Ocse: alternanza antidoto agli abbandoni scolastici

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– È soprattutto il mondo giovanile, quello analizzato dall’ottavo rapporto Ocse sullo stato delle società industrializzate, “Society at a glance”.
Condotto ogni due anni, lo studio ha preso in considerazione e confrontato gli indicatori sociali non soltanto dei 35 Paesi membri, ma anche, fra gli altri, di Russia, Cina, Brasile, Argentina, Sudafrica e Arabia Saudita. L’ampio quadro offerto nelle 140 pagine appena rilasciate, ha indotto gli analisti a lanciare nuovamente lo specifico allarme giovani: «La crisi mondiale ha colpito i giovani in modo particolare, tanto che nonostante i segnali di ripresa, in area Ocse 40 milioni di ragazzi non studiano né lavorano (i cosiddetti Neet): alcuni mancano delle competenze richieste dal mercato del lavoro, altri lottano con problemi personali o sociali. Ma alla lunga, disoccupazione e inattività possono produrre isolamento e mettere in pericolo la coesione sociale». Come a dire: attenzione, questi problemi si possono trasformare in una bomba a orologeria per gli stati più avanzati, visto che il costo stimato dell’inoccupazione giovanile è compreso fra i 360 e i 605 miliardi di dollari, lo 0,9-1,5% del Pil Ocse.
La sfida dei prossimi anni per i governi, sostiene l’Ocse, è di «equipaggiare i giovani con le competenze professionali di cui c’è bisogno e creare passaggi fluidi tra scuola e lavoro».
Nello specifico italiano, già prima della crisi economica il tasso dei Neet per la fascia di età compresa tra i 15 e i 29 anni si attestava attorno al 20% (4 punti sopra la media Ocse), ma nel 2014 ha raggiunto il 27%, il secondo dato più alto dopo la Turchia.
Ad essere maggiormente colpiti da questo fenomeno sono i ragazzi con i livelli di istruzione più bassi, coloro insomma che non concludono la scuola secondaria superiore o non frequentano specifici corsi professionali dopo la scuola dell’obbligo.
L’abbandono scolastico è dunque un nodo fondamentale da sciogliere, e in questo senso l’Ocse suggerisce alle istituzioni scolastiche di monitorare le assenze degli studenti, onde cogliere tempestivamente i segnali di una disinteresse, di creare solide reti di sostegno e offrire attività e programmi pomeridiani che aiutino i giovani a rinforzare la motivazione allo studio.

Il ruolo dell’alternanza
Lo strumento principe indicato dagli analisti per contrastare i rischi è tuttavia la realizzazione di programmi di alternanza scuola-lavoro già nella fase iniziale del percorso delle scuole superiori: «Programmi che possono rivelarsi interessanti e benèfici per giovani stanchi dei banchi di scuola».
In base ai dati più recenti, i paesi che meglio sono riusciti a ristrutturare il sistema scolastico in questo senso sono l’Islanda, l’Olanda e la Svizzera. In questi tre stati, in media oltre la metà degli studenti lavora mentre studia, la qual cosa è vera solo per uno su venti in Spagna, Italia e Grecia, posizionati al fondo della classifica Ocse: «Lavorare per un moderato numero di ore – fino a 15 alla settimana – ha dimostrato di abbassare il rischio dell’abbandono scolastico, possibilmente perché corrobora abilità basilari come la scrupolosità e la motivazione e può inoltre orientare gli studenti nella scelta di una carriera». Un’attività lavorativa di meno di 20 ore settimanali in parallelo allo studio, viene suggerita anche per gli studenti universitari, se collegata al settore di studio.
L’Ocse trova parole di incoraggiamento per i Paesi come l’Italia che stanno cercando di affermare percorsi di alternanza scuola-lavoro come strumento di formazione per tutte le scuole secondarie superiori. Saranno dunque i prossimi Rapporti Ocse a fotografare i progressi delle iniziative in tal senso, che tuttavia nella concezione sono assai lontane dai sistemi più efficaci, basati su un completo ripensamento dei curricula e su strutturali, regolari, continuativi percorsi lavorativi organici al piano di studi, piuttosto che sull’aggiunta all’orario delle lezioni, di qualche settimana di esperienza in aziende, enti o uffici.

I punti critici
La frammentazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro nelle scuole italiane rende particolarmente difficile una stabile acquisizione, da parte degli studenti, di abilità e competenze adeguate alla vita, ancor prima che al mondo del lavoro, cosicché pare difficile ipotizzare che l’attuale struttura dell’alternanza in Italia possa rivelarsi adeguata a contrastare un fenomeno così endemico come quello della perdita di interesse per la formazione scolastica.
Nella variante italiana dell’alternanza, per molti studenti l’esperienza in azienda si traduce troppo spesso nell’espletamento di mansioni vaghe, che dunque non incidono in profondità nella formazione. Del resto, perché mai un’azienda dovrebbe investire tempo ed energie nell’addestrare anche solo superficialmente uno studente che poi se ne va dopo un paio di settimane?
Altro invece è un percorso che faccia della regolarità su tutto l’arco dell’anno scolastico un’occasione di costruzione di un rapporto sia professionale che relazionale, oltre che di sviluppo di resilienza, tenacia, affidabilità, coscienziosità e autostima: doti non solo fondamentali nel mondo del lavoro, ma capaci anche di contrastare l’abbandono scolastico. Per riuscire a intercettare questi possibili sviluppi virtuosi, ci vorrebbe tuttavia una sostanziale riforma dei curricula delle scuole secondarie: per evitare di restare intrappolati nella mera soddisfazione di un requisito calato dall’alto, che tende a restare avulso, e per creare al contrario reali interazioni e valide cinghie di trasmissione tra scuola e mondo del lavoro. Gli esempi nel mondo ci sono.

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Ocse: alternanza antidoto agli abbandoni scolastici ultima modifica: 2016-10-06T06:13:29+02:00 da
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