di Nicola Colapinto, PensioniOggi, 30.10.2019
– Più facile raggiungere il requisito contributivo per la pensione con quota 100. Chi ha carriere all’estero può sommarle con i periodi versati in Italia.
Tra i molti dubbi che interessano i lettori uno riguarda la possibilità di utilizzare la contribuzione estera per centrare i requisiti per la cd. quota 100. In linea generale le regole comunitarie e i trattati di sicurezza sociale che l’Italia ha stipulato con numerosi paesi extracomunitari consentono, in linea generale, di utilizzare la contribuzione versata in tali paesi per integrare i requisiti contributivi per sia per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi gli uomini, 41 anni e 10 mesi di contributi le donne) che per la pensione di vecchiaia (67 anni e 20 anni di contribuzione).
Con il debutto del DL 4/2019 molti lavoratori si sono chiesti se possono utilizzare le regole appena descritte anche per integrare il requisito contributivo di 38 anni per conseguire la pensione con quota 100. La risposta non poteva che essere positiva già fermandosi ad una una lettura topografica della normativa, per una conferma ufficiale ci ha pensato l’Inps con la Circolare 117/2019 pubblicata lo scorso agosto.
In definitiva possono conseguire la pensione con quota 100 anche quei lavoratori che hanno carriere di lavoro all’estero e che, pertanto, non riuscirebbero a centrare il requisito contributivo con la sola contribuzione italiana. Si pensi, ad esempio, al caso di Franco un lavoratore con 30 anni di contributi in Italia e 9 in Germania: grazie alle convenzioni di sicurezza sociale potrà accedere alla pensione all’età di 62 anni sommando la contribuzione versata nei due paesi avendo raggiunto il requisito minimo di 38 anni di contributi. Resta inteso che per conseguire il trattamento pensionistico occorrerà cessare l’attività lavorativa all’estero posto che tale condizione è richiesta, come noto, per l’erogazione della quota 100.
Le regole
Inoltre restano in vigore alcune particolarità della totalizzazione internazionale. In primo luogo la somma dei periodi “esteri” per raggiungere i 38 anni di contributi ha ad oggetto i periodi non coincidenti temporalmente con quelli versati in Italia. La totalizzazione internazionale, inoltre, è possibile solo se l’assicurato ha maturato in Italia almeno 52 settimane di contribuzione (per la totalizzazione comunitaria) o il diverso requisito contributivo stabilito dalle singole convenzioni per i paesi extracomunitari.
Lo strumento, peraltro, trova applicazione anche nel caso in cui la contribuzione italiana sia composta da quote in diverse gestioni previdenziali che vengono valorizzate tramite il cumulo dei periodi assicurativi di cui all’articolo 14, co. 2 del Dl 4/2019. Così, ad esempio, Franco potrà procedere alla sommatoria della contribuzione italiana con quella estera anche ove i 30 anni di contributi “italiani” fossero la sommatoria di 20 anni nel pubblico impiego e 10 anni nel privato, oppure di 20 anni nel pubblico impiego e 10 anni di gestione separata. Nel caso di cumulo dei periodi assicurativi presso più gestioni rientranti nel campo di applicazione del regime convenzionale da applicare, i periodi esteri verranno valorizzati nella gestione previdenziale che assicura il calcolo della pensione più favorevole.
L’Inps, inoltre, ha spiegato che la quota 100 è aperta ai titolari di pensione estera: anche la contribuzione che ha dato luogo all’erogazione della pensione può essere, cioè, sommata con quella italiana al fine della concessione della pensione. Unico vincolo: la contribuzione estera non deve aver già dato luogo alla liquidazione di una pensione italiana in regime di convenzione internazionale.