S. La Porta, La Tecnica della Scuola 8.11.2014
La chiamano la diciannovesima ora. Si tratta dell’ora di ricevimento settimanale dei genitori, oggetto di un’antica querelle tra coloro che la ritengono obbligatoria e chi, invece, più saggiamente, no.
Vero è che, se i genitori hanno il dovere sacrosanto di mantenere, istruire ed educare i figli, i docenti hanno l’obbligo di dare un’adeguata informazione alle famiglie sul loro andamento scolastico.
Ma da nessuna parte c’è scritto che il docente debba fare un’ora di lavoro in più rispetto alle norme contrattuali, che ne prevedono 18. Basta ragionare così: se il docente insegna su tre scuole, le sue ore dovrebbero diventare 21?!
Allora come si configura il ricevimento dei genitori durante le ore antimeridiane? Esso rientra sicuramente nell’ambito dei rapporti individuali con le famiglie (art. 29/2 del CCNL/2007).
Il comma 4 dell’art. 29 prescrive: “Per assicurare un rapporto efficace con le famiglie e gli studenti, in relazione alle diverse modalità organizzative del servizio, il consiglio d’istituto sulla base delle proposte del collegio docenti definisce le modalità e i criteri per lo svolgimento dei rapporti con le famiglie e gli studenti, assicurando la concreta accessibilità al servizio, pur compatibilmente con le esigenze di funzionamento dell’istituto e prevedendo idonei strumenti di comunicazione tra istituto e famiglie”.
Per molti dirigenti, però, l’unico modo per creare idonei strumenti di comunicazione tra istituto e famiglie è costringere i docenti a rimanere un’ora in più a scuola, ogni settimana, anche se nessun genitore manifesta la volontà di avere un colloquio privato con loro. In sintesi rimanere a scuola un’ora in più ogni settimana.
Niente di più sbagliato. Questa prassi, ricordiamocelo, è palesemente illegittima perché nel contratto della scuola non è previsto l’istituto della reperibilità.
E, a questo punto, entra in gioco il buon senso. L’unica soluzione ragionevole appare dunque l’incontro previo appuntamento. Il docente non ha nessun obbligo di rimanere a scuola in attesa di chissà chi. Il genitore deve manifestare, tramite il proprio figlio, la necessità di parlare con l’insegnante, che lo attenderà opportunamente.
Qualche tempo fa un preside che aveva fatto approvare dal collegio dei docenti una deliberazione affinché si ritornasse al vecchio regime della 19esima ora settimanale obbligatoria e senza retribuzione, con o senza genitori, senza tenere conto delle pattuizioni contenute nel contratto di istituto è stato considerato responsabile per condotta antisindacale. Lo ha stabilito il Tribunale di Catania, che ha anche condannato il dirigente scolastico a pagare 1.950 euro di spese legali, più lva e contributi previdenziali per l’avvocato.
Chiamiamo perciò col suo giusto nome l’ora di ricevimento, la famosa diciannovesima ora: è un’ora di disponibilità, non obbligatoria. La fonte degli obblighi del docente è solo il contratto di lavoro, dove della diciannovesima ora non esiste nemmeno l’ombra.
Ricevano dunque i genitori gli insegnanti. Ma solo previo appuntamento. La presenza del docente è vincolata al preavviso del genitore. Allora sì che scatta l’obbligo. Oltre che la naturale buona educazione che impone di aspettare chi vuole parlare con noi.
L’ora di ricevimento non è obbligatoria per i docenti ultima modifica: 2014-11-09T06:49:40+01:00 da