di Maria Teresa Stancarone, Scuola7, n. 221, 8.2.2021.
La bozza sottoposta a consultazione pubblica.
La riflessione pedagogica sul significato e sull’importanza dell’infanzia si è modificata nel tempo, determinando un corrispondente ripensamento riguardo alle dimensioni di cura e di educazione infantile. Volendo sintetizzare al massimo questa considerazione, possiamo dire che si è passati dal considerare il bambino come un adulto in miniatura (adulto nano, lo definiva Wolff), già strutturato rispetto a caratteristiche determinate da fattori ereditari e per questo bisognoso solo di essere accudito e assistito, al riconoscerne la centralità nel processo di apprendimento, in quanto individuo portatore di specifici bisogni ed esigenze formative.
Il bambino al centro
È implicito che riconoscere al periodo infantile una dimensione qualitativamente determinante per lo sviluppo socio-cognitivo di ciascuno ha avuto come conseguenza una costante e progressiva attenzione alle politiche formative dei più piccoli, che non possono essere limitate alla dimensione assistenziale, ma devono, appunto, mirare alla cura e all’educazione della persona, nel rispetto delle caratteristiche infantili.
A onor del vero va anche detto che, nonostante queste considerazioni siano ormai patrimonio comune, permane nell’immaginario collettivo l’idea che prendersi cura dell’infanzia sia un compito, un’attività facile, confondendo di fatto, ancora una volta, l’assistenza con la formazione. In realtà l’approccio professionale di educatori e docenti dei percorsi infantili necessita a sua volta di una formazione specifica, a cui sicuramente il legislatore ha pensato quando, con il D.lgs. 65/2017, ha previsto per tutti il possesso di un corrispondente titolo di laurea. Anche in questo ambito, comunque, c’è ancora molta strada da fare per arrivare a definire un modello di formazione di qualità, omogeneo e coordinato. Ma è importante averne preso atto e stare lavorando in questa direzione.
Il 900 come secolo del bambino[1]?
L’importanza delle politiche per l’infanzia ha una storia relativamente recente. Sono molti gli studiosi che, nel ricostruire le tappe dell’educazione infantile, hanno guardato al 900 come a un secolo che ha segnato un cambio di passo a vantaggio della centralità del bambino nelle politiche educative. Philippe Ariès[2], ad esempio, parla di una vera e propria costruzione dell’idea di infanzia nel 900, grazie alle politiche sulla famiglia e sulla scuola, allo sviluppo della psicologia infantile ed all’apporto di pedagogisti ed educatori e di psicoanalisti, basti pensare a Montessori o a Erikson. Secondo questo nuovo punto di vista, il bambino deve essere destinatario di stimoli educativi che, a loro volta, necessitano di una riflessione scientifica e di una progettualità mirata e specifica. C’è, quindi, una progressiva attenzione verso l’infanzia, a cui viene riconosciuto un ruolo e una collocazione nel processo evolutivo dell’individuo con la conseguente necessità di programmare interventi ad hoc.
I primi 50 anni della Scuola dell’infanzia in Italia
Nello specifico dell’esperienza italiana, appare opportuno ricordare che la Scuola dell’infanzia nel 2018 ha compiuto i suoi primi 50 anni da quando, il 18 marzo 1968, fu promulgata la legge 444 istitutiva della Scuola materna statale. Quello che è successo da quella data in avanti ha avuto riflessi importanti e determinanti nella vita delle famiglie e sulla condizione dell’infanzia in Italia, che oggi vanno riletti e inquadrati nell’ambito del più ampio Sistema integrato di educazione e istruzione da 0 a 6 anni.
Con la Legge 444/68 nasceva un’idea di sistema educativo generalizzato e di qualità rivolto ai bambini dai 3 ai 6 anni nel rispetto del pluralismo pedagogico, a cui ha fatto presto seguito, nel 1971, l’istituzione dei nidi d’infanzia per i bambini fino a 3 anni. Interventi che hanno progressivamente avuto un impatto positivo anche sulla genitorialità, consentendo di conciliare il tempo dedicato alla famiglia con i tempi della vita sociale e lavorativa.
Aumentare l’offerta per i bambini da 0 a 3 anni
Nell’anno della sua istituzione, ottantanovemila bambini vennero iscritti nella Scuola materna statale e in soli dieci anni si arrivò a quasi il 40% di accoglimento della popolazione scolastica complessiva sia delle scuole statali che non statali. Oggi la copertura delle Scuole dell’infanzia per i bambini tra i 3 e i 6 anni si assesta sul 94,5% in tutto il Paese, mentre c’è ancora molto da fare per i servizi educativi 0-3 anni, dove la copertura è garantita per il 24,5%, lontano dal benchmark europeo del 33%, con l’aggravante che in molte regioni del Sud si raggiunge a stento la soglia del 10%. Secondo l’ultimo rapporto ISTAT, infatti, denominato Offerta di asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia anno scolastico 2017/2018 del 12 dicembre 2019, mentre a livello nazionale, per l’anno scolastico 2017/2018, si è registrata una disponibilità di posti nei servizi educativi per la prima infanzia pari al 24,7% dei potenziali utenti, nel Sud questa disponibilità è stata pari al 12,3% e nelle Isole al 13,5%.
La nascita del sistema integrato 0-6
Il processo di evoluzione delle politiche scolastiche per l’infanzia ha senza dubbio avuto una ulteriore spinta in avanti grazie al D.lgs. 65/2017, uno degli otto decreti attuativi della legge 107 del 2015 che ha istituito il Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni, con l’obiettivo, da leggere in ottica inclusiva tipica della tradizione italiana, di garantire “ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”.
