Anno lungo o corsi di recupero

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di Carlo Forte,  ItaliaOggi  16.2.2012.

Le due ipotesi in campo per far fronte ai ritardi della Dad.

Gilda Venezia

Rimodulare il calendario scolastico per recuperare i numerosi giorni persi. Lo ha dichiarato il neopresidente del consiglio, Mario Draghi, durante le consultazioni per la costituzione del nuovo governo che si sono tenute il 9 febbraio scorso. Il neo ministro all’istruzione, Patrizio Bianchi, nelle sue prime uscite ha un po’ frenato: «Daremo aiuto a chi ne ha bisogno». La questione è molto delicata, perché investe le competenze delle regioni e deve fare i conti con le disposizioni che regolano il rapporto di lavoro dei docenti. La determinazione del calendario scolastico, peraltro, esula dalle competenze del governo e del parlamento. L’articolo 138, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 112/98, infatti, dispone la delega alle regioni delle funzioni amministrative riguardanti «la determinazione del calendario scolastico». Conseguentemente, i provvedimenti concernenti il differimento del termine finale dell’anno scolastico sono di stretta competenza delle regioni. La decisione finale, dunque, dovrà essere adattata dai governi regionali. E a ciò va aggiunto il fatto che la maggiore onerosità della prestazione dei docenti comporterà, necessariamente, aggravi per l’erario per coprire i costi della retribuzione accessoria.

Caso diverso se si dovessero pianificare dei progetti di recupero per i ragazzi che più hanno sofferto per la Dad, è l’altra ipotesi in campo, o comunque nelle regioni in cui ci sono stati periodi più lunghi di chiusura. Anche in questa ipotesi, ovviamente, oltre a rivedere l’organizzazione scolastica andranno previsti budget regionali aggiuntivi.

Allo stato attuale l’unica norma che può essere applicata per fare fronte a queste necessità è l’articolo 21, comma 6-bis, 6-ter e 6-quater del decreto ristori (decreto-legge 137/2020, convertito con la legge 176/2020). Che però, riguarda solo le istituzioni scolastiche del I ciclo di istruzione. In sede di conversione, infatti, è stato approvato un emendamento, presentato da Bianca Laura Granato, senatrice del M5S, che stanzia 5.532.195 euro per l’anno 2021 proprio per finanziare le attività di recupero (si veda Italia Oggi del 15 novembre scorso, pag. 42). In particolare, il comma 6 bis prevede l’istituzione nello stato di previsione del ministero dell’istruzione di un fondo proprio per il recupero dei gap formativi.

Le risorse, però, sono destinate esclusivamente all’attivazione di attività didattiche extracurricolari in presenza, con riferimento alle istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione. E le attività che saranno autorizzate saranno volte anche a sopperire ad eventuali carenze formative conseguenti allo svolgimento dell’attività didattica in forma integrata ovvero a distanza, per il recupero degli insegnamenti curricolari inclusi nel piano triennale dell’offerta formativa (comma 6-ter). Il dispositivo prevede che i fondi saranno distribuiti alle scuole previa istanza e saranno impiegate per la remunerazione del personale docente, secondo la disciplina contrattuale vigente, a titolo di attività aggiuntive di insegnamento. Le modalità di presentazione delle istanze e i criteri per il riparto delle medesime saranno oggetto di un decreto del ministero dell’istruzione. Resta il fatto, però, che non esiste un’analoga disposizione che riguardi il personale docente delle scuole del II ciclo di istruzione.

Gli oneri relativi a questo settore formativo, dunque, rimangono totalmente scoperti. Quanto alla disciplina di riferimento su cui si fonda il diritto dei docenti di essere retribuiti per i maggiori oneri, essa discende direttamente dall’articolo 36 della Costituzione. L’articolo 36 della Carta prevede, infatti, che la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità della prestazione. L’ordinamento, peraltro, vieta le prestazioni gratuite sanzionando con l’invalidità i contratti che prevedano rinunzie e transazioni. E cioè la rinuncia alla retribuzione da parte del lavoratore oppure l’accettazione di un compenso inferiore a quello previsto dalla legge o dal contratto di comparto (si veda l’articolo 2013 del codice civile).

Trattandosi di ore aggiuntive di insegnamento, ad ogni ora di insegnamento prestata oltre la data già fissata quale termine finale dell’anno scolastico, si applicherebbe la tariffa di 35 euro lorde, così come previsto dalla tabella 5 del contratto del 2007, ancora applicabile per effetto del rinvio operato dall’articolo1, comma 10, del contratto del 2018.

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