– L’articolo, che di seguito viene commentato punto per punto, è riportato sul sito ilgiornale.it. e viene commentato punto per punto nelle affermazioni ritenute fragili, non condivise o anche giudicate errate, costituisce perciò una specie di riepilogo sussidiario o indice di note più estese già pubblicate e diffuse su altri siti e su Facebook.

Da tempo seguo le vicende scolastiche anche delle scuole private paritarie e le loro attività volte a conseguire la parità economica completa, cioè finanziamenti dallo Stato di importo identico a quello dato alle scuole statali. L’ostacolo insormontabile è però il ben noto “senza oneri per lo Stato” stabilito dalla Costituzione vigente e che nemmeno la l. 62/2000 di Berlinguer e D’Alema ha potuto modificare o aggirare.

Dal 2014 è in atto l’iniziativa “Costo standard” (un escamotage, secondo Andrea Gavosto, FGA) consistente in una triangolazione economica Stato-famiglie-scuole paritarie; ma anche questa risulta al momento insabbiata, naufragata o alla deriva. Ciò non ostante il “gruppo di pressione pro-paritarie” continua nei suoi sforzi (tenaci e lodevoli dal suo punto di vista) con incontri, dibattiti, lettere ai politici, pamphlet, articoli sui social e sui giornali, sia cattolici che laici.

L’articolo, che di seguito viene commentato punto per punto, è riportato sul sito ilgiornale.it e viene commentato punto per punto nelle affermazioni ritenute fragili, non condivise o anche giudicate errate, costituisce perciò una specie di riepilogo sussidiario o indice di note più estese già pubblicate e diffuse su altri siti e su Facebook. Il formato grafico risulta non usuale, simile a quello delle note a pie’ dei libri stampati.

Avevo promesso, un paio di settimane fa, questo contributo riepilogativo ad alcuni amici che seguono quello che scrivo e in genere concordano.


L’ARTICOLO COMMENTATO E I PUNTI DA COMMENTARE

“Scuole paritarie, l’emergenza educativa che lo Stato deve risolvere”

Il sistema scolastico impone [1] ai genitori, meno abbienti, di iscrivere i propri figli alla scuola pubblica [2] per i costi troppo alti degli istituti privati. Ma Per quale motivo il cittadino italiano è libero di scegliere [3] se curarsi al Policlinico o al San Raffaele, mentre non è libero [4] di scegliere dove istruire i figli?

di Suor Anna Monia Alfieri – ilgiornale.it – giovedì, 24 gennaio 2019 – 16:29

Viviamo una situazione di emergenza, “educativa” [5]. Una emergenza che diventa dramma [6], nei confronti di genitori che ci è dato avvicinare. Quasi ogni giorno, infatti, sentiamo dire da genitori: “Non posso far frequentare la vostra scuola a mio figlio. Vorrei, ma non ce la faccio economicamente” e anche da ragazzi: “Mi piacerebbe ma non posso”. Questo “vorrei ma non posso” è drammatico: il suo dramma risiede nell’ingiustizia [6] che sta a monte del sistema scolastico italiano. Stesso palazzo di fronte alla scuola: i figli dell’avvocato che abita al terzo piano possono frequentare l’Istituto, i figli del portinaio che sta al piano terra no. Meglio: vi accedono grazie a borse di studio messe in campo dalle Congregazioni e agli sforzi di una gestione economica cui non sfugge un centesimo. Perché una tale situazione? Perché questo “tu sì, tu no”?

La risposta è drammaticamente semplice: perché, in Italia, alla famiglia è negato il diritto di educare liberamente [7] i figli in una buona scuola pubblica [8], paritaria o statale; perché il genitore non abbiente è obbligato a iscrivere il proprio figlio presso una scuola pubblica statale. Il ricco sceglie [9], il povero si accontenta [10].

Andando ad analizzare i fatti, ci si accorge che in realtà le leggi non mancano: la Costituzione riconosce il diritto alla libertà di scelta educativa [11], la legge 62/2000 ha istituito il sistema pubblico [12] dell’istruzione, fatto di scuole pubbliche statali (frequentate da 7.682.635 studenti) e pubbliche [13] paritarie (frequentate da 879.158 studenti); l’UE in due pronunciamenti ha invitato [14] l’Italia a porre fine all’ingiustizia [15]. Tutto però, nel campo educativo, rimane lettera morta, come le grida spagnole del Seicento.

