Si diventa prof solo sul campo, il “come” chiedetelo alle scuole

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di Filomena Zamboli,  il Sussidiario, 22.10.2018

“Quando”, “dove” e “come” il docente fa esperienza per insegnare bene? La risposta è fondamentale per cambiare l’accesso alla professione, come vuol fare Bussetti.

Se l’esperienza è una “conoscenza pratica” che si acquisisce con il tempo e l’esercizio, possiamo sicuramente affermare che essa costituisce elemento essenziale della professionalità dell’insegnare. Non vogliamo qui richiamare i paradigmi contemporanei per i quali, oggi, non basta più che un docente sappia e “trasmetta” il sapere che possiede (anch’esso soggetto nel tempo ad accrescimento) per cui si configura come facilitatore piuttosto che come tutor e via così. Vogliamo domandarci, e risponderci, su “quando”, “dove” e “come” il docente fa esperienza per esercitare pienamente la sua professione.

E’ del tutto evidente, per esempio, che un chirurgo impara ad acquisire la sua perizia professionale praticandone le tecniche, dapprima in maniera teorica e poi con l’esercizio pratico. Sicuramente il passaggio da contesti di studio teorico a quelli applicativi sono connotati da gradualità. Insomma nessun chirurgo è mai stato catapultato in sala operatoria senza un adeguato periodo di apprendistato mentre la pratica esperta, che egli acquisisce con il tempo, comincia sempre in maniera assistita per salvaguardare il soggetto al quale la sua prestazione professionale rende beneficio e non danno. Si tratta di persone e si tratta di vita umana.

Allo stesso modo, questo aspetto del fare esperienza e dell’apprendistato del docente rappresenta uno dei più trascurati della professione dell’insegnare. Da troppo tempo, cioè da quando il paradigma professionale del docente è mutato, in ragione delle mutate esigenze che ne caratterizzano il profilo (ovvero non solo “sapere” per trasmettere), la scuola e l’università e le politiche di reclutamento si interrogano su quale sia il percorso più opportuno perché egli non impari ad essere ciò che deve essere direttamente sulla pelle dei suoi studenti. Alcuni cambiamenti importanti si registrano dal versante scuola. Per esempio è efficacemente cambiata la modalità con la quale si svolge il cosiddetto anno di prova conseguente all’immissione in ruolo. Alcuni elementi caratterizzanti: il tutor, cui l’insegnante neo-immesso è affidato, è un docente esperto della disciplina insegnata. Il docente in prova assiste in aula per un determinato numero di ore alla pratica del docere del suo tutor, che a sua volta, “ricambia  le visite” al fine di poter efficacemente consigliare, accompagnare, correggere, supportare.

Anche le esperienze relative all’utilizzo del potenziamento, laddove è stato possibile realizzare progettualità significative, si sono rivelate efficaci quando i docenti dell’organico dell’autonomia hanno condiviso, nella stessa classe, percorsi, strumenti, idee, “potenziando” appunto la loro proposta didattica. Raddoppiando l’efficacia degli interventi con gli alunni. Imparando l’uno dall’altro. Il più giovane dal più esperto nella proposta didattica e nella gestione  delle dinamiche di una classe, il più esperto dal più giovane negli strumenti e nella proposta metodologica.

Recita l’articolo 27 del Ccnl scuola 2018: “Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari, informatiche, linguistiche, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo relazionali, di orientamento e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica. I contenuti della prestazione professionale del personale docente si definiscono nel quadro degli obiettivi generali perseguiti dal sistema nazionale di istruzione e nel rispetto degli indirizzi delineati nel piano dell’offerta formativa della scuola”.

Sorprende positivamente che sia un contratto, ovvero uno strumento giuridico chiamato a definire il regolamento di interessi relativo all’accordo di coloro che lo stipulano, a rappresentare gli elementi costituivi di un profilo professionale, declinandone le competenze e la gradualità della loro acquisizione.

Competenze “che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica“. Ne discende che tale percorso di maturazione costituisce una variabile necessaria e imprescindibile della professione dell’insegnare. Come del resto per ogni altra professione. Quando e dove “cominciare” questo percorso pratico di acquisizione di competenze? Va da sé che la risposta sia: “prima possibile” e non quando il docente ha già la responsabilità piena e diretta della gestione delle sue classi. Il “come” bisogna chiederlo alla “comunità educante” (art. 24 del Ccnl 2018). Bisogna chiederlo alle scuole. Loro lo sanno.

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Si diventa prof solo sul campo, il “come” chiedetelo alle scuole ultima modifica: 2018-10-22T06:50:23+02:00 da
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