di Valentina Santarpia, Il Corriere della Sera 1.8.2015.
In Puglia gli eccellenti sono 4 volte più che in veneto e Piemonte. Un paradosso:
nei test Invalsi di matematica e italiano gli studenti pugliesi erano sotto la media
La prof di Torino – La prof di Bari
Ma la verità – quella che raccontano i dati statistici – è che sono tutti gli studenti italiani ad alzare l’asticella delle prestazioni, a ben vedere: scende la percentuale di bocciati in tutto il ciclo delle superiori (dal 9,8% al 9%), aumenta quella di diplomati (99,4%), sono in crescita i maturati con un voto superiore al 70 (dal 59,6% al 62,2%), e anche i 100 sono di più, passando dal 4,5% al 4,9%.
Non è un fenomeno che riguarda solo il Sud, ovviamente: perché anzi le percentuali di crescita in termini relativi sono alte proprio nelle Regioni solitamente più parche di voti alti, come la Lombardia, dove su 61460 diplomati ci sono 234 100 e lode, il 49% in più rispetto all’anno scorso. O come il Veneto, dove su quasi 34 mila diplomati, come quelli della Puglia, quest’anno sono stati 194 i premiati dal voto più alto, mentre l’anno scorso furono 136 (+42%). Solo Abruzzo e Molise peggiorano le performance, con un numero di diplomati con lode che cala, anche se di poco (da 95 a 79 per l’Abruzzo e da 31 a 22 per il Molise).
Si attenua invece la forbice tra istituti superiori in base all’indirizzo di studio, anche se la percentuale di non promossi resta più alta nei professionali (15,2) e tecnici (11,2%) rispetto ai licei (4,8%). Ma gli studenti con giudizio sospeso, in media 1 su 4 (25%), sono comunque tanti anche nei licei, il 21,2%.
È alla Sardegna che spetta infine il podio della severità: vanta la percentuale di bocciati più alta d’Italia, sia alle medie (4,1%) che alle superiori (14,9%), è la regione dove meno studenti sono ammessi agli esami di Stato – 90,4%, rispetto al 95,6% del resto del Paese – ed è più alto anche il numero di studenti che – a dispetto dello splendido mare – saranno costretti a studiare durante le vacanze: il 30% è «rimandato» a settembre.
CHIARA FORNARO, DOCENTE A TORINO
«Al Nord siamo troppo rigidi. Serve il coraggio di dare 10»
Fa «autocritica», la professoressa Chiara Fornaro, 57 anni, vicepreside e docente di italiano, latino e greco al liceo classico D’Azeglio di Torino, dove hanno studiato, tra gli altri, Cesare Pavese e Norberto Bobbio. «C’è un po’ di difficoltà da parte degli insegnanti della mia età ad usare tutta la gamma dei voti, per cui anche di fronte a risultati eccellenti si tende a non sbilanciarsi: sa, anche io ho studiato qui e per me conquistare un otto era un traguardo. Altri tempi».
Sì, altri tempi, perché adesso la «reticenza» di certi professori del Nord fa sì che in Piemonte, ad esempio, ci siano quattro volte meno le lodi al diploma rispetto alla Puglia. Lo sa?
«Certo, e infatti anche nella nostra scuola stiamo cercando di evitarlo per non penalizzare gli allievi più brillanti. Quello che ci manca è una capacità di valutazione in un’ottica più globale: io stessa riconosco di essere troppo rigida».
Ma la griglia di valutazione aiuta?
«Sicuramente, è un grande aiuto, anche per lo studente, che può comprendere meglio perché ha ricevuto un voto piuttosto che un altro: ma lei capisce bene che un professore bravo può usarla a proprio piacimento. E basta assegnare un compito in classe più difficile, porre delle domande più complesse, per essere più severi della media.»
Ha dato qualche cento e lode?
«Certo, ma è sempre più difficile, perché sul voto influiscono i crediti. E basta che un ragazzo o una ragazza abbiano avuto anche solo un sette al terzo anno per pregiudicarselo. A quell’età è facile che accada, gli studenti non sono ancora maturi, con la piena consapevolezza: quindi non li si può giudicare neanche con troppo favore. Il sistema dei punteggi rende difficile assegnare il 100 e il 100 e lode alla maturità».
Scusi, e allora in Puglia come fanno, ci sono ragazzi più bravi?
«No, credo che anche qui gli studenti siano mediamente preparati: siamo in una scuola privilegiata, dove arrivano tutti con obiettivi precisi. A parte i pochi casi di chi ha proprio sbagliato indirizzo, tutti, anche i meno brillanti, sono motivati e molto preparati. E si sacrificano nello studio».
PATRIZIA GRIMA, INSEGNANTE A BARI
«Al Sud le lodi sono meritate. Qui si studia per il riscatto»
I voti più alti del Sud? «Non sono assolutamente da imputare alla generosità dei professori, è solo una questione di logica e di buon senso». È netta la professoressa Patrizia Grima, 25 anni di esperienza come docente di latino italiano e greco al liceo classico Orazio Flacco di Bari, fondato sotto lo Stato borbonico e famoso per la sua biblioteca. «I miei studenti mi considerano severa — ride —. Io i voti non li ho mai regalati, per mettere un 8 li faccio sudare, quest’anno ci sono stati tanti 9, ma neanche un dieci. Non so al Nord come si comportino, ma qui ci regoliamo così: e se poi qualcuno eccelle, lo gratifichiamo, mi sembra anche giusto, no? Tanto più che il Miur ci ha esplicitamente indicato di usare tutta la gamma dei voti, considerando che influiscono sul voto finale di maturità».
Tutta una questione di linee guida ministeriali dunque?
«No, ma quando individuiamo i ragazzi che potenzialmente possono raggiungere la lode, allora è normale che evitiamo che per un’inezia, per un punto, si precludano la strada della lode al diploma. Ma le assicuro che quelli che la prendono se la meritano davvero».
Secondo lei sono più preparati e motivati che al Nord?
«Guardi, forse hanno una maggiore propensione allo studio, soprattutto delle materie classiche. Al Nord il sistema industriale e produttivo offre ai ragazzi più chance, mentre al Sud ci sono meno possibilità, anche lavorative: e questo significa che lo studio ha assunto un valore più importante. Qui è l’unico mezzo di riscatto sociale, l’unico per poter emergere e trovare una collocazione nel mondo, per costruirsi una carriera. Qui al Sud la scuola è l’unico strumento per potersi distinguere. I ragazzi lo sanno bene: e lo usano.
Qual è il segreto per trovare il giusto mix?
«Essere intellettualmente onesti e avere gli occhi ben aperti. I ragazzi vanno guardati, capiti, sentiti: senza calpestare nessuno, senza chiudere la comunicazione, senza alimentare pettegolezzi, bisogna sentire tutto, non scandalizzarsi di nulla, ma continuare ad essere imparziali. Farli studiare duramente, senza vessarli: ma quando accendiamo un fuoco, non dobbiamo spegnerlo. E se dimostrano di aver studiato duro, vanno anche premiati. Non c’è niente di male».