Linee programmatiche del dicastero Fedeli. Tra i temi anche il concorso a DS e DSGA. Il testo con tutte le indicazioni

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Manuela Aragona,   Professionisti Scuola Network  28.1.2017

–  E’ stato pubblicato sul sito del Miur, l’audizione della ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca Valeria Fedeli sulle linee programmatiche del dicastero,che di seguito vi riportiamo, in cui si inizia a delineare il percorso di lavoro che seguirà nei prossimi mesi. Tra i temi affrontati anche Il futuro corso-concorso per dirigenti scolastici, di cui è prossimo il bando, e anche l’iter per il concorso per direttori dei servizi generali ed amministrativi che è in dirittura d’arrivo, avendo ben presente l’importanza della disponibilità di un DSGA titolare nelle scuole.

Presidenti, Senatrici e Senatori, Deputate e Deputati, l’audizione di oggi serve a delineare di lavoro dei prossimi mesi, che immagino come un susseguirsi di passaggi e scelte da realizzare con la massima condivisione possibile. Inizio col sottolineare quanto mi senta onorata e responsabilizzata nel trovarmi a guidare un Ministero così importante come il Miur, che non solo interessa la vita e le speranze di studentesse e studenti, di milioni di famiglie, ma riguarda direttamente il futuro di tutto il Paese. Scuola, università e ricerca sono strategiche per un Paese che competa nel mondo grazie al sapere e alle competenze, in modo inclusivo ed in un orizzonte di sviluppo sostenibile socialmente, economicamente e dal punto di vista ambientale. Se questo è il futuro che immaginiamo non possiamo che mettere al centro bambine e bambini, ragazze e ragazzi, studentesse e studenti, perché il sistema di istruzione, educativo e formativo è forte solo se riconosce di essere degli studenti e per gli studenti. Dobbiamo mettere al centro la loro crescita e lo dobbiamo fare riconoscendo il lavoro dei docenti, di ogni ordine e grado, e di tutto il personale dirigenziale e tecnico – amministrativo, che quella crescita accompagnano ogni giorno, motivandoli e valorizzandoli nell’esercizio dell’autonomia e della responsabilità del proprio ruolo professionale e riconoscendo loro un prestigio sociale che è dimenticato. Dobbiamo far sentire ad ogni studentessa e ad ogni studente che tutto il Paese, le sue Istituzioni e la società tutta, investono su di loro.

