Prof che formano prof. Quel progetto per le scuole del Sud che servirebbe anche al Nord

di Marco Ricucci, Il Corriere della sera, 8.11.2022.

Un incontro dell’Indire a Napoli e le riflessioni di un professore del Nord sul percorso di aggiornamento professionale previsto dal Piano per la riduzione dei divari territoriali. Perché non estendere un intervento tanto utile anche alle scuole difficili del Nord?

Gilda Venezia

Si è svolto, tra il 3 e il 4 novembre, a Napoli un incontro organizzato dall’Indire (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) che, come si legge sul sito, «è da quasi 100 anni il punto di riferimento per la ricerca educativa…accompagnando l’evoluzione del sistema scolastico italiano investendo in formazione e innovazione e sostenendo i processi di miglioramento della scuola». Di fronte al disfattismo, alla indignazione, alle geremiadi, alla denigrazione del pianeta scuola da parte di vari soggetti, l’incontro svoltosi presso l’Isis Casanova è un po’ un faro di luce perché era il seminario residenziale finale di un percorso articolato di formazione per tutors di docenti che, selezionati in base al curriculum culturale e professionale, andranno a loro volta a formare colleghi che insegnano in scuole in aree disagiate e con varie criticità certificate, nelle competenze di base ovvero in italiano, matematica e inglese dalla elementari alle superiori. L’ambizioso progetto, che si chiama «Progetto Divari territoriali – Piano d’intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione», è scientificamente fondato sulle evidenze di teoria e sperimentazione dei ricercatori Indire e finanziato dai fondi europei. E allora, non sarebbe un’azione «meritevole» estendere questa buona pratica a tutta Italia, visto che per ora è limitata alle scuole del Meridione?

Sarà forse una pura coincidenza: la nuova denominazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito è stata tanto strombazzata dalla stampa e dai siti specializzati, perché in essa si racchiude la missione e la vocazione di un Governo il cui baricentro vira decisamente a destra. Eppure, la nota citazione latina di Giustiniano, «Nomina sunt consequentia rerum» (i nomi sono conseguenti alle cose), che Dante fa nella Vita nova, dovrebbe essere di buon auspicio. Per innalzare i livelli di apprendimento degli studenti nelle competenze di base, occorre lavorare su più fronti, uno dei quali è l’aggiornamento dei docenti in servizio. Nel seminario napoletano, è emersa questa convinzione più viva che mai, poiché proprio nei contesti scolastici caratterizzati da criticità e disagio occorre che l’azione didattica del docente sia più efficace, grazie a una formazione più solida. Non dimentichiamoci che ci sono altri sostanziali fattori concomitanti che qualificano un contesto aumentandone i divari con altre zone del territorio nazionale: ci sono situazioni sociali, il reclutamento di supplenti, la burocrazia elefantiaca, il sottofinanziamento, questioni di ordine sindacale, e l’elenco potrebbe continuare: chi occupa ruoli di responsabilità dovrà porsi in ascolto degli addetti ai lavori per fare squadra, il che non è semplice…eppure vedere in una scuola napoletana tanti docenti di italiano, matematica e inglese da tutta Italia è la via maestra che può incidere concretamente nell’azione didattica, purché si lavori anche sugli altri fronti.

Il docente non può essere lasciato solo perché da solo non può fare granché, data la complessità del mondo attuale in cui viviamo. Se il seminario di Napoli segna una tappa importante della “meritoria” missione e del lavoro concreto dell’Indire, occorre non perdere tempo e agire: alla luce delle recenti innovazioni normative, il combinato tra la figura del docente stabilmente incentivato e il decreto sulla valorizzazione dei docenti al fine di incentivare la continuità didattica e la permanenza sulle sedi disagiate, rappresenta l’occasione concreta, per intervenire, fattivamente, nelle zone di disagio e di dispersione, sempreché si abbia la volontà di agire e di non chiacchierare. Non si può, dunque, non concordare con l’appello di Gianfelice Rocca nel suo contributo «Merito, perché è necessaria una nuova scuola» del Corriere della Sera: mettere mano alla scuola dovrebbe essere il primo pensiero non solo del Ministro Valditara, ma di tutti noi.

 

Marco Ricucci è docente di italiano e latino al Liceo scientifico Leonardo di Milano e saggista

 

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