E così le scuole pubbliche [16] paritarie, che rilasciano titoli di studio aventi pieno valore legale, rimangono le “scuole private” per i ricchi o per i bocciati della scuola statale [17]; i docenti, a parità di titoli, ricevono uno stipendio inferiore [18]; il genitore paga due volte [19], dovendo pagare la retta richiesta come contributo di gestione e le tasse per un servizio di cui non si avvale [20].

Risultato? Il collasso del sistema scolastico pubblico [21]. La scuola pubblica statale, nonostante i contributi erogati (10mila euro annui per ogni studente [22]), affronta problemi enormi sui fronti più diversi, dal precariato all’edilizia; la scuola pubblica paritaria [23] muore perché molte Congregazioni, Enti gestori privati laici accreditati, Fondazioni, non riescono a reggere lo sforzo economico della gestione della scuola [24]. Conseguenza: un enorme impoverimento culturale – anche, oggettivamente e senza timore di smentita, in chi ci governa… – così come i fatti di cronaca e non solo ci documentano puntualmente.

L’unica strada [25] da percorrere per uscire dalla situazione appena descritta è quella di riconoscere alla famiglia il suo diritto, ossia quello di educare liberamente i figli. Come? Attraverso il costo standard di sostenibilità [26]: alla famiglia venga data una quota (che si colloca su 5.500 annui per studente [27]) da spendere per l’istruzione dei figli. Sarà poi la famiglia stessa a decidere dove spendere tale quota, se in una scuola pubblica statale o in una scuola pubblica [28] paritaria. Il ruolo dello Stato in tutto questo? Quello di garante e controllore, non di gestore e controllore… di se stesso [29]. Solo in questo modo il sistema scolastico italiano riuscirà a emergere da una situazione di costante emergenza. Solo in questo modo la scuola non sarà più considerata come il più importante tra gli ammortizzatori sociali [30]: chi non sa cosa fare, va a insegnare [31]. Le famiglie potranno scegliere, gli allievi avranno garantito un servizio decisamente migliore e non saranno in balia di frequenti cambiamenti di insegnanti [32]; a questi ultimi sarà possibile scegliere dove esercitare la propria professione, se nella scuola pubblica statale o in quella pubblica paritaria, con uno stipendio uguale, come avviene nel resto dell’Europa [33].

Allo stato attuale tutto questo non è minimamente garantito, anzi assistiamo a una continua migrazione di docenti dalla paritaria alla statale [34], tra GAE e concorsi, che non garantisce all’allievo quella continuità didattica che è la premessa fondamentale per un servizio di istruzione efficace ed in linea con gli standard dei Paesi occidentali. L’emergenza educativa cui accennavo all’inizio potrà essere affrontata solo mettendo in campo sinergie efficienti tra scuolafamiglia e territorio con tutti i contesti educativi che esso offre [35].

Purtroppo tutto questo non è ancora avvenuto ed è la prova di come gli interessi di parte e il pregiudizio ideologico abbiano la meglio sull’interesse della collettività [36]. A ben guardare, la battaglia in nome della libertà di scelta educativa non vuole portare ad altro se non a quello che già avviene nel sistema sanitario [37]. Per quale motivo il cittadino italiano è libero di scegliere se curarsi al Policlinico o al San Raffaele, mentre non è libero di scegliere dove istruire i figli [38]? La risposta è drammaticamente semplice: perché la salute del corpo non spaventa, la libertà della mente sì [39]. Se però rimaniamo fermi a questo tipo di logiche, accettiamo una impostazione dello Stato totalitarista [40] che avoca solamente e unicamente a sé il compito educativo. Ma in Italia ci vantiamo di vivere in una democrazia che ha le sue radici nella Resistenza, che è basata su una tra le Carte costituzionali più belle, secondo il parere di giuristi insigni. Allora l’unica strada per un’autentica democrazia è liberare la mente, liberare la scuola.