Perché lo studio e l’impegno sono certamente strumenti per la crescita personale, ma contribuiscono anche in modo determinante allo sviluppo di tutta la nostra comunità. Ecco perché quello sul sapere, sull’apprendimento e sulla formazione è un investimento sempre vincente, dal punto di vista economico e sociale, da quello personale e della società tutta. Dobbiamo allora puntare ad un sistema Paese che riconosca e coniughi qualità e accessibilità del sapere, competenze, efficienza, innovazione, equità, riconoscimento del merito, valutazione dell’operato. Per confrontarsi con i migliori standard internazionali e per valorizzare i nostri talenti, i nostri modelli, le nostre competenze. Il confronto, però, oggi, ci dice, prendendo due dati esemplificativi, che come spesa pubblica in percentuale sul PIL siamo dietro a molti Paesi europei e disallineati rispetto ai riferimenti internazionali. E se guardiamo alla remunerazione dei docenti (dati Eurydice, Commissione Europea, 2015-2016), nella scuola secondaria un insegnante italiano ad inizio carriera guadagna tra l’8% e il 103% in meno degli altri Paesi europei e tra il 25% e il 79% in meno rispetto allo stipendio massimo. Dobbiamo investire di più. Per i docenti, per il diritto allo studio, per gli spazi di formazione, per la ricerca e l’università. Gradualmente lo si sta facendo, ma servirebbe un cambio deciso di grandezze. È un impegno su cui vorrei che si riuscissero a creare alleanze e scelte trasversali, impegnandoci tutte e tutti, almeno su questo, ad un confronto fuori da pregiudiziali e mirato a concreti punti di condivisione. Il sistema educativo e formativo svolge una decisiva funzione sociale, di servizio e di empowerment della comunità, funzione purtroppo non sempre riconosciuta nella società e nel dibattito pubblico. Riconoscere il ruolo culturale e sociale del sistema formativo significa investire sulla scuola, continuando il percorso di riforma, di innovazione e di autonomia. Significa anche immaginare un’università più aperta e di qualità. Significa riconoscere quanto la ricerca sia decisiva per la nostra competitività, per permetterci di giocare un ruolo importante negli equilibri instabili di una società globale e in perenne cambiamento. I tempi che viviamo rendono la conoscenza, il sapere, la formazione, la capacità di pensiero critico decisive, per chiunque, per qualunque lavoro e professione, per ogni possibile percorso di vita. Dobbiamo allora rimuovere con decisione tutti gli ostacoli che impediscono l’accesso – vero e di qualità – ai percorsi formativi. Dobbiamo contrastare con interventi sempre più coordinati ed efficaci, anche tra i diversi attori istituzionali, la dispersione scolastica, combattere la povertà educativa, impegnarci per superare i divari territoriali, sociali e di contesto anche grazie al diritto allo studio reale, per tutte e tutti, fino alla formazione universitaria, come previsto dall’Articolo 34 della nostra Carta Costituzionale. C’è poi un’altra dimensione strategica del sapere spesso tralasciata: la sua funzione formativa rispetto alla cittadinanza delle nuove generazioni, cittadinanza che, oggi, non possiamo che intendere e coltivare in una dimensione europea e globale. Su questo la nostra Costituzione e l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, lanciata dalle Nazioni Unite nel 2015, indicano orizzonti imprescindibili. Per quanto riguarda la Costituzione voglio qui soffermarmi solo sull’articolo 3 della Costituzione: se la Repubblica ha il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, non vedo come questo si possa fare senza coinvolgere il sistema educativo e formativo. La scuola, in particolare modo, è il primo luogo dove imparare che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Il sapere deve essere un fattore di uguaglianza e strumento di pari opportunità, mirando a formare una cittadinanza piena e consapevole. In questa ottica si inseriscono le azioni per la parità tra donne e uomini. Riprenderemo il lavoro fatto sulle linee guida per far crescere il rispetto tra donne e uomini, aprendo ad una nuova fase di ascolto, per arrivare ad un piano di lavoro concreto e largamente condiviso. Lavoreremo inoltre per eliminare quegli stereotipi che incidono sulle scelte di bambine e ragazze, ad esempio condizionando negativamente l’approccio con le materie Stem. E studieremo nuove misure che potranno essere adottate, anche attraverso il Piano Nazionale della Ricerca, per valorizzare lo sviluppo professionale delle nostre dottorande e ricercatrici, ad esempio attraverso meccanismi che rendano compatibile la progressione di carriera e la vita familiare. Lavoreremo, ancora, per rendere più equilibrati i programmi scolastici, dando attenzione alle tante donne, in ogni campo, che hanno avuto ruoli importanti e rappresentano eccellenze da valorizzare, conoscere e studiare. A partire da Grazia Deledda, per far studiare la sua figura e la sua straordinaria opera. E poi individuando altre figure grazie ad una consultazione nazionale. Accanto alla Costituzione, e pienamente in linea con essa, c’è poi l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi 17 obiettivi da realizzare, densi di valori e spunti cui siamo chiamati ad aderire in ogni azione. In particolare, l’obiettivo 4 dell’Agenda afferma la centralità di un’istruzione di qualità come base per migliorare la vita delle persone, ponendo quindi istruzione e formazione come chiave complessiva di crescita e di benessere personale e collettivo. Allo stesso modo, individua l’istruzione come strumento fondamentale per promuovere lo sviluppo sostenibile, tramite un’educazione attenta ad uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità tra donne e uomini, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile. Sono convinta che la maggiore forza che abbiamo a disposizione per produrre un cambiamento tangibile da qui al 2030 sia proprio nella formazione di quelle cittadine e quei cittadini che in quel momento saranno protagonisti della vita economica e sociale del Paese. I valori della Costituzione e gli obiettivi dell’Agenda 2030 rappresentano la cornice di lavoro per i prossimi mesi, e saranno ispirazione di ogni scelta che prenderemo. Lavorerò dentro le infrastrutture normative esistenti, per andare ad attuare, incrementare, equilibrare, migliorare e, se necessario e condiviso, innovare. Colgo qui l’occasione per ringraziare, in modo non formale e davvero sentito, sia Maria Chiara Carrozza che Stefania Giannini per il lavoro che hanno svolto, che ho sostenuto in Senato, e che mi trovo ora a proseguire. Ho deciso poi di dedicare un’attenzione specifica a due fattori trasversali di lettura e guida dei cambiamenti in corso, con l’obiettivo di unire riflessione approfondita, proposta e azione concreta.

