Scuola, una proposta per premiare i professori più capaci

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di Team Tortuga Il Sole 24 Ore, 2.2.2018

– Gli stipendi degli insegnanti italiani sono bassi. Non sono i sindacati a sostenerlo, ma la semplice lettura dei dati Ocse, che mostrano come le retribuzioni dei docenti italiani siano inferiori alla media dei Paesi industrializzati. Il rinnovo del contratto dei docenti appare dunque un’occasione per aumentare le retribuzioni, dando spazio anche a valutazioni di merito: un modo per valorizzare una categoria non tenuta abbastanza in considerazione, ma anche per mettere risorse sui meccanismi di incentivo a livello individuale e collettivo. Alzare la media, ma anche la varianza.

Premiare la qualità

Nella proposta di rinnovo del contratto nazionale fa in effetti capolino l’idea, non nuova, di “valorizzazione” degli insegnanti, utilizzando i fondi stanziati dalla legge di bilancio: dieci milioni per il 2018, venti per il 2019 e trenta per il 2020. Come? L’argomento è spinoso: chi si oppone a un’ipotetica premialità individuale fa notare come l’insegnamento sia un lavoro collettivo e le scuole comunità educanti. Può essere quindi controproducente far leva su dinamiche competitive. È inoltre evidente che un mestiere complesso come quello di insegnare sia difficilmente “standardizzabile” e valutabile. Tuttavia, sono proprio i mestieri complessi quelli in cui la capacità professionale del lavoratore fa la differenza e in cui diventa fondamentale premiare le competenze migliori.

In questo senso il Governo sembra voler trovare una sorta di via di mezzo: premiare “chi lavora di più”, evitando di assegnare i bonus entrando nel merito della didattica; valutare quindi la quantità, ma non sempre la qualità. Un meccanismo di fatto già sperimentato con la Buona Scuola, quando i “criteri di valutazione” preferiti dagli istituti hanno finito spesso per coincidere con una sorta di straordinario (punti 3b e 3c dell’art.1 co 129 L. 107/2015). Da un lato, questo permette di dare fondamento “oggettivo” alla premialità, dall’altro un bravo insegnante (così come un bravo medico) non è necessariamente un insegnante che lavora di più. Inoltre il docente va valutato sul suo campo principale: stare in classe. È d’altronde possibile, ma non scontato, che si metta in moto un meccanismo di auto-selezione, qualora i premi fossero sufficienti ad attrarre i migliori docenti: se così fosse, si potrebbe attivare una competizione tra gli insegnanti per ottenere le ore e gli incarichi aggiuntivi, con qualche rischio di conflitto d’interesse. Va evitato al contrario ciò che è accaduto con il fondo valorizzazione della Buona Scuola: “spalmare” il bonus sul più ampio numero di docenti possibile, vanificandone l’effetto di premialità.

QUANTO GUADAGNANO GLI INSEGNANTI DELLE SUPERIORIStipendio insegnanti di scuola secondaria di secondo grado. Dati 2014 in dollari (a parità di potere d’acquisto). Fonte: rielaborazione dati Ocse

A fronte di questi rischi, perché non focalizzare la premialità su un criterio maggiormente qualitativo? Premiare (quindi valutare) l’operato di un lavoro intellettuale che non si esprime in prodotto, ma in formazione di capitale umano è complicato. In aggiunta a ciò il rischio per il Governo di scontentare gli insegnanti – già sul piede di guerra – è alto. Tuttavia, il rinnovo del contratto nazionale è un evento a dir poco straordinario, e considerato che si sta garantendo un aumento a tutti i docenti è importante affiancare agli incentivi quantitativi altri incentivi basati sulla qualità della didattica.

La valutazione

Per limitare i conflitti di interesse e attenuare le polemiche sul ruolo del Comitato di Valutazione e del Dirigente Scolastico, si potrebbero destinare i fondi per la valorizzazione in base a un giudizio su più livelli: uno aggregato sull’istituto e sul dipartimento, e uno più specifico sui singoli insegnanti. Per quanto riguarda il giudizio aggregato, può essere interessante un concetto di valutazione “ex-post”, ossia basata sui risultati raggiunti dagli (ex) studenti nei gradi d’istruzione successivi e nel mercato del lavoro, al netto del contesto di partenza dell’istituto scolastico. Il ministero dell’Istruzione possiede già oggi un patrimonio di dati dettagliato al riguardo, e l’Anagrafe degli studenti permetterebbe di tracciare ogni studente nell’arco della sua carriera. È quello che, in piccolo, fa già oggi la Fondazione Agnelli con il suo Eduscopio, relativamente a università e mondo del lavoro.

Al livello del singolo docente si può invece tener conto come si fa oggi di un Comitato composto da docenti, genitori, studenti (dalle superiori in poi), dal Dirigente e da un membro esterno. Sarebbe però utile integrare il ruolo nel processo di valutazione di genitori e studenti con questionari di valutazione della didattica e non solo con il diritto di eleggere un rappresentante. È possibile infine rendere obbligatorio uno strumento già utilizzato da alcune scuole: i test a livello d’istituto, uguali all’interno della singola scuola, elaborati e corretti dagli insegnanti della stessa.

Associare questi due livelli di valutazione, individuale e collettivo su scuola/dipartimento, può risultare fondamentale non solo per incentivare una competizione individuale positiva, ma anche per spingere gli insegnanti a fare squadra. Per esempio, nel caso di difficoltà di un singolo docente, sarebbe interesse dei suoi colleghi nello stesso ambito condividere le proprie esperienze e pratiche didattiche per spingere il risultato del dipartimento verso un miglioramento, assicurando che non ci siano classi svantaggiate all’interno dell’istituto.

La formazione

I risultati della valutazione potrebbero alimentare sia percorsi di premialità che di rinforzo. Gli insegnanti con risultati migliori potrebbero raggiungere fasce retributive di merito maggiori, da accompagnare alle già esistenti fasce di anzianità. Mentre per chi avrà riscontrato delle carenze potrebbe essere messo a disposizione un percorso di formazione e potenziamento personalizzato, al cui termine sarebbe richiesta una valutazione. Immaginiamo un vero e proprio istituto di formazione degli insegnanti, che si occupi dei percorsi di inserimento e di aggiornamento continuo del corpo docenti. La formazione e l’aggiornamento sono infatti un pilastro fondamentale della valutazione, se questa non vuole essere semplicemente premiale né tanto meno punitiva, ma migliorativa.

Affiancare al necessario aggiornamento di stipendio rivolto a tutti i docenti l’introduzione di misure per la qualità della didattica sarebbe un passo avanti per tutti. Una valutazione ex-post a livello di dipartimento e scuola potrebbe essere introdotta come uno strumento non punitivo e divisivo, ma di valorizzazione della didattica. Mentre la valutazione personale potrebbe mirare alla nascita di percorsi personalizzati di aggiornamento e miglioramento continuo, oltre che alla strutturazione di una vera e propria carriera. È un diritto degli studenti ricevere un’istruzione di qualità, che rispetti gli standard nazionali e non sia veicolo di carenze formative e culturali, oltre che di disuguaglianza.

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