di Lidia Catalano, La Stampa 26.4.2016
– La selezione è riservata a chi è già in possesso di una abilitazione. L’80 per cento dei candidati è donna: l’età media è di quasi 39 anni.
È la «guerra alla supplentite», per dirla con il premier Matteo Renzi. Tra i partecipanti, oltre otto su dieci sono donne e l’età media è di 38,6 anni. Si tratta in maggioranza di candidati in possesso del Tfa (Tirocinio formativo attivo) e del Pas (il percorso abilitante speciale riservato agli insegnanti con tre anni di esperienza). Insomma, chi arriva alla prova del 28 aprile ha già superato una selezione durissima, con dieci esami e discussione della tesi finale. «Tutta l’impostazione è improntata a premiare la meritocrazia», dice ancora il ministero.
Ma la strada del «Concorsone» è stata tutt’altro che agevole. I paletti di accesso imposti dalla Buona Scuola hanno fatto insorgere i non abilitati, che hanno presentato una pioggia di ricorsi al Tar e hanno fatto storcere il naso anche agli stessi abilitati: «Ci hanno già giudicati, cos’altro dobbiamo dimostrare?», è il commento più diffuso tra gli iscritti ai gruppi Facebook «No concorso». Il Miur ha dovuto fare i conti anche con una serie di intoppi burocratici, come la penuria di commissari o la polemica sulla pubblicazione tardiva del bando, prevista entro l’1 dicembre e slittata al 29 febbraio.
Ma l’aspetto che fa fibrillare di più i precari è il vincolo, imposto da una sentenza europea, che vieta di rinnovare i contratti a tempo oltre i 36 mesi. La prospettiva, per chi non dovesse superare il concorso, è di lavorare ancora tre anni da precario per poi dire addio all’insegnamento. Timori che il ministero prova a fugare: «La Buona Scuola ha stabilito il principio per cui si torna a bandire con regolarità: il prossimo concorso sarà tra tre anni». Ieri, il Comitato docenti precari ha chiesto al ministero di fare un passo indietro. «La procedura va avanti regolarmente», è la replica. Il 28 aprile la campanella per i precari della scuola suonerà.