di Corrado Zunino, la Repubblica, 17.8.2019
– La perizia tecnica ha definito il software come “confuso, lacunoso, ampolloso”: non premiava il merito, ma dava precedenza alla collocazione geografica.
ROMA – Nel 2016 l’algoritmo impazzito inviò almeno diecimila docenti vincitori di concorso nelle scuole del Nord quando avevano diritto a restare a casa. Il Tar del Lazio – sezione Terza bis, sentenza dello scorso 10 settembre, ultima di una lunga serie – certifica l’errore sanzionando il ministero dell’Istruzione che, ai tempi di Stefania Giannini, si rese colpevole “di una grave lacuna amministrativa” lasciando il potere decisionale a un algoritmo non controllato da mano umana: “Un metodo orwelliano”, scrivono i giudici, che cozza con la Costituzione e persino con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. “Le procedure informatiche, finanche ove pervengano al loro maggior grado di precisione e addirittura alla perfezione”, si legge nella sentenza, “non possono mai soppiantare, sostituendola davvero appieno, l’attività cognitiva, acquisitiva e di giudizio che solo un’istruttoria affidata a un funzionario persona fisica è in grado di svolgere”.
Nell’agosto 2016, la grande mobilità (210 mila richieste di trasferimento) che seguì l’ondata di assunzioni della Buona scuola (85 mila), un programma di software che una perizia tecnica in sede giudiziale definirà “confuso, lacunoso, ampolloso, ridondante, elaborato in due linguaggi di programmazione differenti, di cui uno risalente alla preistoria dell’informatica, costruito su dati di input gestiti in maniera sbagliata” spedirà – leggendo male punteggi e graduatorie – insegnanti pugliesi e docenti di Catanzaro in provincia di Milano quando avrebbero dovuto essere destinati alle loro regioni, altri li sottrarrà alla loro naturale sede di Padova e, ancora, sbatterà a Prato due professori sempre calabresi con i figli con problemi di autismo.
“Le cause sono migliaia”, spiegano al sindacato Gilda. Anief, che al Tar è stata affiancata dall’avvocato Michele Ursini, autore di numerosi ricorsi sul tema, sostiene: “Il ministero dovrebbe far rientrare già in questo anno scolastico i docenti nelle proprie sedi naturali”. Soluzione che, tuttavia, aggraverebbe in modo pesante la già critica situazione dei supplenti scolastici. Il ministero uscente, per ora, ha allargato le quote dei trasferimenti per i prossimi tre anni per agevolare un graduale ritorno a casa degli autodefiniti “deportati”.
L’algoritmo balordo era stato frutto di una collaborazione tra Finmeccanica e Hp Enterprise Services Italia: insieme avevano vinto un bando di gara Miur per la gestione dei processi informatici da 117 milioni di euro. Una parte della richiesta riguardava la creazione di un algoritmo per l’assegnazione delle cattedre ai docenti: 444 mila euro il suo costo.
L’espressione matematica, tenendo conto delle quindici opzioni di sedi scelte dai vincitori di concorso per la stagione 2016-2017, processava i dati e designava il posto vacante per ogni candidato dando precedenza al voto della valutazione, quindi alle opzioni scelte dal docente. In teoria, controllandole una per una, non appena individuato il posto libero il programma lo avrebbe assegnato. In verità, e in diversi casi, il software ha dato la precedenza alla prima destinazione scelta piuttosto che al punteggio. Un algoritmo a ispirazione geografica e non teso a premiare il merito. A questo baco si sarebbero aggiunti, poi, diversi errori nell’immissione dei dati. Errori umani, non solo orwelliani. L’algoritmo della Giannini – che lo difese fino all’ultimo – non è stato più utilizzato dopo la devastante estate del 2016.
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Scuola, trasferimenti di 10mila docenti lontano da casa. Il Tar: “L’algoritmo impazzito fu contro la Costituzione” ultima modifica: 2019-09-18T04:52:14+02:00 da