Annuncerò nei prossimi giorni l’istituzione di una Commissione per disegnare un programma che consenta alle nuove generazioni di mettere la cultura dello sviluppo sostenibile al centro delle scelte individuali e collettive, proprio nella cornice fornita dall’Onu con Agenda 2030. La Commissione sarà presieduta da Enrico Giovannini e formata da esperti interni ed esterni al Ministero. Ho già descritto l’importanza dell’Agenda come chiave per orientare scelte e azioni, e credo serva lavorare per trasformare quegli obiettivi in elementi di formazione alla cittadinanza per tutte le ragazze e i ragazzi. Grazie invece alla collaborazione di Anna Maria Serafini, un secondo gruppo di lavoro affronterà il tema dell’adolescenza, per indagare quel momento delicato della vita di ragazze e ragazzi in cui le fragilità sono più esposte, con il rischio di vedere le potenzialità di giovanissime e giovanissimi non espresse e non valorizzate. Vogliamo produrre una riflessione operativa, che rimetta il tema al centro del dibattito del Paese e definisca i confini delle azioni che potremo mettere in atto. L’obiettivo è ricostruire – grazie ad un gruppo interdisciplinare e pluralista con diverse competenze interne ed esterne al Ministero – una riflessione su come sia possibile oggi esercitare la funzione educativa come responsabilità sociale nei confronti di ragazze e ragazzi. Ascoltando e dialogando con genitori, mondo della scuola e dell’Università, Istituzioni (a partire dalla Commissione bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza), associazionismo, mondi professionali, competenze nazionali e internazionali, lanceremo un’alleanza contro la povertà educativa, sociale, economica e relazionale. Per permettere ai nostri giovani di ritrovare fiducia nel sistema scolastico e formativo, nel Paese e in se stessi. Parlare con tutte e tutti coloro che vivono e rappresentano il mondo della scuola, dell’università e della ricerca è e sarà il cuore del mio metodo di lavoro. Ascolterò, mi confronterò, cercherò soluzioni il più possibile aperte e condivise.Per provare a risolvere con gradualità le diverse e complesse condizioni vissute come ingiustizia da parte di tante e tanti che credono di non vedere rispettati i propri diritti o di non veder supportato il proprio talento. E per completare, senza tradirne l’impianto – che ho votato in Senato – le riforme avviate,lavorando, come dicevo, per attuare, equilibrare, migliorare. Dobbiamo lavorare insieme a che si realizzi un clima nuovo, che credo possa portarci a ottenere risultati importanti e utili per la scuola e l’università italiana . Il Ministero sarà aperto, pronto ad ascoltare, dialogare, condividere. E mi aspetto di trovare in tutte e tutti gli interlocutori lo stesso atteggiamento. Non ci deve essere rigidità da parte di nessuno, ma spirito di collaborazione e confronto di merito. E non ci deve essere nessun fraintendimento e nessuna confusione di ruoli. Ascolto e dialogo servono a migliorare la qualità delle scelte, ma ciascuno deve essere consapevole del proprio ruolo e della propria responsabilità, e le scelte finali restano di competenza del Parlamento, del Governo e del Ministero, nel rispetto della autonomia educativa. Il dialogo sociale deve costantemente accompagnarsi con altri due principi: la trasparenza e la partecipazione. E sono due impegni che prendo.

