Vigilanza sul minore e responsabilità del docente: la legge e la sua interpretazione

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di Andrea Aversa, Oggiscuola  24.1.2016

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– Il tema della responsabilità civile e patrimoniale del personale docente, in materia di vigilanza sugli alunni, è da sempre al centro delle discussioni che riguardano il mondo della scuola.
Questo è dovuto alle interpretazioni che si fanno della legge che spesso  creano delle “zone d’ombra” che contrastano con il sistema giuridico.

La responsabilità aggravata è regolata dall’ART. 2048 c.c. e come affermato da Maria Cristina Paoletti, è opportuno delineare in primo luogo lo specifico quadro normativo di riferimento che è di natura sia legislativa ( art. 2048 del Codice Civile relativo alla responsabilità dei precettori; art.61 della L. 11 luglio 1980 n. 312 concernente la disciplina della responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente educativo e non docente ) che contrattuale ( art. 42, 5° comma del CCNL del 14.8.95) (1)

Un riferimento alla vigilanza è presente anche nell’art.10 lettera a) del Testo Unico delle disposizioni vigenti in materia di istruzione n. 297 /94 in cui si prevede che il Consiglio di circolo o di istituto delibera sull’adozione del regolamento interno che “deve stabilire le modalità …. per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola, nonché durante l’uscita dalla medesima “.

Le disposizioni previste dall’art.350 del Regio Decreto n.1297 del 1928 relativo a specifici doveri di sorveglianza in capo agli insegnanti elementari (2) e dall’art.39 del Regio Decreto n.965 del 1924 concernente i compiti di vigilanza negli istituti di istruzione media (3) non sono più applicabili ai sensi dell’art.82 del CCNL del 1995 in attuazione di quanto disposto dall’art.72 del D.Legs. n.29 /1993 .

In base a giurisprudenza risalente e consolidata , il personale insegnante delle scuole sia private che pubbliche rientra nella nozione dei cosiddetti  “precettori ” di cui all’art. 2048 , 2° comma del C.C. (4)

Per l’applicabilità dell’art.2048 c.c. anche ai dipendenti statali cfr. Cass. Sez.Un. 3.2.72, n.260 ( in CED rv 356078) e Cass. Sez. Un. 9.4.73 , n.997 , in CED rv 363395) . Dunque, gli insegnanti in genere sono responsabili dei danni causati a terzi “dal fatto illecito dei loro allievi… nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. “

Dove si tratti di docenti di una scuola pubblica , la responsabilità si estende alla pubblica amministrazione in virtù del principio organico ai sensi dell’art.28 della Costituzione (5)

Va qui rilevato, ma la questione sarà affrontata in seguito, che alla responsabilità degli insegnanti può accompagnarsi quella delle autorità scolastiche qualora la mancata vigilanza derivi da carenze nel loro operato.

Soffermandoci invece sul dovere di vigilanza di cui sono investiti gli insegnanti, è necessario evidenziare che l’art. 2048 , 3° c . del c.c. prevede una responsabilità “aggravata” (6) a carico dei docenti in quanto essa si basa su di unacolpa presunta , ossia sulla presunzione di una “culpa in vigilando”, di un negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza sugli allievi, vincibile solo con la prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto (7) .

E’ necessario cioè che venga provato da parte dell’insegnante il caso fortuito, ossia un evento straordinario non prevedibile o superabile con la diligenza dovuta in relazione al caso concreto ( età, grado di maturazione degli allievi, condizioni ambientali ecc). La prova liberatoria è stata, inoltre, caricata dalla giurisprudenza di un contenuto nel tempo sempre più gravoso. I “precettori ” non si liberano dalla responsabilità se non dimostrano in “positivo” di aver adottato in via preventiva le misure idonee ad evitare la situazione di pericolo favorevole alla commissione del fatto dannoso . (Cfr. Cass. Sez. Un. 9.4.73, n.997. cit. , ove si ritiene che la presenza dell’insegnante avrebbe potuto impedire l’evento dannoso con un intervento tempestivo finalizzato a dividere i due alunni che litigavano, evitando così che le ingiurie sfociassero in colluttazione )

Dinanzi ad una regola così rigorosa, resa ancor più severa dall’orientamento delle Corti sul piano della prova liberatoria, si impone qui una prima precisazione. La giurisprudenza di legittimità sull’art. 2048 c.c. registra due filoni interpretativi.

