dal blog di Gianfranco Scialpi, 13.2.2020
– Salario docente, abbiamo perso e anche tanto. Una ricerca del sindacato Gilda lo conferma. E parliamo solo della riduzione potere d’acquisto che svela il trucco dell’espressione aumenti contrattuali.
Salario docente, uno studio impietoso
Salario docente, spesso torna alla ribalta del circolo mediatico. Sovente si parla della condizione economica degli insegnanti solo per certificare la propria esistenza nel Web. A gradazioni diverse soffriamo tutti della sindrome legata alla nostra visibilità nel Web. Esistiamo solo se qualcuno parla di noi, citando una nostra intervista, un contributo…
Altre volte le dichiarazioni servono a certificare un’impotenza di fronte al contesto normativo (D.Lvo 29/93), facendo apologia indiretta del presente
Fatta la doverosa premessa andiamo oltre le parole e analizziamo i numeri, le percentuali, i meno esposti alla soggettività dei commenti o ai si dice (M. Heidegger).
Un lavoro condotto dal Centro Studi Nazionale della Gilda, spazza via ogni alibi.
Abbiamo perso tanto. Si legge “In 10 anni gli stipendi dei docenti italiani sono calati mediamente del 7% rispetto all’andamento dell’inflazione. Tradotto in altri termini, significa che dal 2007 a oggi le buste paga mensili si sono alleggerite di circa 170 euro lordi.”
Brevi riflessioni
Occorre fermarsi per analizzare i dati. Non parliamo di mancati aumenti, bensì di graduale perdita d’acquisto. Il concetto rimanda alla possibilità di acquistare un determinato numero di beni e servizi con un certo reddito. Il potere d’acquisto è correlato con l’inflazione. Se i prezzi aumentano (inflazione reale) e il reddito rimane inalterato, allora la nostra possibilità di acquistare gli stessi beni si riduce. E questo è avvenuto dal 1999, quindi la mia riflessione va a ritroso di otto anni. Alcuni anni (2005-2007, 2009, 2018) registrano quote superiori all’inflazione, dovute alle firme dei contratti.
Inquietante il decennio 2010-2017 (blocco dei contratti pubblici) che in modo significativo ha contribuito alla perdita d’acquisto.
Il gap tra adeguamenti contrattuali e il tasso d’inflazione è causato dal D.Lvo 29/93 che impone aggiornamenti economici (i cosiddetti aumenti contrattuali) non superiori al tasso d’inflazione programmata, sempre inferiore a quella reale (moderazione salariale).
Gli aumenti sono un’altra cosa. Rimandano a riconoscimenti economici superiori al tasso d’inflazione programmata (obiettivo minimo) o a quella reale (obiettivo massimo). In pratica sono il di più rispetto al costo della vita presunto o rilevato.
Concludendo, i docenti sono sempre più poveri, bistrattati e oltretutto tacciati per fannulloni o privilegiati (tre mesi di ferie estive, quindici giorni a Natale…). Peggio di così…
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Salario docente, parliamo della progressiva perdita d’acquisto, non di mancati aumenti ultima modifica: 2020-02-13T13:58:44+01:00 da