di Rosalba Sblendorio, Studio Rando Gurrieri, 6.9.2019
– Le scuole paritarie non vantano un vero e proprio diritto all’erogazione di contributi pubblici. Tale erogazione è lasciata della discrezionalità pianificatoria degli enti competenti, i quali possono definirne le modalità e la quantificazione delle risorse economiche disponibili, tenendo conto degli stringenti vincoli contabilistici e della scarsità delle risorse pubbliche.
Questo è quanto ha statuito il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5739 del 19 agosto 2019.
Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all’attenzione dei Giudici amministrativi.
I fatti di causa.
Le ricorrenti sono scuole paritarie che hanno impugnato dinanzi al Tar la delibera comunale, con cui è stato loro confermato lo stesso finanziamento pubblico concesso nel triennio precedente. E ciò malgrado, esse avessero chiesto una modifica migliorativa del precedente accordo, ossia l’erogazione di un contributo più congruo, proporzionato a quello stanziato per le scuole pubbliche. A dir delle ricorrenti, tale deliberazione è illegittima e meritevole di annullamento in quanto «in contrasto con il complessivo assetto normativo, di rango costituzionale e primario, che struttura in termini paritari il sistema scolastico, indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli istituti formativi ed educativi, ponendo precisi e non disparitari obblighi di contribuzione».
Il Tar ha respinto il ricorso, escludendo che il principio della parità scolastica di cui alla L. n. 62 del 2000, sia, di per sé, idoneo a estendere alle scuole paritarie anche il sistema dell’erogazione dei contributi pubblici, essendo limitato al riconoscimento della pari dignità ed equipollenza dell’effetto formativo. Con l’ovvia conseguenza che la suddetta erogazione, sia in ordine all’an che al quantum, è lasciata alla valutazione ampiamente discrezionale dell’amministrazione.
Il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato.
La decisione del CdS.
I Giudici amministrativi, innanzitutto, prendono in considerazione la questione relativa al riconoscimento della parità scolastica. In forza di tale parità, si deve garantire agli studenti che frequentano le scuole paritarie l’equiparazione dei diritti e dei doveri, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati da scuole statali e, più in generale, un’istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola. Con riferimento, poi, al finanziamento pubblico, il Consiglio di Stato parte dall’esame dell’art. 33, comma 3, Cost., secondo cui «enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Proprio tale ultima espressione – “senza oneri per lo Stato“- ha dato adito a interpretazioni restrittive in merito al diritto delle scuole private a ottenere forme di finanziamento pubblico. Un’interpretazione tale, tuttavia, porterebbe a considerare quanto statuito dalla predetta norma come un preciso ed espresso limite costituzionale alla garanzia del pluralismo scolastico. Per tali motivi, i Giudici amministrativi ritengono che dall’art. 33 Cost. non si evince un espresso divieto per le scuole non statali a ottenere contributi pubblici. D’altro canto, questo convincimento trova conferma nel fatto che, in tempi recenti, sono state istituite forme di erogazione potenzialmente compatibili con il limite costituzionale su esposto, quali ad esempio l’attribuzione di buoni scuola, il riconoscimento di assegni di studio, forme di rimborso spese o di esonero o agevolazione fiscale.
Tali forme di erogazione hanno imboccato essenzialmente due strade: «a) la prima, ha preso le mosse dall’attivismo regionale, posto che le Regioni, esercitando le competenze riconosciute dall’ art. 138, 1 co., lett. e), D.Lgs. n. 112 del 1998, hanno provveduto ad erogare o a programmare l’erogazione di contributi alle scuole non statali (come è avvenuto nella fattispecie in esame); b) la seconda, al fine di incentivare il diritto allo studio, ha riconosciuto provvidenze economiche statali a favore non direttamente delle scuole ma degli studenti delle scuole paritarie».
In questo contesto, la parità scolastica, con riferimento ai finanziamenti pubblici, si concretizza nel riconoscimento direttamente a favore degli studenti (specie quando capaci e meritevoli) di un rimborso delle spese o di forme equipollenti di agevolazione, senza che tali forme di finanziamento finiscano per attribuire alle scuole paritarie un vero e proprio diritto a ottenere i contributi statali e le provviste di beni e servizi diretti agli uffici e alle istituzioni scolastiche statali. Seguendo quest’interpretazione, secondo il Consiglio di Stato, se, da un lato, dall’art. 33 Cost. non si può evincere un espresso divieto, per le scuole paritarie, a ottenere contributi pubblici, dall’altro, in difetto di positiva norma primaria in punto, si può affermare che l’erogazione di detti contributi in forma paritaria è lasciata alla discrezionalità pianificatoria degli enti competenti (nella specie, il Comune). Saranno questi ultimi, quindi, a definire le modalità e la quantificazione delle risorse economiche disponibili per il finanziamento alle scuole non statali, tenendo conto di un quadro finanziario che non può prescindere dagli stringenti vincoli contabilistici e della scarsità delle risorse pubbliche.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Consiglio di Stato, ritenendo corretta la decisione impugnata, ha rigettato l’appello.
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