Secondo un primo orientamento, l’art. 2048 2° c. del c.c. prevede la responsabilità dei “precettori” nella sola ipotesi del danno causato a terzi dal ” fatto illecito” dei loro alunni commesso nell’arco di tempo in cui essi sono sotto la loro sorveglianza. Invero, la giurisprudenza risalente ( cfr. Cass. 28.7.67 n. 2012, in CED rv 329060), ma non mancano pronunce recenti nel medesimo senso (Cass. civile sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1135, in Giur. it. 2000, 507) , interpreta la norma in senso restrittivo per cui non ritiene sussistente la responsabilità prevista dall’art. 2048 nel caso di danno che l’alunno abbia causato a sé stesso

Un secondo orientamento, invece, ha ritenuto applicabile la norma anche in questa seconda ipotesi . Si veda la già citata Cass. .3.2.72, n.260 ove si afferma che ” la vigilanza è diretta ad impedire non soltanto che gli alunni compiano atti dannosi a terzi ma anche che restino danneggiati da atti compiuti da essi medesimi, da loro coetanei o da altre persone ovvero da fatti non umani “(8).

Secondo i fautori della prima interpretazione, il danno auto-procuratosi dall’alunno non resta sfornito di tutela, poiché la responsabilità viene comunque rinvenuta nell’ambito del principio di portata generale del neminem laedere di cui all’art.2043 del c.c. , secondo il quale “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno “. Come è noto tale principio sanziona l’illecito extracontrattuale, inteso come violazione del dovere generale di rispetto altrui, attuata mediante la lesione di interessi giuridicamente tutelati nella vita di relazione ( 9).

Il personale insegnante viene considerato responsabile del danno sofferto dal minore (anche se riconducibile a se stesso) in caso di violazione dell’obbligo di vigilare sull’incolumità fisica degli allievi , obbligo per lo più rinvenuto , per gli insegnanti statali, nella normativa di settore ( i citati artt. 350 R.D.1297/1928 e 39 R.D.965/1924 – ora non più applicabili ) o comunque scaturente dall’affidamento dei minori all’ente scolastico .

La condotta omissiva colposa ai sensi dell’art.2043, causa del danno ingiusto sofferto dall’allievo, viene cioè individuata nella violazione dello specifico obbligo giuridico di impedire l’evento che grava sui docenti in relazione al dovere di vigilare sui minori affidati alle loro cure durante l’orario scolastico ( cfr.la già citata Cass. Sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1135).

Finora si è fatto indifferentemente uso del termine ” alunni “ o “minori” . L’obbligo di vigilanza sugli “allievi” previsto dall’art. 2048 c.c. , così come il riferimento contrattuale alla vigilanza sugli “alunni” ( art. 42 , 5°c. CCNL 1995) non deve far ritenere che la responsabilità degli insegnanti possa estendersi anche a situazioni che vedano coinvolti alunnimaggiorenni . Infatti, il fondamento di tale responsabilità è la violazione di quei doveri di vigilanza ed educazione che “presuppongono” la minore età degli allievi (10).

Dunque, sia che si applichi l’art. 2048 c.c. o l’art. 2043 c.c., con l’affidamento degli alunni all’istituzione scolastica si attua un trasferimento di quegli obblighi di vigilanza che di regola incombono sui genitori a tutela dei figli “minori” e che restano “sospesi” per il periodo di tempo connesso all’affidamento stesso . Sarebbe incoerente dal punto di vista sistematico che l’ordinamento gravasse gli insegnanti di una responsabilità per danni in relazione ad alunni maggiori d’etàquando la stessa resta invece esclusa per i genitori .

Sebbene la giurisprudenza abbia adottato criteri di norma comunque rigorosi nel valutare la condotta del personale insegnante nell’esercizio dell’obbligo di vigilanza sia nel caso di danni arrecati dagli alunni a terzi che in caso di danno a sé stessi , va sottolineato che la diversità del criterio di imputazione (art. 2048 c.c. oppure 2043 c.c.) della responsabilità comporta delle conseguenze non irrilevanti sul piano del regime probatorio .

Se infatti, nell’ipotesi di danno causato dall’allievo a sé stesso, si applicasse il criterio di cui all’ art. 2043 c.c. piuttosto che di quello previsto dall’art.2048 , la prova della colpa così come degli altri elementi costitutivi dell’illecito civile extracontrattuale sarebbe , in base ai principi generali, a carico del danneggiato. Non operando la presunzione diculpa in vigilando , il cui effetto è quello di invertire l’onere della prova, spetta al soggetto che promuove l’azione risarcitoria fornire la prova : a) del danno subito; b) del nesso di causalità tra condotta tenuta dall’insegnante ed evento lesivo; c) della colpa dell’insegnante, e cioè del mancante o insufficiente grado di vigilanza in relazione alle circostanze concrete . In base all’art. 2048 c.c., invece, l’onere probatorio del danneggiato e’ di gran lungo meno gravoso e si esaurisce “nella dimostrazione che il fatto si è verificato nel tempo in cui il minore è rimasto affidato alla scuola, mentre spetta all’insegnante dimostrare di non aver potuto impedire l’evento ” (cosi’ la menzionata Cass. 26 giugno, 1998 n. 6331).

Vigilanza sul minore e responsabilità del docente: la legge e la sua interpretazione ultima modifica: 2016-01-24T19:00:10+01:00 da
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