  • Rendere facilmente accessibili tutte le informazioni (a partire dai bandi rivolti alle scuole fino agli open data).
  • Attivare strumenti e pratiche costanti di ascolto e consultazione sulle scelte, accessibili a ogni persona. Dando riscontro di ogni scelta e misurandone l’impatto. Avremo finestre di ascolto sempre aperte, per raccogliere segnali e contributi in maniera ordinata, con incontri diretti, spazi per il dialogo online, lavoro congiunto con mondi sociali specifici e con occasioni di co-progettazione. Il lavoro che c’è da fare per restituire a scuola, alta formazione e ricerca il ruolo strategico che serve per il futuro dell’Italia deve, poi, incrociare competenze di altri Ministeri e deve trovare una efficace collaborazione con il Parlamento.

Mi impegno ad ascoltare ed elaborare ogni idea e proposta, e vi chiedo di concederci uno spazio non di polemica e di scontro, ma di dialogo franco e serrato, un confronto tra proposte per provare a risolvere problemi. Evidentemente non chiedo a tutte e tutti, compresa l’opposizione, di sostenere le scelte finali se non condivise, ma di concedere a noi, e soprattutto alle nostre bambine e ai nostri bambini, alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, ai nostri giovani, uno spazio di confronto di merito, serio, responsabile, protetto dalla dialettica dello scontro e dalla polemica pregiudiziale. Le scelte sul sapere e sulla conoscenza dovrebbero unire tutto il Paese, tutte le competenze culturali, sociali e politiche, tutti i soggetti che vi operano. Allora faccio attraverso voi un appello a tutto il Parlamento affinché scelga di concedere uno spazio al sapere, alla scuola, alla formazione delle cittadine e dei cittadini di domani. Non diventi questo, anche questo, uno spazio di scontro e delegittimazione reciproca. Contenuti, linguaggi e modi che si adottano per discutere le differenti proposte possono e devono essere un buon esempio di “educazione” adulta e rispettosa, che diamo alle giovani generazioni. Prima di venire alla parte più tematica del mio intervento voglio dire qualcosa su ciò che sta succedendo per le scuole nelle aree colpite dal terremoto.

In questi mesi la task force del Miur ha lavorato in stretta collaborazione con la Protezione civile e sotto il coordinamento del Commissario Errani per intervenire con strutture provvisorie e per la programmazione della ricostruzione delle scuole danneggiate. Purtroppo è stato necessario riprogrammare tante volte il lavoro, visto che lo sciame sismico è ancora in corso, aggravato da condizioni meteorologiche straordinariamente difficili. Come ricordato dal Presidente Gentiloni ieri in Senato, la prossima settimana ci sarà un nuovo decreto, e le scuole continuano ad essere in cima ai pensieri di tutto il Governo. Come Ministero stiamo lavorando perché il completamento dell’anno scolastico sia garantito per tutte e tutti. Nel decreto sul terremoto che sarà approvato la prossima settimana in Consiglio dei Ministri sarà prevista una norma finalizzata proprio a questo, per evitare che con le regole attuali ragazze e ragazzi che sono stati impossibilitati ad andare a scuola rischino di perdere l’anno. Per questo si inserirà una norma che consente di derogare alla durata minima di 200 giorni di lezione perché l’anno scolastico sia valido e all’obbligo per gli studenti di frequentare per almeno tre quarti dell’orario annuale, per essere valutati ed ammessi agli esami. Abbiamo inoltre garantito una gestione diversificata delle iscrizioni, per dare più tempo a scuole e famiglie di quei territori di riorganizzarsi e scegliere modalità e sedi di frequenza per il prossimo anno. La Task force del Miur è inoltre stata e continuerà ad essere in costante contatto con Presidi, Rettori e Sindaci, oltre che con tante famiglie, per fornire loro ascolto e collaborazione per individuare soluzioni d’emergenza e strutturali. I disagi sono stati e sono tanti, e la responsabilità delle risposte è un dovere istituzionale, etico e umano per chiunque abbia ruoli pubblici, a partire da noi che facciamo parte del Governo. Dovremo dimostrare che l’Italia sa essere efficace nella gestione delle fasi emergenziali come nella ricostruzione e nel riportare una normalità infrastrutturale che garantisca per il futuro maggiore sicurezza. Lo dobbiamo alle bambine e ai bambini, alle ragazze e ai ragazzi, alle studentesse e agli studenti, alle famiglie che hanno visto disgregarsi le proprie certezze, materiali e sociali, e che dobbiamo sostenere nel faticoso ritrovare fiducia e speranze.

