L’Italia non ha soldi per l’Istruzione, ma per chi invecchia li trova e spende più di tutti

di Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola, 27.2.2020

– Sono ancora negative le notizie sulla spesa che l’Italia affronta ogni anno per l’Istruzione: lo confermano i dati Eurostat relativi al 2018, pubblicati a Buxelles giovedì 27 febbraio.  Ma se mancano i soldi per i giovani, lo stesso non si può dire per i loro nonni: alla popolazione che invecchia vengono infatti assegnata una quantità di risorse decisamente alta.

Il rapporto Eurostat sulla spesa sociale

Il rapporto annuale dell’Istituto europeo di statistica dice che l’Italia risulta il primo Paese in Europa per la spesa sociale dedicata alle pensioni di reversibilità (destinate al coniuge, quindi con taglio dell’assegno originario del 40%) e il secondo per la spesa indirizzata agli anziani: alle pensioni di reversibilità è andato il 5,4% della spesa sociale complessiva, mentre agli anziani il 27,5%, seconda solo alla Grecia (28,1%).

La spesa per questi due “capitoli” sociali è ben oltre la media Ue a 27, la quale spende il 3,3% per la reversibilità e il 22% per gli anziani.

Per l’Istruzione solo l’8,2%, contro una media Ue del 9,9%.

Se la spesa per chi invecchia è altissima, il nostro Paese rimane desolatamene ultimo nell’area Ue per la quella a sostegno dell’istruzione: i finanziamenti profusi nel 2018, si sono infatti fermati all’8,2%, contro una media Ue del 9,9%.

A spendere molto più dell’Italia per la formazione dei suoi cittadini è la Svezia, poi la Danimarca, il Belgio e l’Estonia.

Il precedente rapporto di Eurostat

Pochi mesi fa, sempre Eurostat aveva rilevato gli investimenti dell’Italia rispetto al Prodotto interno lordo: nell’istruzione, aveva detto da Bruxelles, l’investimento in riferimento al Pil è di appena il 3,8%. E la percentuale è quella che fa risultare il gap maggiore rispetto agli altri Paesi moderni del vecchio Continente, la cui media è del 4,6% rispetto al Pil.

A pesare negativamente è soprattutto la formazione post-diploma. Se la quota di Pil investita dall’Italia nell’istruzione primaria e secondaria è infatti quasi in linea con la media Ue, la spesa per l’istruzione terziaria è la più bassa dell’Ue: solamente lo 0,3% del Pil nel 2017 (contro lo 0,7% dell’Unione europea).

Bassa considerazione per i docenti

Inoltre, non si può non sottolineare che la bassa propensione del nostro Paese a spendere per l’Istruzione dei suoi cittadini, si riflette anche sugli stipendi dei docenti e Ata, anche questi tra i più bassi nell’area Ue, dopo i Paesi dell’Est e la Grecia.

Un altro dato su cui riflettere è anche quello sull’età degli insegnanti: secondo la Commissione Ue, nel 2017 oltre la metà (58%) dei docenti della scuola primaria e secondaria aveva più di 50 anni (contro il 37% nell’Ue) e il 17% superava i 60 anni (contro il 9% nell’Ue).

La percentuale dei docenti prossimi alla pensione è dunque “elevata” e “nei prossimi 15 anni una media di 3,8% docenti all’anno potrebbero ritirarsi”, ha scritto Bruxelles nel rapporto nazionale.

Pochi soldi anche per famiglie e case popolari

Tornando alle stime fornite da Eurostat sull’anno 2018, altrettanto deludente è la spesa sociale che il Bel Paese realizza a favore delle famiglie: è pari ad appena il 2,1% della spesa sociale totale, la più bassa dopo la Grecia (1,8%).

Male anche gli investimenti che l’Italia realizza per le case popolari e per i servizi dedicati specificatamente alla comunità: in questo caso, la spesa è appena dell’1%, secondo solo alla Grecia, dove si investe un misero 0,4% della spesa sociale.

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