporta letture, riflessioni e soprattutto una mente aperta. Il suddetto approccio oggi è relegato al mondo della scienza (non quella esibita in televisione ai tempi del Covid) e della filosofia. L’ignoranza socratica è stata sostituita da quella postmoderna infondatamente presuntuosa in quanto non riconosce i limiti.
Questa mattina A. Grasso dedica all’argomento la sua rubrica domenicale “Padiglione d’Italia” (L’ignoranza di quelli che sanno tutto) “L’ignoranza è una grande tragedia sociale che ci rende tutti prolissi: facile dare la colpa alle nuove tecnologie, ai social, più difficile parlare del fallimento della scuola, delle politiche governative, della crisi del pensiero”
Tanta l’inconsapevolezza dei problemi.
Quali gli effetti, spesso vissuti inconsapevolemente? Lo scivolamento verso l’opinionismo favorisce il pensiero breve e superficiale (slogan, dicharazioni vuorte…), la delega a pensare con la testa degli altri (pensiero eterodiretto), il significativo condizionamento delle emozioni (Il fascio delle emozioni di D. Hume) e del piacere (G. Lipovetsky, Piacere e colpire 2017). L’affermazione del coltellino svizzero (M. Spitzer 2017) declinato nell smartphone e l’ultima frontiera dell’AI hanno completano il basso profilo riflessivo della persona i cui effetti sono inevitabili sul linguaggio. V. Ardone (La Stampa 12 dicembre) ha efficamente inquadrato la nostra contemporaneità, individuando il problema nella cultura del semplice che ha sostituito quella complessa. L’ultimo Rapporto Censisconferma la situazione, quando delinea le competenze in uscita dei nostri ragazzi dal sistema formativo. Sul medesimo piano collochiamo anche il rapporto Ocse/Piacc .
La soluzione è nello tempo facile e difficile
Fin qui la pars destruens. Quella costuens rimanda all’impegno di riprendersi il pensiero riflessivo. Facile l’indicazione, difficile la sua attuazione che inizialmente comporterà sudore fatica se si vuole riprendere il rischio di andare oltre (Comunicato Censis 2024).
La modalità è indicata G. Carofiglio (il ragionamento riguarda la filosofia ma è trasversale)”:
Qualcuno si chiede per quale motivo si studi la filosofia, cioè una disciplina che in apparenza non ha alcuna utilità pratica. Ebbene la filosofia serve a non dare per scontato. Nulla. La filosofia è uno strumento per capire quello che ci sta attorno – per capire quello che ci sta dentro probabilmente è più efficace la letteratura –, ma capiamo davvero quello che ci sta attorno se non diamo per scontate le verità che qualcun altro ha pensato di allestire per noi. Fare filosofia – cioè pensare – significa imparare a fare e a farsi domande. Significa non avere paura delle idee nuove. Significa non fermarsi alle apparenze. Significa essere capaci di dire di no a chi vorrebbe imporci il suo modo di pensare e di vedere il mondo. Cioè a chi vorrebbe” pensare per noi” (Il bordo vertiginoso delle cose 2013).
.
.
.
.
.
.
.
La società dell’ignoranza. La via d’uscita esiste ma è impegnativa ultima modifica: 2024-12-16T05:56:36+01:00 da