di Andrea Gavosto e Stefano Molina, La Voce.info, 18.10.2019
– Il primo atto di politica scolastica del nuovo governo è un decreto legge per l’assunzione di oltre 48 mila docenti precari. Migliora alcuni aspetti della misura annunciata dal precedente esecutivo, ma ne lascia intatto l’impianto generale.
48 mila contratti a tempo indeterminato
Il Consiglio dei ministri del 10 ottobre ha approvato un decreto legge che dà il via libera all’assunzione a tempo indeterminato di oltre 48 mila docenti della scuola statale. Il provvedimento merita attenzione sia per le sue dimensioni complessive, sia perché si tratta della prima importante decisione di politica scolastica dell’esecutivo giallorosso. Ed è una decisione che interviene su una misura annunciata dal precedente governo, migliorandone alcuni aspetti, ma lasciando intatto l’impianto generale. Ma il decreto merita attenzione soprattutto perché affronta, senza però trovare una risposta strutturale, un problema serissimo: quello dell’enorme difficoltà della scuola statale di reclutare il personale docente di ruolo che le serve per assicurare il regolare svolgimento delle lezioni.
Due concorsi: uno straordinario, uno ordinario
L’assunzione di 16.959 maestri e maestre dell’infanzia e della primaria era già stata autorizzata dal precedente governo, dunque il nuovo provvedimento interessa le scuole secondarie di I e di II grado. Da una prima porta d’accesso potranno entrare 24 mila precari non abilitati che abbiano maturato almeno tre anni di servizio, anche non consecutivi, dal 2011/2012 al 2018/2019. I candidati – se ne prevedono circa 50 mila – dovranno superare una prova scritta a computer con quesiti a risposta multipla (il punteggio minimo per superarla è di 7 decimi) e una prova orale di abilitazione. Per i posti di sostegno ai disabili la partecipazione al concorso è subordinata al possesso della specifica specializzazione: è un passo in avanti in un paese in cui un terzo dei docenti in questo ambito non è qualificato; occorrerebbe però che le università attivassero un maggior numero di corsi di specializzazione nel sostegno a livello locale A chi supera il concorso straordinario saranno anche richiesti i 24 crediti formativi universitari in discipline psico-pedagogiche, retaggio del sistema di formazione iniziale previsto dalla Buona scuola e successivamente soppresso dalla legge di bilancio 2019. Una volta soddisfatti questi requisiti i vincitori potranno salire in cattedra, a partire dal prossimo anno scolastico. Ma anche coloro che non risulteranno vincitori, se avranno superato la prova scritta e ottenuto un contratto di supplenza annuale, potranno conseguire un’abilitazione che consentirà loro l’accesso al ruolo negli anni successivi, a condizione di aver ottenuto almeno 7/10 sia al concorso sia alla verifica finale dopo un anno (è una novità rispetto al progetto del precedente ministro, Marco Bussetti).
La seconda porta di ingresso consiste invece in un concorso ordinario per 24.536 posti. Potranno partecipare i laureati delle diverse discipline compatibili con le classi di concorso messe a bando: la platea è dunque potenzialmente molto ampia e, come avvenuto in passato, si renderà necessaria una prova preselettiva per restringerla; seguiranno lo scritto e l’orale. I tempi normalmente richiesti per lo svolgimento delle tre prove – anche senza contare possibili rallentamenti e l’abituale strascico di ricorsi – sono difficilmente compatibili con un’immissione in ruolo dei vincitori già dal prossimo anno: se ne parlerà quindi a partire dal 2021-2022. I vincitori di entrambi i concorsi dovranno fermarsi nella stessa scuola per almeno cinque anni, novità introdotta nel 2018 e riaffermata nel decreto, per non creare discontinuità didattiche che penalizzano gli studenti. Ovviamente, bisognerà evitare che, come in passato, la norma venga disattesa attraverso le numerose riassegnazioni dei docenti alle località d’origine da parte dei giudici o del ministero dell’Istruzione università e ricerca.
Ai due grandi concorsi destinati ai docenti se ne affianca uno più ristretto, ma non privo di conseguenze per il buon funzionamento del sistema scolastico: il Miur è infatti autorizzato a bandire un concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di 59 nuovi dirigenti tecnici. Si tratta di figure chiave per la scuola italiana: sono i cosiddetti “ispettori”, il cui organico cronicamente sottodimensionato (190 le posizioni previste dalla pianta organica ma attualmente sono in servizio solo 50 dirigenti tecnici) rende di difficile praticabilità la valutazione delle scuole e dei dirigenti scolastici.
Qual è il giudizio?
Il decreto sulle assunzioni dei docenti può essere giudicato da due diverse prospettive. Se proviamo a osservarlo da lontano, sorprende che per la copertura di un fabbisogno fondamentale per il buon funzionamento della scuola – ed entro certi limiti prevedibile, almeno nelle sue dimensioni complessive – si debba far ricorso alla decretazione d’urgenza. Evidentemente la scelta italiana di centralizzare tutte le operazioni di reclutamento dei docenti si associa a un affanno procedurale non privo di ricadute sia sulla quotidianità delle scuole, sia nei confronti delle aspettative degli aspiranti docenti. Nella maggior parte dei sistemi scolastici esteri la responsabilità del reclutamento è invece decentrata a livello di ente territoriale (comunità autonome spagnole, lander tedeschi, cantoni svizzeri) o di autorità scolastica locale (enti scolastici in Inghilterra, distretti negli Stati Uniti).
D’altra parte, se si restringe il giudizio al merito del provvedimento, è senz’altro apprezzabile lo sforzo di far ripartire i concorsi ordinari. Si mantiene invece la stabilizzazione dei precari con 36 mesi, anche se, a differenza di quanto ventilato durante il precedente governo, non sarà più una pura sanatoria, ma imporrà una minima verifica del merito: oltre al possesso del titolo e al requisito di servizio, i candidati saranno infatti sottoposti a un doppio vaglio (scritto al concorso e orale al termine dell’anno di prova). Certo, molto dipenderà dalla severità dei criteri adottati in sede di giudizio: il rischio che la verifica rimanga un adempimento puramente formale è sempre in agguato.
Siamo comunque lontani da una soluzione del problema delle assunzioni nella scuola, che porti in cattedra persone fortemente motivate, preparate dal punto di vista disciplinare e, soprattutto, capaci di insegnare in modo meno scontato e tradizionale. Per arrivare a questo obiettivo, è necessario modificare il sistema di reclutamento dei docenti attraverso meccanismi di abilitazione, che verifichino la rispondenza a elevati standard professionali da parte dei futuri insegnanti, e dare una maggiore possibilità di scelta ai singoli istituti scolastici.
.
.
.
.
.
.
.
.