Vengo ora più in concreto alle azioni in corso, partendo dalla scuola. Su questo, da un lato, dobbiamo lavorare per “centrare” tempestivamente e nel migliore dei modi possibili tutti i passaggi necessari per iniziare, senza le difficoltà del passato, il prossimo anno scolastico. Ne è testimonianza l’intesa raggiunta a fine dicembre sulla mobilità del personale. Dall’altro lato serve poi lavorare, come dicevo, per portare a compimento il percorso di riforma e le azioni impostate in questa legislatura, superandone le criticità, ma mantenendone obiettivi e finalità. L’impegno centrale deve essere quello di superare i divari territoriali, sociali e di contesto anche grazie al diritto allo studio effettivo, per tutte e tutti. Su questo il Governo ha dato una prima importante risposta con la legge di bilancio per il 2017, che ha stanziato ingenti risorse per borse di studio che accompagnino gli studenti capaci e meritevoli sino al più alto grado di studi. Rimane fermo l’impegno a proseguire su questa strada. Nuovi, ulteriori passi li faremo con il decreto legislativo sul diritto allo studio, inviato da poco al vostro esame. Le studentesse e gli studenti trovano una risposta alla loro esigenza di una istruzione e formazione di qualità anche e soprattutto grazie al lavoro dei dirigenti e dei docenti nonché del personale amministrativo. Un milione di persone che quotidianamente ce la mettono tutta e profondono amore e cura per la loro attività. Per loro ci stiamo impegnando, come doveroso, affinché il loro ruolo recuperi quell’importanza e considerazione nella società che ingiustamente negli anni si è un po’ persa. Continuando con le azioni di reclutamento, per ridurre la condizione di precariato che caratterizza ancora tante e tanti. Stabilizzando nell’organico i posti che occupano da anni, grazie a 400 milioni stanziati nella legge di bilancio. E con un impegno a lavorare, in dialogo con i sindacati, perché il prossimo rinnovo contrattuale sia una vera occasione di valorizzazione per tutte e tutti, condividendo il valore della continuità didattica. Il futuro corso-concorso per dirigenti scolastici, di cui è prossimo il bando, oltre a dare un’occasione per una progressione di carriera a quei docenti che siano interessati ad un nuovo ruolo, consentirà di riportare alla normalità i carichi di lavoro dei colleghi già in servizio. Solo col concorso si potrà infatti risolvere l’annoso problema delle numerose reggenze. A breve partirà anche l’iter per il concorso per direttori dei servizi generali ed amministrativi. Lo Stato torna così ad investire in questo ruolo, avendo ben presente l’importanza della disponibilità di un DSGA titolare nelle scuole. Nel corso dei prossimi mesi e comunque in tempo utile per l’inizio dell’anno scolastico, terminerà anche il concorso bandito nel 2016 per 63.712 posti di docente. Anche in questo caso, si tratta di una misura di normalizzazione, che favorirà la continuità didattica grazie alla presenza di docenti titolari. In questa direzione va pure il consolidamento nell’organico di diritto di numerosi posti che da anni sono attivati stabilmente in quello di fatto. Ciò consentirà finalmente di coprirli con docenti di ruolo, a tutto vantaggio, nuovamente, della continuità didattica. Da tutte queste azioni ne uscirà migliorata anche la percezione nella società del ruolo del docente, oggi spesso mortificata da un precariato eccessivo, che si supera solo con le misure previste dalla legge n. 107 del 2015: il piano assunzionale straordinario e, ora, i concorsi, da bandire con regolarità. Inoltre, nell’ottica di garantire efficacia ed efficienza, è necessario ripartire dal sistema nazionale di valutazione, che costituisce uno strumento di forte impatto, se inquadrato in una visione di valutazione formativa per il miglioramento delle scuole e per la crescita professionale di dirigenti e docenti. A partire dall’anno 2014, prima con l’avvio del sistema di valutazione delle scuole, poi con la partenza della valutazione dei dirigenti scolastici, importanti passi avanti sono stati fatti; bisogna, ora, rafforzare non solo i modelli e gli strumenti, ma sviluppare ed approfondire il processo di condivisione che già è ampiamente avviato per la valutazione delle istituzioni scolastiche. Tocco ora alcune altre priorità d’azione, per poi soffermarmi sui decreti attuativi della Buona Scuola. Per quanto riguarda l’edilizia scolastica, ho trovato un lavoro di programmazione ben fatto e capace di ottimizzare al massimo le risorse disponibili. Gradualmente si sta lavorando a realizzare l’obiettivo di rendere le nostre scuole sicure, accessibili, vivibili e adatte ad una didattica innovativa. Abbiamo in atto diverse azioni. La programmazione nazionale, grazie ai Mutui BEI, ha già permesso di finanziare oltre 1000 interventi lo scorso anno. Occorre ora procedere al completamento della procedura di finanziamento per aggiornare la programmazione con ulteriori interventi. L’adeguamento, poi, degli edifici alla normativa antisismica: gli eventi sismici hanno, da un lato, mostrato la fragilità di alcune strutture, dall’altro hanno però evidenziato che, se si interviene adeguando le strutture alla normativa antisismica, i danni risultano fortemente ridimensionati. È una sfida di ampio respiro, che si intreccia a quella più generale di messa in sicurezza di tutto il territorio. Una sfida che richiede risorse importanti, per la quale esiste già una programmazione che ci consentirà, una volta ottenute le risorse necessarie, di adeguare nel giro di due anni tutte le strutture scolastiche ricadenti nelle zone di rischio sismico 1 e 2. Servono, poi, risorse per dare seguito – con gli interventi che sono risultati necessari – alle indagini diagnostiche svolte sugli edifici scolastici per prevenire il crollo dei solai. Un tema, quello della sicurezza, che non può vederci distratti, perché nelle nostre scuole vive e lavora un pezzo fondamentale del futuro del Paese. Abbiamo poi in corso il programma Scuole innovative: grazie a un investimento di risorse dell’INAIL e di risorse MIUR, è stata avviata la procedura per la progettazione e la realizzazione di nuove scuole, innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico e tecnologico.

