Scuola: perché non basta uno sciopero

dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 4.6.2020.

Perché la scuola è in sciopero l’8 giugno. Mancano risorse, docenti e ATA, garanzie di sicurezza. Ma non può diventare uno sciopero politico. Bisogna ripristinare diritti e libertà costituzionali.

Lo sciopero dell’8 giugno

Perché la scuola sciopera l’8 giugno?  Sindacati scuola hanno indetto per il giorno 8 giugno 2020 uno sciopero generale della scuola dopo le mancate o insufficienti risposte della Ministra Azzolina. I punti di scontro sono in particolare quelli riferiti alla mancanza di risorse destinate per fronteggiare l’emergenza COVID 19 a partire da settembre 2020 per consentire di far fronte all’accresciuto fabbisogno di docenti e collaboratori scolastici con il possibile rientro con classi dimezzate o con l’utilizzo contestuale di lezioni in presenza e a distanza nella secondaria di secondo grado. E’ stato giustamente  richiesto anche il rispetto del  numero massimo di allevi per classe per evitare il noto fenomeno delle “classi pollaio”.

Altre rivendicazioni

Purtroppo nel documento unitario i confederali hanno voluto inserire anche altre richieste: la deresponsabilizzazione dei dirigenti per la manutenzione degli edifici, l’aumento del fondo a favore della dirigenza e il concorso riservato per i facenti funzione DSGA. Si tratta di rivendicazioni che assumono una valenza molto settoriale e, per molti versi, discutibile. Per alcune sigle la mobilitazione sarebbe inoltre un segnale di critica rispetto all’approvazione parlamentare dei provvedimenti sul concorso riservato: che  ora prevede una prova selettiva scritta, mentre le stesse sigle puntavano su una sanatoria generalizzata. Scioperare solo per questo diventerebbe scioperare contro il governo, o meglio contro l’Azzolina, e contro l’attuale maggioranza. Uno sciopero sostanzialmente politico.

Il rischio è uno sciopero politico

Lo sciopero della scuola del giorno 8 è preceduto da un altra astensione dal lavoro indetta dai Cobas il 5 giugno con parole d’ordine simili. Si tratta di scioperi tardivi con attività didattiche già formalmente concluse nella maggioranza delle regioni  e che rischiano di diventare solo mobilitazioni fatte da sindacati per legittimare se stessi. Eppure le ragioni di uno sciopero ci sarebbero tutte: dopo la terribile fase della didattica a distanza, prima volontaria, poi obbligatoria, ci sono state le contraddittorie e confuse ordinanze ministeriali nella fase dell’emergenza, i decreti calati dall’alto sulla valutazione e sugli esami finali.

La DaD non può diventare un pretesto per cancellare contratto e libertà di insegnamento

Lo si prenda quindi come un primo segnale per riportare la condizione lavorativa e professionale dei docenti all’attenzione della politica e dell’opinione pubblica in vista del complicatissimo inizio del prossimo anno scolastico. In quel contesto appare sì sacrosanto organizzare una seria mobilitazione dei docenti e della scuola: per evitare che l’emergenza della didattica a distanza e dei provvedimenti ad essa collegati diventino “normalità” in una scuola di fatto riformata in sfregio ai contratti di lavoro e alla libertà di insegnamento garantita dalla costituzione.

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Scuola: perché non basta uno sciopero ultima modifica: 2020-06-04T18:24:49+02:00 da
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