Ma la novità più importante che questo decreto ha definitivamente sancito è il posizionamento dei servizi per l’infanzia nella sfera educativa e non più in quella assistenziale, a conferma di quella tradizione pedagogica che ha caratterizzato gli studi sull’infanzia e ha riconosciuto al bambino un ruolo di centralità nel processo formativo, che necessita di intenzione e cura educativa.
Non va dimenticato, inoltre, che per finanziare concretamente il Sistema integrato è stato creato un Fondo specifico per l’attribuzione di risorse agli Enti locali, che quest’anno è stato incrementato di 15 milioni arrivando ad un totale di 264 milioni.
La necessità di una cornice pedagogica
La complessità dell’universo infantile ha bisogno di documenti di riferimento specifici e rispettosi della fascia di età a cui sono dedicati. Dagli Orientamenti del 1991, un testo che precorre l’impianto didattico autonomistico successivamente riconosciuto alle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione, si è fatta molta strada e oggi i docenti possono fare riferimento alle Indicazioni Nazionali del 2012, che hanno tenuto insieme la scuola dell’infanzia con il primo ciclo, e che hanno avuto un restyling ad opera del Documento I Nuovi Scenari, in coerenza con l’Agenda 2030. Non mancano, poi, documenti internazionali a cui fare riferimento, in particolare la Raccomandazione della Commissione Europea del 22 maggio 2019, che evidenzia la necessità di curare l’educazione del bambino in ottica unitaria e multiculturale, capace di assicurare inclusione e pari opportunità e di legare insieme aspetti affettivi, sociali e cognitivi.
Ma era necessario avere delle specifiche linee guida per tutta la fascia 0-6, funzionali proprio a realizzare l’integrazione voluta dal D.lgs. 65/2017, restituendo a tutto il Sistema una cornice pedagogica complessiva, in grado di stimolare una riflessione unitaria sulla cultura dell’educazione dell’infanzia.
Il lavoro della Commissione nazionale
Per orientare le attività del Sistema integrato e offrire un coordinamento dell’impianto culturale e pedagogico a cui fare riferimento, il D.lgs. 65/2017 aveva previsto due gruppi nazionali: una Commissione scientifica ed una cabina di regia. La prima con un profilo squisitamente pedagogico, la seconda con compiti di carattere gestionale-amministrativi, ma entrambe pensate per l’attuazione concreta del D.lgs. 65/2017.
L’avvicendamento di più ministri dal febbraio 2018, cioè dalla costituzione dei due gruppi, e la diversa sensibilità politica sul tema, non ha sempre facilitato lo svolgimento e la prosecuzione dei lavori inizialmente previsti. Con il DM 6 febbraio 2020, n. 55 è stata integrata la composizione della Commissione, designando Giancarlo Cerini come coordinatore della Commissione, già dirigente tecnico dell’Istruzione e con riconosciute competenze nel settore, e i lavori sono ripresi e si sono sviluppati con rinnovata intenzionalità e capacità di visione strategica.
La Commissione nazionale ha infatti prodotto importanti documenti a vantaggio di quanti sono impegnati in questa fascia di educazione e di istruzione. Basti fare riferimento al Documento Orientamenti pedagogici sui LEAD: legami educativi a distanza – un modo diverso per fare nido e scuola, pubblicato in piena pandemia, nel maggio 2020, e finalizzato proprio a fornire orientamenti ai servizi educativi ed alle scuole dell’infanzia su come mantenere vivo il dialogo educativo con i più piccoli e con le loro famiglie, nonostante l’interruzione forzata delle attività in presenza.
Le linee pedagogiche 0-6 e la fase di consultazione pubblica
La pubblicazione della bozza delle Linee pedagogiche per il sistema integrato “zerosei” non intende sostituire gli attuali documenti programmatici vigenti per la scuola dell’infanzia a cui prima abbiamo fatto riferimento (Indicazioni Nazionali 2012), né vuole risolvere in questo testo i tanto attesi Orientamenti educativi nazionali per lo 0-3, a cui pure la Commissione sta lavorando.
Con questo documento si vuole, invece, finalmente fornire una cornice di riferimento pedagogico unitaria, restituendo anche chiarezza al quadro istituzionale e organizzativo entro cui il Sistema integrato, non senza fatica, è inserito. Lo scopo è quello di favorire lo sviluppo e il consolidamento dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia, riconoscendo la continuità pedagogica che li caratterizza, le necessarie correlazioni e identificando l’unitarietà del modello pedagogico di riferimento come premessa per la qualità degli interventi di cura e di educazione previsti per i bambini da zero a sei anni.
Nella consapevolezza che nessun modello pedagogico può essere pienamente compreso e realizzato se calato dall’alto, il documento è stato licenziato come bozza, attorno a cui avviare una importante attività di consultazione pubblica con operatori del settore, stakeholders e famiglie.
L’ambizione più grande, a questo punto, resta quella di saggiare la sensibilità collettiva sui temi dell’infanzia, favorendo il riconoscimento della centralità del bambino e dei servizi e delle scuole che se ne fanno carico nello sviluppo sociale del Paese, per una rinnovata attenzione alla specificità e alla valorizzazione di questo settore.
[1] L’espressione è stata utilizzata da Ellen Key agli inizi del 900, per sottolineare i contributi alla ricerca sul mondo infantile da parte di studiosi di diverse discipline in quel periodo.
[2] Philippe Ariès, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, Seuil, Parigi 1960.
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. . Una cornice pedagogica per lo 0-6 ultima modifica: 2021-02-09T08:12:56+01:00 da