Anche in tempo di pandemia va garantito tutto il sostegno necessario

di Simona Lancioni, Superando,  20.1.2021.

Com’è noto, in quest’epoca di di didattica a distanza, agli alunni e alle alunne con disabilità è consentita, dietro richiesta della famiglia, la didattica in presenza. Càpita tuttavia che le ore a distanza o in presenza siano garantite solo per un orario limitato, ossia per un numero inferiore a quelle assegnate nel PEI (Piano Educativo Individualizzato). Ma è un comportamento legittimo? In realtà no, come ha stabilito, ad esempio, un’Ordinanza del Tribunale di Roma, prodotta nella primavera dello scorso anno, una delle prime in materia di inclusione scolastica all’epoca del coronavirus.

Gilda Venezia

Càpita che in quest’epoca di pandemia di Covid-19, nella quale molte scuole hanno introdotto la didattica a distanza, agli alunni e alle alunne con disabilità sia consentita, dietro richiesta della famiglia, la didattica in presenza. Tuttavia càpita anche che le ore a distanza o in presenza siano garantite solo per un orario limitato, ossia per un numero inferiore a quelle assegnate nel PEI (Piano Educativo Individualizzato).
Una segnalazione in tal senso arriva dai genitori di un’alunna frequentante la quinta classe della scuola primaria in Sicilia. All’alunna in questione, avendo i genitori optato per la didattica in presenza, è stato garantito solo un numero molto ridotto di ore di sostegno. Ma si tratta di una disposizione legittima?

In realtà no. Infatti, in relazione a questo aspetto, possiamo contare sulla pronuncia del Tribunale Civile di Roma, che con l’Ordinanza emessa il 9 aprile dello scorso anno, ha dato significative indicazioni su questa materia.
Quell’Ordinanza, in accoglimento del ricorso con richiesta di sospensiva presentato dai genitori di un alunno con disabilità grave, frequentante la prima media, ha decretato l’illegittima assegnazione di un numero di ore di sostegno inferiore al massimo consentito per raggiungere gli obiettivi del PEI. A fronte infatti delle 16 ore settimanali di sostegno garantite dalla scuola grazie alle risorse assegnate dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, i genitori ne avevano richiesto 18, ossia il massimo consentito delle ore per le scuole secondarie.
In particolare, nell’Ordinanza si sottolinea che «l’Istituto Comprensivo […], a seguito dell’emergenza sanitaria in corso, ha organizzato – similmente alla maggior parte degli istituti scolastici italiani – una modalità di “didattica a distanza”, che consente agli alunni di seguire le lezioni e svolgere compiti attraverso una piattaforma on line alla quale accedere da casa. Si tratta di una modalità di fruizione del servizio-scuola che presenta una certa complessità e rispetto alla quale la presenza di un insegnante di sostegno che supporti gli alunni con maggiori difficoltà aiutandoli a seguire quanto accade, se possibile si prospetta ancor più significativa e rilevante per consentire loro accedere nella massima misura possibile all’istruzione cui hanno diritto [grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]».

Nel sostanziare la propria pronuncia, il Tribunale ha fatto riferimento a una giurisprudenza costituzionale consolidata in materia di diritto allo studio degli alunni con disabilità, costituzionalmente garantito, concludendo che «da tale sintetica disamina discende la conclusione che il ricorso cautelare è assistito dal necessario fumus boni iuris [una buona probabilità di sussistenza del diritto invocato, N.d.R.]; inoltre la natura dei diritti in esame, ed il procedere dell’anno scolastico, che presumibilmente proseguirà sino al termine con le attuali modalità, inducono a ritenere integrato anche il requisito dell’urgenza di provvedere».
Gli elementi esposti hanno dunque portato il Tribunale a ordinare all’Amministrazione convenuta di «nominare un insegnante di sostegno in deroga, con rapporto 1/1 e per il massimo delle ore consentite, comunque in modo da coprire l’intero orario della didattica a distanza», e a disporre per la parte soccombente la rifusione delle spese legali.
Pertanto si può concludere che una riduzione delle ore di sostegno sarebbe ammissibile solo nel caso che anche l’orario di didattica a distanza garantito agli altri/e studenti fosse stato ridotto (in tal caso, agli studenti con disabilità andrebbe comunque garantito il numero di ore di didattica – a distanza o in presenza – stabilito per tutti gli altri studenti).

In merito a tale decisione va segnalato quanto dichiarato a suo tempo su queste stesse pagine da Salvatore Nocera, secondo il quale l’Ordinanza in questione, oltre ad essere una delle prime in materia di inclusione scolastica degli alunni con disabilità all’epoca del coronavirus, «ha affermato il principio che anche in periodo di didattica a distanza il docente per il sostegno ed i docenti curricolari debbono continuare a seguire gli alunni con disabilità per tutte le ore di insegnamento previste normalmente».
Nocera riflette anche sul fatto che le disposizioni contenute nell’Ordinanza sono largamente disattese nel complesso delle scuole italiane, ciò che comporta una grave violazione del diritto allo studio degli alunni con disabilità: «Nessuno dei docenti per il sostegno – ha affermato infatti – sta svolgendo tutte le ore assegnate agli alunni con disabilità, seguendo la logica di riduzione e quasi sempre di dimezzamento dell’orario settimanale di insegnamento e talora anche una riduzione superiore; per tacere di quelle scuole che, vuoi per la mancanza di collegamento internet o per l’ignavia di taluni Dirigenti Scolastici e di taluni Collegi dei Docenti o di qualche insegnante curricolare o per il sostegno, non hanno avviato totalmente la didattica a distanza o, laddove l’abbiano avviata, non si sono preoccupati dell’enorme difficoltà e talora dell’impossibilità degli alunni con disabilità intellettive o con disturbi neurosensoriali a seguire le lezioni a distanza per le loro comprovate difficoltà psicologiche ed esistenziali. Forse, se qualcuna delle famiglie coinvolte in tali problematiche facesse ricorso per violazione di legge o per discriminazione contro queste esclusioni dal diritto allo studio, sapremmo cosa poter pretendere dall’Amministrazione Scolastica».

Se questa è la regola, vanno tuttavia segnalate alcune eccezioni: «In alcune scuole – ha sottolineato Nocera – i docenti per il sostegno, nell’ambito delle ore assegnate all’alunno, oltre che svolgere insieme ai docenti curricolari la didattica a distanza, poi effettuano delle videochiamate individuali con l’alunno per meglio chiarire la lezione generale. A tal proposito sembra opportuno ricordare che, essendo obbligatoria l’attività degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione a distanza (Decreto Legge 14/20, articolo 9), sarebbe opportuno che anch’essi, d’intesa con il docente per il sostegno, effettuassero proprie videochiamate agli alunni che seguivano a scuola, per aiutarli, ad esempio, nello svolgimento dei compiti».

L’ultima osservazione di Nocera rileva un “dettaglio” linguistico (non esattamente un “dettaglio”, se consideriamo l’importanza del modo in cui sono nominate le cose), e cioè che « spiace notare come nella motivazione gli alunni vengano definiti “portatori disabili”, formulazione ormai superata definitivamente dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che invece, innovando alla luce dell’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], li chiama ufficialmente “alunni con disabilità”. Ma speriamo che negli atti delle Pubbliche Amministrazioni ormai definitivamente compaia solo l’espressione sancita dalla Convenzione, che è ormai diritto italiano vigente, dopo la ratifica operata dall’Italia con la Legge 18/09 e che è attribuita ormai definitivamente dalla Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale» (Simona Lancioni)

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