Nel 2016 è partito un apposito concorso di idee, rivolto prevalentemente a ingegneri e architetti italiani e stranieri.

Nel 2017, dopo la chiusura della procedura di valutazione, partiranno i lavori. Altra priorità è quella dicontinuare a investire nel processo di innovazione culturale, organizzativa e istituzionale delle scuole. Creare sviluppo e innovazione, offrendo alle scuole gli strumenti che servono per essere protagoniste sul fronte della globalizzazione: conoscenze, competenze, attitudini e visioni del mondo. Non basta più l’idea di una scuola solo trasmissiva dei saperi, ma occorre realizzare concretamente quella scuola aperta e inclusiva in una società in continua trasformazione. Il Piano Nazionale Scuola Digitale ne è un esempio. Accompagna e sostiene la capacità delle scuole e dei docenti di sviluppare una didattica innovativa, coinvolgente, motivante e adeguata ai tempi che cambiano, valorizzando il digitale come agente attivo di cambiamenti sociali ed economici su larghissima scala. Nel 2017, il Piano sarà dedicato alle competenze digitali degli studenti, per superare i divari e le arretratezze della società, lavorando anche sul pensiero logico e computazionale, che diventerà strutturale in ogni scuola del primo ciclo, per ribadire il concetto che i nostri studenti non possono limitarsi più ad essere consumatori passivi di tecnologia, ma devono diventare consumatori critici e, possibilmente, creatori. Altra innovazione importante, da portare a compimento, è il Piano per la formazione dei docenti, che concretizza quella Formazione permanente, strutturale e obbligatoria per ogni docente prevista dalla Legge 107 come precondizione essenziale per un sistema educativo moderno, in cui la valorizzazione e la crescita professionale del personale scolastico sono dimensioni fondanti. Nel 2017 dovremo iniziare a dare piena attuazione al Piano. Come all’analogo piano che riguarda il personale ATA. Entrambe le misure rappresentano un impegno finanziario di dimensioni nuove e significative, mai raggiunte prima. Ancora, il PON Istruzione 2014-2020. L’Avviso Quadro sarà presentato la prossima settimana e fornirà le linee guida alle scuole, seguiranno poi i 10 avvisi specifici. Entro l’inizio del prossimo anno scolastico le scuole potranno avviare i progetti. L’intervento segna una continuità tra la Costituzione italiana, i suoi valori e i suoi precetti, la legislazione e le azioni nazionali, la programmazione europea e le strategie globali per un nuovo orizzonte di sviluppo, facendo esplicito riferimento all’Agenda 2030, che ne rappresenta la cornice di riferimento. Gli interventi riguarderanno la disuguaglianza formativa e di opportunità, con un forte investimento sulle competenze di base; la lotta alla dispersione scolastica e alla povertà educativa; l’inclusione e la lotta alle disuguaglianze e alle discriminazioni. Saranno destinate risorse importanti per un più efficace passaggio tra scuola e lavoro, attraverso esperienze di orientamento, alternanza e imprenditorialità, per dare maggiori opportunità e contribuire allo sviluppo della nostra società. Un’attenzione particolare è dedicata, inoltre, ad affrontare in modo sistematico gli aspetti multidimensionali della cittadinanza europea e globale; della conoscenza e dell’accessibilità del patrimonio culturale; dell’integrazione e della coesistenza sociale, con particolare riferimento al tema dei migranti. C’è poi l’alternanza scuola-lavoro, che ritengo decisiva per avvicinare e innovare i percorsi formativi e professionali e offrire opportunità e occasioni qualificanti di didattica ai nostri ragazzi. Una delle novità più importanti della Legge 107 è stata la trasformazione dell’alternanza da sperimentazione a pratica strutturale di didattica. Con l’anno prossimo, quando il sistema sarà andato a regime, il numero di ragazze e ragazzi coinvolti sarà di 1,5 milioni.

