Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola 3.11.2015.
Via libera, con riserve, dal Consiglio di Stato sullo schema di regolamento per la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento.
Per i giudici di Palazzo Spada, infatti, la riduzione delle classi di concorso avviata con la Legge 133 del 2008 (la cui ultima versione, già approvata in CdM, prevede una tabella A che passa da 116 a 81 classi concorsuali, con assorbimento della D, e una tabella B che da passa da 52 a 33) potrebbe comportare il rischio di “dequotazione della qualità del nostro sistema di formazione superiore, non più ancorata a uniformi percorsi di apprendimento, finalizzati a garantire la competenza dei docenti nella materia oggetto di insegnamento, destinata a ripercuotersi in senso negativo sulla complessiva offerta formativa del nostro sistema”.
Pertanto, il Consiglio di Stato riconosce la necessità del Miur di avere un chiarimento, “viste le mutate esigenze della società, del mondo del lavoro e del mondo della scuola e alla necessità di revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del nostro sistema scolastico”.
Inoltre, la nuova configurazione, sempre per il Consiglio di Stato, “non sembra adeguatamente garantire la salvaguardia delle posizioni e dei titoli acquisiti per effetto dei percorsi normativi sino ad ora in vigore, né di conseguenza le posizioni degli insegnanti attualmente inseriti nelle graduatorie”: in pratica, la proposta non contiene una soluzione per i tanti docenti che perderanno la titolarità a seguito dell’entrata a regime delle nuovo classi concorsuali.
La decisione del Miur è comunque comprensibile, perché deriva dalla necessità di poter effettuare un nuovo concorso per docenti (secondo quanto previsto dalla Legge Buona Scuola), che “non potrebbe essere bandito in base alle attuali classi di concorso, in quanto non sono adeguate agli ordinamenti della Riforma Gelmini e non contemplano alcuni insegnamenti istituiti con il Dpr 89 del 2010 (licei musicali e coreutici)”.
Ricordiamo che prima del ritorno della bozza di revisione in Consiglio dei ministri, il testo dovrà essere giudicato anche dalle commissioni parlamentari di competenza.
Dal Consiglio di Stato, inoltre, è arrivato il via libera sul prosieguo dell’iter del regolamento per il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari.
Il nulla osta di Palazzo Spada è giunto a seguito della richiesta di un parere trasmesso, il 16 settembre scorso, dal Miur sulle modifiche introdotte dalla Legge 114 del 2014, secondo le quali l’abilitazione scientifica ha una durata di 6 anni, con requisiti distinti per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia.
Ebbene, il Consiglio di Stato ha dato ragione al Miur, per l’ottenimento di un nuovo testo regolamentare, “completamente sostitutivo di quello vigente, anche nell’ottica della chiarezze e della maggiore conoscibilità delle norme”.
Per i giudici amministrativi è da valutare “l’opportunità, anche nell’ottica dell’economicità e della celerità dei tempi, della scelta di demandare a un successivo ulteriore decreto la fissazione, sulla base della proposta dell’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, ndr) e sentito comunque il Cun (Consiglio universitario nazionale), dei fondamentali valori-soglia che debbono essere raggiunti per conseguire l’abilitazione”.