di Maurizio Tiriticco, ScuolaOggi, 20.9.2016
– Già prevedo come gli insegnanti si arrovelleranno a utilizzare cinque lettere, abituati da sempre a giostrarsi tra dieci numeri!!! Quando la finiranno al Miur di occuparsi della scuola militante? Perché non si limitano ad amministrarla senza entrare nel merito della didattica, sulla quale, prima di esprimersi, dovrebbero avvalersi dei consigli di esperti?
Così è sempre accaduto, almeno fino alla fine del primo millennio: sono state sempre istituite commissioni di specialisti prima che si adottasse un provvedimento di un certo rilievo (ricordo, ad esempio, i Programmi Brocca), ma ora sembra che una Giannini e un Faraone siano pedagogisti o docimologi di chiara fama. Sutor, ne ultra crepidam/ – chissà se i due ne conoscono il significato!!!
Lo so, sono un po’ cattivello, ma – come diciamo a Roma – quanno ce vo’ ce vo’! Non bastano i danni della 107, che stanno gettando le scuole in gare competitive con chiara violazione di quel principio di eguaglianza e di equità che ha sempre caratterizzato la nostra scuola pubblica nella sua interezza! Basti ricordare l’articolo 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Mi sembra che la 107 non sia affatto coerente con questo principio.
Intervenire su un’operazione così delicata qual è quella della valutazione non è cosa da amministratori, ma riguarda in primis pedagogisti e docimologi. Con chi si è confrontata la ministra per giungere a questa innovazione? Ma certo! Si sarà chiesta! Basta con la valutazione decimale! Essendo dieci i valori, non esiste un voto intermedio… In effetti, quante discussioni nei consigli di classe di fine anno, quando il presidente dice: “Insomma, professoressa, questo cinque vogliamo portarlo a sei? L’alunno ha otto in tutte le altre materie! E’ opportuno caricarlo di questo debito?”. “Mi dispiace, ma il mio cinque resta tale. Questi sono i voti che l’alunno ha riportato nel secondo quadrimestre: quattro, impreparato, impreparato, sei meno meno, cinque meno! E poi l’ho anche sollecitato ad affrontare un’ultima prova, scritta o orale, per consentirgli di rimediare! Non ne ha voluto sapere!”. “Non ha torto, comunque è solo un cinque a fronte di altri voti molto alti!”. E discussioni a non finire fino a mezzanotte!
Insomma, con le scale valutative pari, trovare la posizione centrale è difficile! Di qui i cinque più, i sei meno meno, i quattro e mezzo, ecc! Anche se la norma è chiara da sempre! I voti a disposizione sono dieci e vanno usati per intero! I genitori non lo sanno, ma potrebbero senz’altro contestare i meno meno, o gli zeri! Una volta presi zero spaccato in un compito di italiano! La disperazione dei miei genitori!!! ! Né l’insegnante né io sapevamo che non è consentito dalla norma. Lo zero non fa parte della scala decimale. Ma gli insegnanti non sono contenti ed usano scale di venti o trenta gradini: quattro meno meno, sei più, sette e mezzo, rarissimamente un nove o un dieci: la scala nella testa e nelle abitudini di tanti insegnanti non è da uno a dieci, ma da tre a otto! Un dieci si dà solo a un Manzoni o a un Einstein! Così mi dicevano i miei insegnanti del tempo antico… un tempo che non riesce mai a diventare moderno! Ne consegue che necessariamente si ricorra ai più e ai meno, che in effetti non sono affatto previsti dalla norma. E sono anche formalmente contestabili.
E adesso giunge l’americanata: cinque livelli, da A a E! Un enorme vantaggio è dato dal fatto che una scala dispari consente di individuare quel valore intermedio che una scala pari non consente: quante discussioni sul cinque che potrebbe/dovrebbe “essere portato a sei”!!!
Cade sulla testa degli insegnanti una innovazione non da poco, ma… perché non si è scelto, invece, di incrementare un discorso serio sulla valutazione? Da sempre insisto sul fatto che la docimologia è una disciplina come le altre, come il latino o la matematica, ma… mentre gli insegnanti di latino e di matematica sanno tutto – o dovrebbero – della loro disciplina, nulla sanno della disciplina docimologia.
E allora i criteri valutativi possono essere dieci o mille, ma occorre operare una scelta condivisa. Se non si interviene con gli insegnanti, e a tappeto, sui problemi che la “disciplina valutazione” comporta, i nostri insegnanti troveranno il modo di utilizzare – come fanno da sempre – i più, i meno, i meno meno e così via!
No! Non si governa così una scuola, soprattutto in materia di valutazione! Personalmente sono o sarei da’accordo con qualsiasi scala di valori, purché ne siano chiariti modalità e fini e, soprattutto, debitamente condivisi.
Per non dire della differenza che corre tra misurazione e valutazione. Un conto è la conta degli errori: altro conto è un giudizio valutativo. Antonio, che “prende sempre otto nei temi di italiano”, nell’ultimo tema, invece, “prende un quattro tondo tondo”. Fiorella, che “prende sempre quattro” nell’ultimo tema, invece, “prende otto”! Qualcosa è successo! Ed è l’analisi di questo qualcosa che comporta l’espressione di un giudizio valutativo circostanziato e articolato. In effetti tra il misurare e il valutare corre una grande differenza! Per non dire poi del certificare, che è tutt’un’altra cosa!
Ma! Cheddiocelamandibuona!!! Chi ci salverà da questi incompetenti governanti? Non è dato saperlo!
Roma 20 settembre 2016 – Evviva la Breccia di Porta Pia!!!
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