È evidente che non è un percorso semplice e che in alcuni casi siano emerse delle criticità ma è altrettanto evidente che l’alternanza si può e deve fare. Il Registro Nazionale dell’Alternanza Scuola-Lavoro, il sito dedicato, la cabina di regia Miur-Ministero del Lavoro: gli strumenti ci sono, vanno messi a regime, dobbiamo monitorare le evoluzioni, intervenire dove sono presenti criticità, per superarle. Credo, ad esempio, che si debba rapidamente approvare la Carta dei Diritti e dei Doveri degli Studenti in Alternanza, per assicurare ambienti di apprendimento favorevoli alla crescita della persona e che assicurino i pieni diritti alle ragazze e ai ragazzi e garantire un sistema di monitoraggio della qualità dei percorsi di alternanza. Vengo ora ai decreti attuativi delle deleghe che rappresentano una parte qualificante della legge 107. Con l’approvazione in Consiglio dei Ministri il 14 gennaio scorso, abbiamo scelto di salvaguardare le deleghe, la loro attuazione e il lavoro fatto finora avviandone l’iter di approvazione prima della loro scadenza prevista il 16 gennaio. È iniziato un percorso che ci vedrà collaborare con le Commissioni parlamentari – assicurando una forte partecipazione e presenza del Ministero – per ascoltare in audizione tutti i soggetti coinvolti. Dirigenti scolastici, insegnanti, personale amministrativo, sindacati, studenti, famiglie, associazioni, stakeholder, in modo che i testi finali siano frutto della massima condivisione possibile. Ho la responsabilità di guidare il Ministero nell’ultima fase di attuazione di un lungo percorso di riforma, nel momento in cui sono in discussione e in attuazione le parti più innovative e qualificanti della Legge 107.

Guardando alle singole deleghe, senza entrare nel dettaglio di testi che conoscete, voglio ribadire allora le ragioni innovatrici di ciascuna di esse, per come si presentano al percorso di confronto che potrà vedere protagoniste del cambiamento tutte le componenti del mondo della scuola.

  • Formazione iniziale e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado

Si conserva il concorso, subito dopo la laurea, che permetterà di accedere ad un percorso di formazione di tre anni, due dei quali anche a scuola, che si concluderà con l’assunzione certa a tempo indeterminato. Si supera così una situazione che ha prodotto molte incertezze e molto precariato. È un modo, chiaro, di dire che si vuole investire sugli insegnanti, sulla loro professionalità e sulla loro formazione, che non è più un costo a loro carico ma anzi un periodo di formazione nell’interesse della comunità, e quindi con un compenso.

