Scuola, 5 modi di sbagliare con profitto

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di Orsola Riva, Il Corriere della sera, 3.11.2017

I consigli dell’esperto di educazione Eduardo Briceño: «Troppa enfasi sui voti, poca sul processo di apprendimento. Ma l’eccellenza si raggiunge solo imparando dai propri errori»

Imparare o sapere?
È più importante imparare o sapere? Viene prima l’uovo o la gallina? Quando una società diventa ultra competitiva tende a porre l’accento più sul risultato che sui processi. Parlando di scuola più sul voto che sui progressi. O, come scrive l’esperto di educazione americano Eduardo Briceño, più sulla «performance zone» che sulla «learning zone». Gli studenti finiscono per vivere la scuola invece che come il posto dove si va per imparare, come un luogo dove far bella mostra di quello che si sa già. E la loro preoccupazione principale diventa quella di non commettere degli sbagli. Mentre invece, come il metodo sperimentale insegna fin dai tempi di Galileo, la conoscenza avanza solo per tentativi ed errori. O, come più banalmente dicevano i nostri nonni, sbagliando s’impara.
Il paradosso – sottolinea Briceño – è che puntando tutto sulla prestazione non si mette a rischio solo la capacità di imparare e migliorare ma in ultima istanza anche la qualità della performance. Briceño fa l’esempio degli acrobati del Cirque du Soleil: dietro un simile livello di perfezione c’è un lavoro continuo di allenamento, una sfida a compiere evoluzioni sempre più difficili. Imparando dai proprio errori. Ecco allora la sua ricetta in 5 mosse per insegnare ai ragazzi a sbagliare con profitto.

Non correre, prof
Primo consiglio (rivolto ai prof): meglio non finire il programma che correre avanti senza essere certi che tutti abbiano capito. Pressati dall’esigenza di arrivare in fondo, i docenti spesso dimenticano di accertarsi che tutti abbiano davvero capito la lezione. Si accontentano di chi alza la mano per dare la risposta giusta e via, passano al capitolo successivo. E invece no: le domande in classe devono servire proprio a far emergere errori, fraintendimenti, corto circuiti logici.

Alzate la mano (ma non per dare la risposta giusta)
Primo consiglio bis (rivolto agli studenti). È l’altra faccia della stessa medaglia: ragazzi, non abbiate paura di alzare la mano se non avete capito. Non fatevi impressionare dal primo della classe che ha sempre la risposta giusta. Se ci sono dei punti poco chiari, chiedete spiegazioni: vedrete che molti vostri compagni ve ne saranno grati.

Viva i tentativi anche maldestri
Secondo consiglio (rivolto ai genitori). A casa non trasmettete ai vostri figli il messaggio che la vostra opinione di loro dipenda esclusivamente dai loro successi. Incoraggiatene i tentativi anche maldestri. Il rischio altrimenti – dice Briceño – è che si applichino solo dove sono già bravi (si tratti di uno sport, di uno strumento musicale o della loro materia preferita) e rinuncino a mettersi in gioco in terreni a loro meno familiari.

Insegnare a sbagliare
Terzo consiglio (sempre rivolto ai prof): piuttosto che ripetere sempre gli stessi esercizi a senso unico finché i ragazzi, avendo imparato a eseguirli quasi meccanicamente, non commettono più errori, è meglio sfidarli con problemi complessi che non hanno un’unica risposta giusta. Così l’errore non sarà più percepito come un fallimento ma come parte del gioco per arrivare alla soluzione finale.

Non solo voti
Quarto consiglio (rivolto ai prof e agli studenti): un compito in classe non si giudica solo dal voto. Restituire un esercizio di matematica o una versione di latino con sopra un bel 4 e basta è un errore. Così il voto diventa una sentenza lapidaria più che un aiuto a imparare dai propri sbagli. Mentre è molto più utile una correzione ad alta voce in classe, che incoraggi i ragazzi a discuterne fra loro. Senza trascurare – dice Briceño – il bisogno dei ragazzi ad aver un feedback personale e diretto. Già, ma come si fa a scrivere un papiro per ognuno dei 25 studenti di una classe? Un trucco, suggerisce l’educatore americano, ci sarebbe: sfruttare le nuove tecnologie e mandare ai ragazzi un feedback vocale, un Podcast per esempio. Così si può correggere il compito insieme al ragazzo mostrandogli punti di forza e debolezza. E non si perde nemmeno troppo tempo.

Una vita non basta
Ultimo consiglio (rivolto a genitori e insegnanti): se vogliamo che i ragazzi diventino dei «lifelong learners», ovvero delle persone in grado di aggiornarsi continuamente, dobbiamo noi per primi trasmettere loro il modello di un adulto non sclerotizzato sulle proprie conoscenze (e convinzioni) ma aperto al confronto con loro, magari su terreni dove sono più competenti di noi (come le nuove tecnologie). Passiamogli il messaggio che, anche se la scuola per noi è finita da un pezzo, il lavoro e la vita ci costringono a metterci continuamente in gioco e a commettere degli errori. E va bene così: perché è quando si smette di sbagliare che si smette anche di imparare.

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Scuola, 5 modi di sbagliare con profitto ultima modifica: 2017-11-04T21:14:42+01:00 da
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