I 55mila nuovi docenti degli organici funzionali in ruolo nel 2016
ROMA
Un anno di transizione fra la vecchia e la nuova «Buona scuola» di Matteo Renzi. A quindici giorni dal suono della prima campanella (ma in alcune regioni, come il Molise, si partirà già il 9 settembre), gli istituti del Paese si preparano a riaprire, cambiati solo a metà dalla riforma approvata in estate dal Parlamento. Le novità più significative (poteri dei dirigenti, valutazione, finanziamenti alle scuole) scatteranno dal 2016, nei prossimi mesi dovranno essere gettate le basi per attuarli. Ma soprattutto il ministero ha potuto effettuare entro il mese di settembre soltanto la prima tranche delle 100mila assunzioni promesse.
ASSUNZIONI IN DUE TEMPI
Uno dei cardini della riforma era il piano straordinario di assunzioni, con la creazione dei cosiddetti «organici funzionali» che avrebbero dovuto portare nelle scuole più personale, ampliare l’offerta formativa, eliminare (o quantomeno ridurre) le supplenze. In realtà, a oggi è stata attuata soltanto la prima fase (quella per coprire i 47mila posti vacanti e disponibili). Le immissioni in ruolo già fatte sono circa 29mila, altre 10mila se ne aggiungeranno nei prossimi giorni con l’assegnazione residuale della fase B. Per i 55mila posti di potenziamento, invece, bisognerà aspettare il mese di novembre, quando alcuni docenti potrebbero già aver accettato un incarico di supplenza. In molti casi, dunque, le nomine saranno solo giuridiche e diventeranno effettive a partire dal 2016. Un po’ come tutta la riforma.
Per questo la vita degli istituti e di chi li manda avanti non è stata stravolta. «Di fatto non è cambiato molto», spiega Clara Rech, dirigente del liceo classico Visconti di Roma. «Stiamo svolgendo gli stessi passi organizzativi che facevamo un anno fa di questi tempi: verifiche di recupero, primi scrutini, nomine dei supplenti». Le sfide più importanti verranno a breve, però: «Entro il 31 ottobre dobbiamo elaborare il Pof, il nuovo piano triennale da consegnare al ministero per l’indirizzo che vogliamo dare in futuro alla nostra scuola». Da questo documento dipenderà anche lo svolgimento dell’ultima fase delle assunzioni, quella straordinaria per cui a viale Trastevere sono arrivate circa 71mila richieste. E che prevede il temuto meccanismo di mobilità che agita i sonni dei docenti.
I TRASFERIMENTI NELLE ALTRE REGIONI
La gran parte della disponibilità di cattedre è nelle regioni settentrionali, la maggioranza dei precari viene dal Sud o dalle isole: tanti docenti (quelli più indietro in graduatoria, o che hanno espresso preferenza per province troppo affollate) rischiano di vedersi catapultati a centinaia di chilometri da casa. È il caso di Francesca Deplano, che insegna inglese alle elementari a Cagliari. «La stabilizzazione doveva essere il coronamento di un sogno, e invece si sta trasformando in un incubo», racconta. «Inizierò l’anno con un contratto di supplenza, anche se saprò già che nel 2016 avrò il ruolo in un’altra città, lontano dalla mia vita. La mia etica professionale mi spingerà a fare il meglio per i miei alunni, ma non sarà facile lavorare in una simile condizione».
INCERTEZZA E NOVITA’
Tra docenti già virtualmente trasferiti e altri in arrivo a treno in corsa (anche le graduatorie d’istituto per le supplenze saranno pronte solo il 20 ottobre), il nuovo anno scolastico rischia di essere caratterizzato soprattutto da un clima di incertezza, per una riforma che porterà comunque tante novità nella scuola italiana.
«Qualcosa si sta muovendo, a partire dalle assunzioni. E questo è comunque un fatto positivo», è il giudizio della preside Rech. «L’importante è che il ministero ci accompagni nel cambiamento, dandoci gli strumenti giusti per affrontarlo». Discorso valido, ad esempio, per l’alternanza scuola/lavoro, altro punto forte della riforma. «Mi sembra un’innovazione giusta. Ma si parte già quest’anno e ancora non ci è stato detto nulla di preciso: attendiamo le liste delle agenzie e delle aziende con cui attivare gli stage dei ragazzi».
STUDENTI E GENITORI ALLA PROVA DELLA RIFORMA
Dall’altra parte, infatti, ci sono loro. Gli studenti, che hanno protestato molto contro il ddl e ora aspettano di vederne gli effetti sulla vita quotidiana. E i genitori, preoccupati per i loro figli e caricati di maggiori responsabilità con la rappresentanza all’interno dei nuovi comitati di valutazione. «Finalmente la famiglia entra nella scuola a pieno titolo, ma anche noi dovremo essere attenti a formare i nostri membri», spiega Fabrizio Azzollini, presidente dell’Age (Associazione Italiana Genitori). Giorgia Pellegrino fra due settimane inizierà l’ultimo anno al liceo classico Gioberti di Torino: «Anche noi siamo curiosi di capire cosa succederà. Non tanto per la didattica, ma per il modo in cui si vivrà a scuola. Speriamo che la valutazione dei docenti e il potere dei presidi non peggiori il clima che si respira in classe ogni giorno. Che poi è quello che ti forma veramente nei cinque anni, più dei programmi e delle lezioni». «Io – conclude -, a giugno avrò la maturità. Di questa “Buona scuola” vedrò solo l’inizio, non so se ritenermi fortunata oppure no».