Maturità 2022, la seconda prova serve come spauracchio per convincere i ragazzi a studiare

di Marco Ricucci, Il Corriere della sera, 1.2.2022.

Al di là della presunta oggettività di un format scritto che quest’anno sarà diverso da scuola a scuola, resta il fatto che senza la spada di Damocle della seconda prova i ragazzi tirerebbero i remi in barcaGilda Venezia

«L’importante non è quello che trovi alla fine di una corsa, l’importante è quello che provi mentre corri». Così continuava a dire ai suoi maturandi il prof. Antonio Martinelli, docente di italiano detto il Carogna ma dal cuore d’oro, interpretato dal compianto Giorgio Faletti, nel cult movie «Notte prima degli esami». Lo sanno bene i ragazzi che a giugno dovranno affrontare le due prove scritte e il colloquio di Maturità, come testimonianza che si ritorna, finalmente, alla normalità. La scuola «affettuosa» decantata dal Ministro Bianchi è ormai tutta in presenza, o quasi. Dopo due anni di esami solo orali, i maturandi tornano a confrontarsi col tema e con lo spauracchio della seconda prova, che però non avrà carattere nazionale ma localistico, per così dire: ogni Commissione, dando piena attuazione al principio di autonomia dell’istituzione scolastica, elaborerà la verifica «in conformità ai quadri di riferimento allegati al d.m. n. 769 del 2018, affinché detta prova sia aderente alle attività didattiche effettivamente svolte nel corso dell’anno scolastico sulle specifiche discipline di indirizzo». I docenti, sotto la supervisione di un Presidente, membro esterno, si metteranno al lavoro, per creare una prova scritta, quasi sartoriale, tagliata ad hoc per la classe, tenendo conto del percorso fatto durante gli ultimi tre anni di scuola, segnati dalla DAD e da altri acronimi.

Molti colleghi hanno – bisogna ammetterlo – tirato un sospiro di sollievo alla notizia diramata dal Ministero: la bozza dell’ordinanza che circola fa sperare che ci si dimentichi dell’esame light, qualcuno direbbe «farsa», che si è consumato negli ultimi due anni. Verba volant, scripta manent: le due prove preliminari potranno meglio accertare le competenze degli studenti alla fine del ciclo scolastico superiore, non tanto per la (presunta?) oggettività del format scritto, ma per il semplice fatto che esso costituisce una potente arma di convinzione di massa a continuare a studiare fino all’ultimo giorno della quinta superiore, con la spada di Damocle sul capo dei candidati: ammissione non scontata, promozione non assicurata, votazione meno indulgente.

L’ira di Achille è scoppiata, però. Comprensibilmente, il corpo studentesco si sta mobilitando per opporsi a questa ghigliottina docimologica: è pur vero che la DAD, improvvisata nel primo anno di pandemia, poi più strutturata nel secondo, non ha garantito, per così dire, un apprendimento come se la scuola fatta in presenza. Ma da qualche parte bisogna pur iniziare. La prima prova, il tema di italiano, pone all’attenzione dell’opinione pubblica l’emergenza non solo didattica-pedagogica, ma persino democratica del nostro Paese: l’abilità di scrivere un testo in lingua italiana corretto, coerente e coeso si sta perdendo. Prepararsi con simulazioni, come avveniva prima dello scoppio della pandemia, durante l’anno scolastico è la miglior maniera per sollecitare lo studente a cimentarsi con impegno nella produzione scritta, raffinando tecniche e stile. Ciò vale anche per la seconda prova: essa rappresenta una sorta di sigillo di garanzia che viene messo sul «prodotto» – mi si consenta l’infelice espressione aziendalistica -, ovvero sul risultato dell’apprendimento, fatto di conoscenze e competenze proprie dell’indirizzo frequentato. Se la valutazione del tema di italiano è più soggettiva, la seconda prova è oggettiva e più attendibile per la verifica/accertamento del livello a cui è approdato l’esaminando. La seconda prova, dunque, è necessaria, come la prima.

Marco Ricucci è professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano e docente a contratto presso l’Università degli Studi di Milano
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