di Fabio Guarna, La Tecnica della scuola, 21.3.2018
– Si fa un gran parlare dell’aumento dell’orario di lavoro degli insegnanti, mentre non si parla per niente in questo periodo o si parla poco della costituzione di un ruolo unico degli insegnanti a prescindere dal grado d’istruzione in cui sono impegnati.
I due argomenti potrebbero però essere legati, perché non si può non rilevare che al momento esistono diverse categorie d’insegnanti dalla primaria fino alla scuola secondaria superiore che hanno condizioni giuridiche ed economiche differenti e che, sebbene abbiano titoli di studio (stesse abilitazioni ad es.) ed esperienze simili, operano in istituti e quindi con lo stesso dirigente, in cui sono presenti diversi gradi d’istruzione, come ad es. un istituto che comprende una scuola primaria, una secondaria di primo grado e a volte anche di secondo grado.
Non manca chi sostiene, fra gli argomenti a favore della nascita di un ruolo unico, che avere un’utenza di allievi con un’età più bassa non significa avere competenze “minori” di altri e pertanto non sarebbe giustificabile un trattamento economico differente fra insegnanti.
D’altro lato il ruolo unico consentirebbe anche una maggiore flessibilità nella didattica e una valorizzazione dell’autonomia delle singole istituzioni scolastiche.
Al momento però il passaggio da un grado all’altro d’istruzione è complesso perché deve tenere conto dell’organico, non dell’istituto in cui il docente opera, ma di quello provinciale e soprattutto non semplice da attuarsi: per i passaggi sono previste percentuali basse, il superamento di un nuovo periodo di prova (inutile se ci fosse il ruolo unico e comunque discutibile anche adesso). Non solo, ma il docente che ha ottenuto il passaggio, nel caso volesse tornare al ruolo precedente, non è detto che l’otterrebbe facilmente. Insomma il sistema è rigido e il ruolo unico lo renderebbe più flessibile.
Per esemplificare, se in un istituto vi fossero un docente immesso in ruolo nella scuola primaria che ha i titoli per insegnare una materia linguistica nella scuola secondaria di primo grado ed un altro che possiede gli stessi titoli ma immesso nei ruoli della scuola secondaria di primo grado, non potrebbero pur volendo scambiarsi il posto.
Gli ostacoli, stando all’attuale normativa, ad un’operazione del genere sarebbero moltissimi e insuperabili se si pensa che i docenti in questione percepiscono per l’attività svolta salari differenti e anche l’impegno orario è diverso: 24 ore nella scuola primaria e 18 in quella secondaria di primo grado.
Ecco perché, il tema dell’aumento dell’orario di lavoro non va considerato come un’eresia di cui non si può neanche parlare.
Non solo, ma anche la modulazione dell’orario se le singole istituzioni scolastiche riuscissero ad essere veramente autonome, con la costituzione di classi aperte o attraverso la compattazione d’orario e altri strumenti che l’autonomia consente loro, trasformerebbe l’ipotesi di un aumento delle ore di lezione come un tema su cui ragionare.
Del resto se è vero che aumentare il carico orario comporterebbe più lavoro, è anche vero che una maggiore flessibilità potrebbe consentire compensazione con gli altri impegni e quindi complessivamente una situazione non necessariamente in peius per il lavoratore.
Con questo non stiamo dicendo che per avere un ruolo unico degli insegnanti, bisognerebbe passare alle 24 ore settimanali e ridurre gli altri impegni, perché si potrebbe addirittura pensare ad un abbassamento (tutti a 18 ore), ma che uniformare i profili comporterebbe una radicale riforma del sistema scolastico a cominciare dal reclutamento.
In quest’ultimo caso, sarebbe opportuno assicurare l’accesso all’insegnamento soltanto a coloro che sono muniti di titolo accademico.
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