di Mario Maviglia, La vita scolastica, 19.2.2018
– I dati pubblicati consentono di farsi un’idea di come i docenti
hanno effettivamente speso i soldi del “bonus”. E di cosa potrebbe cambiare.
– Sono stati resi noti i dati relativi all’a.s. 2016-17 riguardanti le forme di utilizzo dei 500 euro a disposizione dei docenti. Ricordiamo che tale novità è stata introdotta dalla Legge 107/2015 , comma 121, che prevede che “Al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. La Carta, dell’importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile.”
Hardware, software e non solo
I dati pubblicati consentono di farsi un’idea di come i docenti hanno effettivamente speso i previsti € 500 annui e quali voci di spesa sono state maggiormente privilegiate. Va detto innanzi tutto che quasi 9 docenti su 10 si sono registrati nella prevista piattaforma ministeriale ed hanno effettuato acquisti con l’apposita Carta del Docente. Ci riferiamo ai docenti di ruolo, così come previsto dalla legge. Il 77,4% dei fondi a disposizione è stato utilizzato per l’acquisito di hardware e software; a seguire, con il 14,93% dell’importo totale, troviamo l’acquisto di libri e testi, anche in formato digitale; i corsi di formazione e aggiornamento hanno impegnato il 6,6% della somma totale; e infine solo l’1,5% dei fondi disponibili è stato utilizzato per l’acquisto di biglietti per spettacoli teatrali, cinematografici, musei, mostre ed eventi culturali.
Fin qui i meri dati, ma quali considerazioni si possono fare al riguardo?
Va detto innanzi tutto che non sorprende il fatto che più dei ¾ della somma a disposizione sia stata utilizzata per l’acquisto di hardware e software, ormai entrati a pieno titolo tra gli “attrezzi del mestiere” dei docenti e non forniti dalla scuola (salvo rare eccezioni). Qualche sigla sindacale ha lamentato che impegnare così i fondi non vuol dire necessariamente incrementare le competenze professionali dei docenti, anche perché nessuno può effettivamente verificare che questi ausili tecnologici vengono impiegati nello svolgimento della professione, però è facile controbattere che oggi è difficile immaginare un professionista come il docente escluso dall’utilizzo di tale strumentazione. Che poi all’interno di queste spese siano stati fatti rientrare anche articoli non proprio correlati alla professione docente (lavatrici ed elettrodomestici vari), come è stato messo in luce dalla rete web e dalla trasmissione “Striscia la notizia”, è plausibile, anche se il fenomeno appare di difficile quantificazione; ma evidentemente anche tra i docenti ci sono i cosiddetti furbetti del quartierino.
Poco significative appaiono invece le spese per la frequenza di corsi di formazione e aggiornamento (6,6% del totale dei fondi), giustificata dal Miur con il fatto che i docenti devono già frequentare i corsi obbligatori previsti dal Piano nazionale ed organizzati dalle reti di scuole o dalle singole scuole e per le quali il Ministero stanzia appositi fondi.
L’importanza della preparazione culturale
Crediamo che un bilancio più avveduto dell’utilità di questa innovazione e dei risultati raggiunti sul piano della formazione complessiva dei docenti possa essere fatto solo a conclusione di questi primi anni di avvio, che rivestono un carattere quasi pionieristico. Dal nostro punto di vista è molto importante che i docenti possano curare la propria preparazione non solo strettamente professionale ma anche quella più latamente culturale con strumenti ad hoc, come appunto la Carta del Docente. Infatti, dare la possibilità ai docenti di fruire di eventi culturali o di assistere a spettacoli dal vivo rappresenta un segnale di attenzione verso una professione che nel tempo ha perso molto prestigio e ha visto fortemente compromesso il proprio potere d’acquisto (come del resto tutto il comparto del pubblico impiego). D’altro canto, non è possibile interpretare al meglio la propria funzione educativa se non si è in costante contatto con la cultura del proprio tempo. I 500 euro annui non soddisfano in toto questa esigenza, ma almeno vanno in questa direzione.
Riguardo invece l’aggiornamento e la formazione in servizio temiamo che la Carta del Docente da sola non può bastare a far nascere una domanda più estesa in questo campo, anche per le ragioni addotte dal Miur in merito alla frequenza a corsi di formazione deliberati dalle singole scuole o dalle reti di scuole. Altri sistemi scolastici fanno leva a questo proposito su altre forme di incentivi, come ad esempio avanzamenti di carriera o miglioramenti retributivi per quei docenti che curano con particolare attenzione la loro formazione professionale attraverso la frequenza di master o corsi universitari. La Carta del Docente, sotto questo profilo, non può svolgere questo compito per limiti normativi e quindi non esercita potere così attrattivo al riguardo.
Appare invece necessario, questo sì, stabilire criteri più stringenti sull’utilizzo della somma a disposizione ed effettuare controlli più mirati per evitare che la somma a disposizione venga distratta per acquisti non coerenti con il profilo docente.
.
.
.