  • Inclusione scolastica

Semplificazione e snellimento delle pratiche burocratiche, maggiore continuità didattica e formazione del personale docente e della comunità scolastica, costruzione di un progetto individuale dedicato. Dopo anni, finalmente, si discute la riforma del sostegno e si mettono al centro le esigenze di bambine e bambini, ragazze e ragazzi. Il livello di sostegno sarà determinato tenuto conto della gravità della disabilità, come oggi, ma si cercherà anche di determinare in senso più ampio i bisogni, con una presa in carico più forte di ciascuna e ciascuno.

  • Revisione dei percorsi dell’Istruzione professionale

Il decreto mette ordine in un ambito frammentato e punta a ridare dignità, forza e organicità a questi percorsi formativi, rafforzando al contempo l’autonomia scolastica. Stiamo costruendo, in questo modo, il sistema duale all’italiana. Un percorso coerente ed organico, con un maggiore raccordo con la formazione post secondaria e terziaria, non solo universitaria.

  • Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni

Per la prima volta si parla di un Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni, per garantire “ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”. Significa puntare a diffondere i servizi educativi su tutto il territorio, cambiarne l’approccio e migliorare la qualità. Obiettivi per un cambiamento epocale, che merita un grande dibattito.

  • Diritto allo studioUn diritto oggi esercitato con difficoltà e differenze tra territori. Quando invece ogni diritto deve essere per tutte e tutti. Un nuovo modello di governance, Conferenza Nazionale, una maggiore partecipazione degli studenti, la promozione di un sistema di welfare fondato su livelli di prestazioni nazionali, misure su libri di testo, tasse scolastiche, trasporti, il potenziamento della carta dello studente: anche in questo caso il decreto presenta una piano di riforma ampio e incisivo, che permette finalmente di rispondere a tante aspettative e di far crescere l’esperienza reale di quel diritto.
  • Promozione e diffusione della Cultura umanistica Bellezza, arti, patrimonio culturale, qualità delle nostre produzioni: se questi sono fattori strategici per la nostra identità e il nostro futuro – e io sono convinta che lo siano – credo sia profondamente giusto che la scuola dedichi loro uno spazio importante, in termini sia di conoscenza, che di più complessiva esperienza e formazione personale.
  • Scuole italiane all’esteroNon devono essere un’esperienza sconnessa dal resto del sistema scolastico, ma una componente di esso, per formare cittadine e cittadini italiani anche all’estero e promuovendo il nostro patrimonio culturale. Ecco perché anche questo decreto è importante e indica il segno dell’ampiezza della riforma.
  • ValutazioneAnche qui non entro nel dettaglio dei cambiamenti, che conoscete. Studiando la documentazione, fin dalle prime ore di lavoro al Miur e poi fino all’approvazione in Consiglio dei Ministri, mi sono convinta di una cosa: l’esame di maturità non sarà più facile. Certo, si sono ridotte a due le prove, ma la seconda potrà essere multidisciplinare. L’esame sarà così più semplice nelle modalità, ma questo non vuol dire più facile. Non so dire se sarà più difficile, e non mi interessa. Non è questo il punto. Quello che mi pare importante è che il processo di valutazione cambierà nell’approccio. Dando maggior peso al percorso dell’ultimo triennio e stimolando gli insegnanti ad esprimere una valutazione complessiva su ciascuna alunna e ciascun alunno, valutando in modo non meccanico la media di voto, si punta a verificare effettivamente il livello di acquisizione di conoscenze e competenze di ragazze e ragazzi. Dire che una sola insufficienza non è motivo per non essere ammessi all’esame è allora un modo di osservare e valutare meglio, in modo più attento e approfondito. Insomma, questo decreto – come tutto l’impianto della Legge 107 e dell’azione che vogliamo perseguire – procede nella direzione di una trasformazione della scuola che integri apprendimento e formazione di competenze, che è il grande obiettivo di innovazione che dobbiamo perseguire.

Spero davvero che si apra un grande dibattito, con le Audizioni in Parlamento e nel Paese. Perché è un obiettivo che riguarda tutte e tutti.

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