Facebook ed i social in generale sono strumenti che hanno cambiato il mondo della comunicazione, ma non sempre in modo positivo. Spesso si matura la convinzione che su facebook, ad esempio, si possa dire tutto quello che si vuole senza limiti, ma non è così, non è uno spazio “riservato” e privato, è uno spazio pubblico e pertanto sono necessarie dovute cautele.
In tale luogo si possono realizzare anche dei reati. Con il termine reato, comunemente,si intende un fatto umano tipico ovvero conforme ad una specifica fattispecie penale incriminatrice, al quale si ricollega una specifica sanzione penale. I reati comprendono di norma delitti e contravvenzioni. Tra i delitti contro la persona vi è la diffamazione. L’articolo 595 del CP così afferma: “1. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.2. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro.3. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità , ovvero in atto pubblico , la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro .4. Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio , le pene sono aumentate.” L’articolo 27 della Costituzione afferma che “La responsabilità’ penale e’ personale. L’imputato non e’ considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita’ e devono tendere alla rieducazione del condannato.”Principi di garanzia di una grande rilevanza che valgono anche, ovviamente, per il reato di diffamazione che in facebook è sempre più diffuso, tanto che si registrano diverse importanti sentenze in materia che consentono di fornire dei criteri importanti che possono riguardare, in via analogica, anche il personale della scuola.
Casistica diffamazione su Facebook:
La Cassazione 16712 del 2014 rileva, “che l’offesa alla reputazione rilevante ai fini della diffamazione prescinde dalle conseguenze che possono derivare o siano in concreto derivate all’interessato. Ciò che rileva, quindi, è soltanto l’uso di frasi offensive – quale è nella specie anche l’espressione volgare riferita alla moglie dell’interessato – e la circostanza che, come affermato dalla giurisprudenza, la pubblicazione su internet di per sè ne abbia determinato la conoscenza da parte di più persone, a nulla rilevando se in concreto siano state lette. Ed invero, il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due. Ed ai fini di detta valutazione non può non tenersi conto dell’utilizzazione del social network a nulla rilevando che non si tratti di strumento finalizzato a contatti istituzionali tra appartenenti alla Guardia di finanza, né la circostanza che in concreto la frase sia stata letta soltanto da una persona.”
La Cassazione 24431 del 2015 rileva che “ il reato tipizzato al terzo comma dell’art. 595 c.p.p. quale ipotesi aggravata del delitto di diffamazione trova il suo fondamento nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorchè non individuate nello specifico ed apprezzabili soltanto in via potenziale, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa. D’altra parte lo strumento principe della fattispecie criminosa in esame è quello della stampa, al quale il codificatore ha giustapposto “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, giacché anche in questo caso, per definizione, si determina una diffusione dell’offesa ed in tale tipologia, quella appunto del mezzo di pubblicità, ha fatto rientrare la lezione ermeneutica della corte, ad esempio, un pubblico comizio (Sez. 5,11. 9384 del 28/05/1998, Forzano, Rv. 211471) ovvero (Sez. 5, 6/4/11, n. 29221, rv. 250459) l’utilizzo, al fine di inviare un messaggio, della posta elettronica secondo le modalità del “farward” e cioè verso una pluralità di destinatari. Detti arresti risultano infatti argomentati con il rilievo che, sia un comizio che la posta elettronica, vanno considerati mezzi di pubblicità, giacché idonei a provocare una ampia e indiscriminata diffusione della notizia tra un numero indeterminato di persone. Tornando ora, come di necessità, alla fattispecie dedotta, osserva il Collegio che anche la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo per questo di una bacheca facebook, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca facebook non avrebbe senso), sia perché l’utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione. Identificata nei termini detti, la condotta di postare un commento sulla bacheca facebook realizza, pertanto, la pubbliciz7azione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone comunque apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dal terzo comma dell’art. 595 c.p.p..”
E per ultima la Cassazione del 1 marzo 2016, n. 8328 la quale ricorda che “ ha più volte evidenziato che il reato di diffamazione può essere commesso a mezzo di internet (cfr. Sez. 5, 17 novembre 2000, n. 4741; 4 aprile 2008 n. 16262; 16 luglio 2010 n. 35511 e, da ultimo, 28 ottobre 2011 n. 44126), sussistendo, in tal caso, l’ipotesi aggravata di cui al terzo comma della norma incriminatrice (cfr. altresì sui punto, Cass., Sez. 5, n. 44980 del 16/10/2012, Rv. 254044), dovendosi presumere la ricorrenza del requisito della comunicazione con più persone, essendo per sua natura destinato ad essere normalmente visitato in tempi assai ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti (Sez. 5, n. 16262 del 04/04/2008). In particolare, anche la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma terzo, cod. pen., poiché la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo per questo di una bacheca facebook, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca facebook non avrebbe senso), sia perché l’utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione (Sez. 1, n. 24431 del 28/04/2015). Pertanto, la condotta di postare un commento sulla bacheca facebook realizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall’art. 595 c.p.p., comma (Sez. 1, n. 24431 del 28/04/2015)”.
Procedura:
I termini per produrre una querela per il reato di diffamazione sono di tre mesi dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato. E’ consigliabile chiedere nell’atto di querela do essere informato, ex art. 406 III° comma c.p.p. , di ogni eventuale richiesta di proroga delle indagini ed altresì, di essere avvisato, ex art.408 II° comma c.p., di un’eventuale richiesta di archiviazione e di opporsi qualora si intendesse procedere per un reato perseguibile a querela, ad una richiesta di emissione di decreto penale di condanna e di riservarsi di costituirsi come parte civili per eventuali azioni risarcitorie. Si devono allegare documenti, tipo stampe e screenschot delle discussioni avvenute su facebook e frasi oggetto della querela, ma quello che si suggerisce, perché si possano valutare se sussistono o meno le condizioni per produrre una querela è di consultarsi con un penalista. E’ anche possibile ritirare la querela una volta proposta per remissione o rinuncia. La querela va proposta all’autorità competente qualeun pubblico ministero od a un ufficiale di polizia giudiziaria (ovvero all’estero, ad un agente consolare), sia in forma orale, ed in questo caso verrà effettuato specifico verbale, che in forma scritta. Per la questione del luogo, per la querela per diffamazione consumata via internet, l’orientamento prevalente vuole che la competenza territoriale sia quella del luogo di domicilio dell’imputato.
Questione diffamazione contro minorenni:
Un problema che si pone è se il possibile querelato sia uno studente minorenne. I minorenni verrebbero, in caso di rinvio a giudizio, processati dal Tribunale dei Minorenni, ove non vi è la possibilità di costituirsi parte civile, per chiedere il risarcimento del danno. Eventualmente sarà la famiglia del minore ad esporsi al rischio per azioni risarcitorie di cui alla diffamazione per eventuale culpa in educando o in vigilando. Ma, come detto, se è consigliabile consultare un penalista prima di effettuare una qualsiasi querela, lo è ancor di più quando si tratta di minori. E soprattutto deve essere valutata l’opportunità di intraprendere tale azione, vagliando anche il coinvolgimento dei competenti organi collegiali e di disciplina della scuola. A tal proposito è il caso di ricordare quanto normato dall’ Art. 9 del codice penale: “Non è imputabile chi nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni.” Mentre, l’articolo 98 del C.P afferma: “E’ imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d’intendere e di volere; ma la pena è diminuita. Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l’interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale”.
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