I COMMENTI PUNTO PER PUNTO

“Scuole paritarie, 40 sassolini tolti dalle scarpe”

di Vincenzo Pascuzzi – 12 febbraio 2019

[1] L’obbligo scolastico, per 8 + 2 anni, è legge e vale per tutti: meno o più abbienti, ricchi e poveri;

[2] L’aggettivo “pubblica” viene qui usato giustamente e a proposito; in seguito no, verrà usato impropriamente e astutamente;

[3] Viene qui introdotto il paragone semplicistico ma improprio, comunque non spiegato, fra Sanità e Scuola, usato strumentalmente per proporre il Costo standard per la Scuola; viene postulato che nella Sanità il Costo standard funzioni alla perfezione e con soddisfazioni di tutti; Costo standard, Sussidiarietà, Regionalizzazione sono spinte verso la privatizzazione;

[4] In realtà la libertà di scegliere una scuola paritarie esiste già, ma non con costi a carico dello Stato; questo particolare – non si sa perché – viene sempre taciuto quando si rivendica questa scelta;

[5] Andrebbe chiarito e precisato a cosa ci si riferisce: alla scuola pubblica, a quella privata, ad entrambe? la scuola statale attraversa sicuramente problemi e difficoltà dovute alle riforme succedutesi negli ultimi vent’anni, al taglio delle risorse (segnatamente: riforma Gelmini, meno 8 miliardi e meno 100 mila tra docenti e ata); anche la paritarie lamentano difficoltà anche economiche, ma sono strutture private e perciò non hanno titolo per rivolgersi allo Stato;

[6] Ingiustizia? Rispetto a cosa? Certamente le testimonianze individuali sono importanti, vanno ascoltate e considerate, ma vanno anche pesate e contate, poi incanalate in iniziative collettive consistenti; ma mentre vediamo iniziative da parte dei gestori delle paritarie, le famiglie, i genitori appaiono poco o punto interessati e partecipi: l’Agesc, che dichiara solo 20 mila aderenti su circa 2 milioni di genitori delle paritarie; la petizione lanciata su Citizengo da Suor Anna Monia Alfieri ben quattro anni fa (il 5.4.2015) è ferma a 18.483 firme !

[7] Vedi [4].

[8] L’uso corrente dell’aggettivo “pubblica”,unito a scuola, si riferisce alla proprietà e alla gestione, indica perciò una scuola statale o comunale, non una scuola privata.

[9] Il ricco sceglie non solo la scuola, ma anche l’abitazione, l’autovettura, le vacanza, gli amici, lo sport, i viaggi,…

[10] Il povero, o il non ricco, o anche il ricco può disporre della scuola statale pubblica, che mediamente e malgrado tutto risulta più valida della scuola privata paritaria.

[11] La Costituzione non recita affatto così; la Costituzione non indica che i costi devono essere a carico dello Stato, cioè della collettività.

[12] Non esiste un “sistema pubblico dell’istruzione”, la l. 62/2000 prende atto della realtà nominando il “sistema nazionale di istruzione”; sistema senza indicare, né implicare altro, può indicare semplice giustapposizione o insieme.

[13] Deve intendersi private, non pubbliche.

[14] Appunto “invitato”; l’UE non può fare altro o comunque finora non l’ha fatto. La rivendicazione rimane sul piano politico nazionale.

[15] Ingiustizia? è un’interpretazione di parte.

[16] Ancora la denominazione impropria; viene da chiedersi se si tratta di svista, astuzia, forzatura voluta (“ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”).

[17] Questa ammissione è importante e significativa in ordine alla qualità media del servizio delle paritarie.

[18] Forse se ne vuole attribuire la responsabilità allo Stato?!

[19] Le famiglie che possono, scelgono, non sono obbligate; comunque non è due volte perché le tasse riguardano tutta la popolazione (60 mln) e gli studenti sono di meno (8 mln) e poi le private paritarie …. costano di meno delle statali (così dicono esse stesse).

[20] Chi non ha figli in età scolare paga la sua quota di scuola pubblica, in cambio di niente!

[21] Questa affermazione andrebbe spiegata, così è proprio incomprensibile. In ambito UE siamo negli ultimi posti delle graduatorie per quanto riguarda risorse destinate all’istruzione: 4% del Pil rispetto a una media del 4,9% (ci mancano 16 mld per raggiungere il livello medio).

[22] 10.000 euro/anno per studente è il risultato di uno studio Civicum-Deloitte sui costi totali di un liceo statale milanese; studio destinato a fini particolari; generalizzare è doppiamente sbagliato; tanto che il sito tempi.it, vicino al “gruppo di pressione pro-paritarie” adotta nei suoi calcoli il valore di 7.000 euro/anno.

[23] vedi [16].

