Per salvare la scuola bisognerebbe pensare anche agli insegnanti precari

Gilda Venezia

di Ray Banhoff, L’Espresso,  18.4.2023.

Sono quasi 250 mila i docenti assunti con contratti a termine o speciali. In un momento in cui si accendono i riflettori sullo stress eccessivo per gli studenti, non si può dimenticare la loro vita d’inferno.

Si è parlato molto nei giorni scorsi di una scuola veneta in cui si sperimenta l’abolizione dei voti agli studenti durante il quadrimestre (non in pagella). Il motivo? Lo stress dei ragazzi, l’ansia del giudizio. Una parte di nostalgici dei vecchi tempi ha puntato il dito contro l’istituto e il caso si è fatto notare tra le mille notizie quotidiane per poi sparire dal radar dei dibattiti. Anzi, non c’è stato alcun dibattito, come ogni volta che in Italia si parla di scuola.

Luca Ricolfi scriveva parole illuminanti su la Repubblica, una settimana fa, riguardo al «binomio serenità+promozione». È lontana ormai la scuola delle bocciature, della Maturità che uno si sognava per tutta la vita. Adesso siamo più in un’era di scuola parcheggio per i figli di genitori che lavorano, dove le famiglie invadono continuamente il territorio e l’istituzione per non avere rogne le accontenta. Il risultato è una scuola meno competitiva, troppo spesso abbandonata prima della fine del percorso. Un noto influencer pubblicizza i suoi corsi di formazione su Instagram dicendo: «Sei laureato con 110 e lode? Sarai disoccupato. Inizia il trading online e fai i soldi veri». Il rapper Bello Figo in “Burger King” sintetizza ancora meglio: «Un sacco di laureati mi prendono l’ordine».

La società è cambiata, mentre la scuola stessa è ancorata a vecchie riforme, arenata in immensi programmi ministeriali e task da raggiungere. Perciò nessuno fa troppo caso alle sue figure chiave: gli insegnanti. Demotivati, sempre meno reperibili, hanno tutto il peso del compito sulle spalle e zero riconoscimenti. Loro sì che sono stressati.

Parliamo di quasi 250 mila docenti precari in Italia, in pratica uno su quattro: un numero imbarazzante. Essere precari non significa solo non avere possibilità di un progetto di vita, non poter nemmeno ricevere il finanziamento per comprarsi un’auto o firmare un contratto di affitto, significa soprattutto che alla fine della convocazione (per i più fortunati, il 30 giugno) si diventa disoccupati. In pratica si fa l’estate al verde (i famosi «due mesi di vacanze» per cui gli insegnanti vengono sempre presi in giro).

L’Inps concede la disoccupazione, ma la pratica è farraginosa e i soldi vengono erogati senza scadenze precise, sempre in quantità diverse, di solito dopo molte settimane. Il che rende impossibile programmare una vita normale. Per non parlare di quegli insegnanti assunti con contratti speciali che vedono a volte i loro stipendi pagati con mesi di ritardo. Alle gite l’insegnante partecipa gratuitamente, ma se chiede un giorno di permesso gli vengono tolti circa 70 euro dallo stipendio (che è comunque tra i più bassi in Europa nella categoria). Per usufruire delle ferie dovrebbe trovare un collega che lo sostituisca a titolo gratuito, a cui poi renderà il favore.

Per diventare insegnante delle scuole elementari, come è giusto che sia, esiste un percorso formativo dedicato con la facoltà universitaria di Scienze della Formazione primaria. Per insegnare nelle scuole superiori no. Chiunque sia in possesso di una laurea e di una serie di esami nelle varie discipline d’insegnamento può essere arruolato, pure per il delicato posto di sostegno. Non esistono veri corsi di formazione, solo un farlocco esame generico di discipline pedagogiche. Anche di questi temi si dovrebbe discutere. Anche queste condizioni sono stressanti.

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Per salvare la scuola bisognerebbe pensare anche agli insegnanti precari ultima modifica: 2023-04-19T06:21:05+02:00 da
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