[24] Le paritarie sono strutture private, sta a loro mettere in ordine i conti o, al limite, rinunciare; c’è chi dice che stanno facendo dumping offrendo un servizio pubblico sotto-costo, nessuno le obbliga; pare inoltre incoerente, in questa situazione, dare lezioni alle scuole statali!

[25] Perché, chi lo dice? è serio e proponibile che per venire incontro alle difficoltà (quali e causate da cosa nessuno lo dice) delle paritarie si debba coinvolgere il sistema scolastico nazionale statale che – con tutti i difetti e critiche – provvede al 90% degli studenti?

[26] Sembra disinvolto, se non azzardato, riproporre tranquillamente questa ipotesi di soluzione non vagliata dal Gruppo di lavoro istituito da Valeria Fedeli più di un anno fa e che però non ha mai operato; questo Gruppo di lavoro è diventato una specie di scheletro nell’armadio e continua però a incombere come un convitato di pietra!

[27] Con quali criteri e riferimenti si propone 5.500 euro/anno per studente? Alcune paritarie chiedono rette inferiori, mentre per le statali vengono considerati 10.000 o 7.000 euro, vedi [22]. non dimentichiamo che i costi delle statali includono quota parte dei costi generali del Miur e Usr.

[28] Vedi [23]

[29] È una battuta? Non c’è contraddizione, è normale. Da notare che c’è chi scrive che per le paritarie i controlli possono consistere in autocertificazioni!

[30] Ammortizzatori sociali fu un’infelicissima battuta di Gelmini, perché riproporla con disistima? La realtà è che docenti e altri lavoratori della scuola sono retribuiti e trattati malissimo, sono sfruttati, perché pure offenderli? E poi nelle paritarie la situazione risulta ancora più sfavorevole.

[31] Battuta infelicissima, malvagia.

[32] Un po’ esca, un po’ libro dei sogni; e poi tutto ipotizzato sul futuro che verrà! Difficile da credere.

[33] Idem come sopra. Si ipotizza una situazione simile alla Francia come se fosse dietro l’angolo.

[34] È il trattamento che praticano le paritarie a causare la migrazione alle statali.

[35] Larvatamente si propone una con-fusione statali-paritarie come si sta tentando di fare con il sistema integrato 0-6, dove integrato sta per 0-3 + 4-6 riferito a scuole pubbliche (statali e comunali) e non per statali + paritarie come vorrebbero le paritarie stesse.

[36] “Pregiudizio ideologico”? altrui ovviamente, è espediente dialettico per porsi al di sopra della discussione e del confronto come giudice che delegittima le posizioni diverse o contrarie alla propria; in genere chi ci ricorre si trova in difficoltà o in difetto di argomentazioni.

[37] Il paragone col Sistema Sanitario, è del tutto improprio, gratuito, strumentale, viene usato perché torna utile la modalità “costo standard”; in altre parole, è un procedimento a ritroso: siccome piace il costo standard, deve valere andare bene il paragone! e poi converrà approfondire gli aspetti critici del sistema sanitario integrato pubblico-privato con i ticket, l’intra-moenia, con analisi diagnostiche disponibili a 6 o 12 mesi dalle richieste, con i medici che inducono ai propri studi privati o cliniche; non è un caso se il modello Lombardia viene ora retrocesso a modello Formigoni e Attilio Sala lo sta rivedendo con intenzioni – pare – di ridurre il ricorso ai privati.

[38] Vedi punto [4].

[39] Che le scuole private paritarie e confessionali siano più libere mentalmente rispetto alle statali è tutto da dimostrare!

[40] Stato totalitarista?! Affermazione azzardata, nonostante la situazione critica, confusa, conflittuale della politica nostrana. Converrebbe guardare piuttosto oltretevere ad esempio a quanto ha scritto la sopranumeraria Maria del Carmen Tapia nel suo libro autobiografico “Oltre la soglia. Una vita nell’Opus Dei. Un viaggio nel fanatismo”, Dalai Editore, 1997, o almeno all’articolo di Simonetta Fiori “La censura dell’Opus Dei, la Repubblica, 14 gennaio 1997. Oppure al più recente “Il papa dittatore” di Marcantonio Colonna (forse ispirato dai cardinali Burke, Brandmüller e Müller). Questo libro viene recensito da Carlo Franza con l’articolo <<Bergoglio. “Il Papa dittatore”>> in un blog appartenente alla stessa testata il giornale.it che pubblica l’articolo di Anna Monia Alfieri sopra riportato.

.

.

.

.

.

.

.

.